Archive for November, 2009

Auroralia

Monday, November 30th, 2009

tratto da www.uelsmann.net
 
50 racconti x 1 fotografia = Auroralia.

Da una fotografia di Jerry Uelsmann, a cura di Gaja Cenciarelli, Zona editore.

Un libro concepito in rete che sta per essere partorito in libreria. Poi non dite che non vi avevo avvisati.

Realizzare

Friday, November 27th, 2009

Vorrei pregare gli scriventi italiani — blogger, giornalisti, scrittori, insegnanti e scolari, appuntati e altro personale verbalizzante, notai, addetti agli uffici stampa e tutti coloro che consegnano ai posteri parole scritte, per professione o per diletto, su carta o in rete — di fare un gesto semplice ma molto importante per la salvaguardia della nostra bella lingua (e dei miei nervi): rinunciare al verbo realizzare. Non è un gran bel verbo in generale, ma diventa insopportabile quando è usato a imitazione dell’inglese to realize, cioè come sinonimo di capire, rendersi conto. E se la mia preghiera non bastasse, ci aggiungo alcune considerazioni di Aldo Gabrielli.

Vedendo avanzare il plotone di esecuzione, Carletto realizzò capì che le cose si mettevano male.

Capire, rendersi conto, intuire, comprendere, immaginare, sentire, intendere, percepire, avvertire. Realizzare no, per favore.

Gli americani, quando parlano di affari (Believe in what you sell)

Wednesday, November 25th, 2009

L’altro giorno, assieme a un mio socio, ero al telefono con Jack, un americano che adesso abita in Australia, che ci aveva chiamato per raccontarci quanto gli sarebbe piaciuto che la nostra azienda distribuisse in Italia certi prodotti americani che la sua azienda già distribuisce in Australia, Gran Bretagna e Olanda.

Jack era seriamente intenzionato a presentare bene la mercanzia e rendere allettante l’offerta, e lo faceva con uno stile molto americano, dichiarandosi interessato, anzi, excited all’idea di unire le nostre forze per conquistare il mercato italiano. Chissà perché gli americani si eccitano a parlare di affari. Questa sfumatura erotica che danno al business mi ha sempre incuriosito.

Parla che ti parla (tanto la telefonata dall’Australia la pagava lui), dopo che Jack ci ha spiegato per bene le meraviglie dei suoi prodotti, cominciamo a fare noi qualche domanda di altissimo profilo, tipo quanto costa this stuff, quanto mercato ha, quale sarebbe la nostra percentuale, perché noi italiani, quando parliamo di affari, siamo molto meno erotici e più prosaici degli americani.

A sentirci così poco eccitati e così tanto interessati a vili dettagli pecuniari, Jack deve aver percepito da parte nostra un atteggiamento non dico ostile, perché il tono della conversazione è rimasto sempre amichevole e rilassato, ma di sicuro molto più prudente e pratico di quello che lui si aspettava (gli americani, quando parlano di affari, sembra sempre che ti stiano invitando in vacanza a spese loro, e si sorprendono tantissimo, quasi si offendono se tu non accetti subito le loro proposte con abbondanti wow! e cool!).

Allora, forse per riaccendere l’entusiasmo e strapparci qualche wow!, Jack ha calato l’asso, la frase che secondo lui doveva riassumere tutta la forza della proposta e contenere tutte le buone ragioni per accettarla senz’altro: I believe in what we sell, credo in quel che vendiamo. E meno male che non eravamo in videoconferenza, perché a vederci piegati in due dal ridere non credo che l’avrebbe presa molto bene e tutto sommato mi sarebbe dispiaciuto, perché Jack è un tipo simpatico, forse non esattamente cool, ma simpatico sì.

Quella frase non mi usciva più dalla testa. I believe in what we sell. L’ho cercata in google e ho scoperto che believe in what you sell è uno slogan usato da qualche guru della motivazione personale, naturalmente americano, quindi ho pensato che potrebbe essere in corso uno spostamento epocale dell’approccio americano agli affari, dal piano erotico a quello religioso. Sta’ a vedere che questi da excited mi diventano faithful o believer, quando parlano di affari.

Poi ho provato a immaginare cosa potrebbe succedere se questa deriva religiosa del commercio si diffondesse a livello planetario: salumieri devoti agli insaccati; ortolani che accendono ceri a un dio lattuga; processioni di sarti che intonano inni sacri al doppio petto; assicuratori che edificano cosmogonie in forma di polizza. Ci sono delle volte che anche a lavorare uno si diverte.

L’immigrazione è un’opportunità

Monday, November 23rd, 2009

tratto da http://www.tim.it
 
Alla faccia degli stronzi che la considerano una minaccia.

Due pensieri

Saturday, November 21st, 2009

tratto da http://en.wikipedia.org/wiki/File:Klee,_Angelus_novus.gifUno

C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta. [W.Benjamin, Tesi di filosofia della storia (1940), in Angelus Novus, Einaudi 1962, trad. Renato Solmi, pag. 80]

***

Due

Poi finalmente ho messo le mani su I detective selvaggi e leggendo dei poeti realvisceralisti (chiedetemi se amo Bolaño)

[…] Secondo lui, gli attuali realvisceralisti camminavano all’indietro. Come all’indietro? domandai.
— Di spalle, guardando un punto ma allontanandosene, in linea retta verso l’ignoto.

mi sono detta che evidentemente faccio parte della cricca. Con l’unica differenza che a me da ormai troppo tempo sembra di avere una pistola puntata contro. Forse di quando in quando alzo anche le mani. [Fragments of wishdom, 9 novembre 2009]

***

L’accostamento di questi due pensieri restituisce un’immagine piuttosto precisa dell’andamento declinante della nostra beneamata civiltà. Già il punto di vista di Benjamin non era propriamente ottimista: scaraventati verso un futuro incerto senza riuscire a distogliere lo sguardo dalle macerie del passato. Ma almeno il movimento era in avanti, e poi gli angeli volano e sono immortali.

Oggi, con i piedi ben piantati a terra e lo sguardo rivolto a un futuro parimente incerto, retrocediamo verso un passato che non conosciamo con precisione, ma di cui conserviamo vaghi ricordi inquietanti, ricordi di catastrofi e cumuli di macerie. E non siamo angeli, non siamo immortali, sappiamo che quella pistola puntata contro di noi può farci molto male. Alziamo le mani e teniamo aperte quelle, in mancanza di ali.

(disclaimer: questo non è un post triste)

Amleto

Thursday, November 19th, 2009

Callisto: Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quan
Mario: Mario. Mi chiamo Mario.

C. E che c’entra, scusa?
M. C’entra che se tu vuoi parlare con uno che si chiama Mario chiamandolo Orazio, c’è anche caso che Mario non ti ascolti, Callisto.

C. Va bene, riformulo. Ci sono più cose in cielo e in terra, Mario, di quante ne sogni la tua filosofia.
M. Non sono un filosofo, sono un idraulico.
C. Ah be’, ma allora dillo che non ti va mai bene niente. Quanto sei indisponente!
M. No, sono solo preciso. Se ritieni eccessiva questa mia cura dei dettagli, l’aggettivo corretto è pedante, non indisponente.

C. Prendo atto della correzione, Mario. Possiamo andare avanti?
M. Sì. Stavi dicendo, Callisto?
C. Dicevo che in cielo e in terra ci sono più cose di quante tu ne possa immaginare. Sei d’accordo?
M. Mica tanto. Fammi un esempio.
C. Ma insomma, di che esempi avrai mai bisogno? Guardati un po’ attorno no? Non vedi anche tu che

M. Alt!
C. Cosa c’è che non va adesso?

M. C’è che prima mi dici che in cielo e in terra ci sono più cose di quante io ne immagini, poi mi inviti a verificare questa tua affermazione guardando e vedendo, usando cioè il senso della vista, che è cosa affatto diversa dall’immaginazione. Semmai avresti dovuto chiedermi di immaginare cose, per poi verificare (spetta a te, infatti, l’onere della prova) se la capienza della mia immaginazione sia inferiore a quella del cielo e della terra, come tu sostieni.

C. Mario.
M. Sì?
C. Immagina cose, per favore.

M. In questo momento sto immaginando un pastore maremmano in sella a una bicicletta con le ruote quadrate. Entra in pista, parte velocissimo, cicca la biglia di Gimondi e quella di Girardengo e si ferma a meno di un palmo da entrambe. Il pastore maremmano scende dalla bici, mette in tasca le biglie conquistate e si avvia tutto contento a prendere la metropolitana.
C. Ah ah ah! Tutto qui? Per batterti mi basta citare le foglie di quella siepe d’alloro: riesci a contarle? Sono centinaia, molto più numerose delle cose che hai immaginato.

M. Sì, ma tu hai mai preso la biglia di Gimondi e quella di Girardengo in un colpo solo a ciccopalmo?
C. No.
M. Allora ho vinto io, perché ho immaginato una cosa che per tua stessa ammissione non sta né in cielo né in terra, mentre io posso immaginare le foglie di quella siepe una a una, e persino immaginarne altre che nella siepe non ci sono.

C. Sei diabolico, Mario.
M. No, sono solo preciso.

M. Callisto, quella frase di prima, quella che ci sono più cose eccetera, non la dice Amleto nell’Amleto di Shakespeare?
C. Certo, Mario.

M. E allora, se la dice Amleto, perché tu ti chiami Callisto?

Riflessione per sottrazione

Wednesday, November 18th, 2009

La riflessione per sottrazione parte da un luogo comune pronunciato da Un Tizio Qualunque (UTQ) e procede per passi, con UTQ che a ogni giro toglie alla frase una o più parole. Man mano che la frase muta, l’Aspirante Riflettore Sottrattivo (ARS) esprimerà considerazioni proprie sulla parte restante. Al termine dell’esercizio l’ARS avrà compreso che i luoghi comuni sono involucri di innocua apparenza usati dagli esseri umani per celare ordigni letali. Segue un esercizio svolto.

***

UTQ: La vita è una cosa meravigliosa
ARS: Oh, che bello! Grazie per avermelo detto! Ero giusto qui che cercavo di capire perché ogni giorno che passa l’unica cosa che aumenta è la mia età, mentre diminuiscono senza che io possa farci niente altre cose a cui pure terrei, come la probabilità di arrivare vivo alla pensione, la speranza di lasciare ai posteri un mondo più accogliente e — non ultimo — diminuisce il tempo che mi separa dalla morte. Mi chiedevo appunto che senso ha la vita, se non quello di una corsa dissennata verso l’avello, ma tu ora mi dici — caro! — che la vita è una cosa meravigliosa! Proprio le parole di cui avevo bisogno per smettere di pensare! Grazie, grazie, grazie.

UTQ: La vita è una cosa
ARS: Una cosa, un oggetto come un altro. Ogni cosa ha un valore d’uso e uno di scambio. Uno dei trucchi per accumulare ricchezza è quello di alzare surrettiziamente il valore di scambio delle cose meno utili, e il trucco per aumentare il valore di scambio in carenza di utilità è limitare l’accesso a quelle cose per renderle desiderabili: più è difficile procurarsele, più assomigliano a un privilegio, più valgono. La vita è troppo utile e troppo accessibile per valere qualcosa.

UTQ: La vita è una
ARS: E chi ti dice questo solitamente assume un’espressione grave e cogitabonda, e aggiunge: “quindi vedi di non sprecarla”. E se fossero molte, le vite? Se il segreto stesse proprio nel viverne quante più possibile, avendo cura di dissiparle tutte con intelligenza per il bene proprio e altrui?

UTQ: La vita è
ARS: L’inganno dell’eterno presente, l’illusione che vivere significhi esserci adesso. Sto dimenticando a poco a poco che la vita fu e che sarà, sto rinunciando al dovere e al piacere di fare memoria e a quello di passare le consegne. Presto sarò pronto per l’imbalsamatore.

UTQ: La vita
ARS: Eh, la vita, la vita…

UTQ: La
ARS: Articolo terminativo.

UTQ: (…)
ARS: .

Del bue

Monday, November 16th, 2009

Questo articolo di Repubblica parla di conti bancari berlusconiani nella filiale milanese di una banca svizzera. Quello riportato in figura è l’elenco degli articoli correlati, che immagino sia creato automaticamente in base alla ricorrenza nei diversi testi di parole simili.

Il primo della lista — quindi, suppongo, quello più attinente alle vicende bancarie berlusconiane secondo l’algoritmo utilizzato — è questo, cioè un pezzo dedicato alla lenta ma inesorabile scomparsa del bue dal paesaggio campestre della provincia di Cuneo.

Orpo, dirà l’acuto lettore, ma che c’entra il bue delle Langhe con le banche svizzere e con la famiglia Berlusconi? Forse gli allevatori di Carrù versavano i guadagni della stalla in conti elvetici? Forse la banca in questione riciclava i proventi di sordidi abigeati? I Berlusconi sono appassionati di bollito piemontese?

Macché, niente di tutto questo. Il nesso insospettabile per le semplici menti umane, ma che non sfugge alla sofisticata abilità semantica degli algoritmi, è un altro: uno dei personaggi citati più volte nell’articolo bancario è un tal Del Bue

Toccherà fare ripetizioni di latino

Sunday, November 15th, 2009

Apprendo da Anelli di fumo, che lo apprende da D-Avanti, che una professoressa di latino di Trani ha dato ai suoi studenti il compito di tradurre questo brano:

Tribunal Italicus, cuius munus est de legum communium congruentia cum lege suprema iudicare, sollemniter constituit legem nomine ministri Alfano appellatam, qua quattuor summi magistratus ante iudices per totum mandatum deferri non possint, legi supremae incongruam esse. Quare Silvius Berlusconi, minister primarius Italorum, in ius vocabitur corruptelae, fraudis et adulterationis accusatus: qui se dixit minime magistratu se abdicaturum esse et iudices et rei publicae praesidentem accusavit, quod sinistrae parti faveant.

Il mio latino è molto arrugginito, ma a occhio e croce mi sembra un brano giornalistico che si limita a riportare una notizia senza esprimere giudizi politici sui fatti e sui protagonisti. Potrebbe essere benissimo la traduzione di un lancio di agenzia. Il testo è tratto da una rivista in rete chiamata Ephemeris, che nell’apposita sezione qui simus, non sembra davvero rivendicare scopi politici o antiberlusconiani.

Il latino dell’onorevole Gabriella Carlucci dev’essere ancora più arrugginito del mio, visto che pare abbia intenzione di chiedere “l’apertura di un’inchiesta sull’accaduto per verificare se vi siano gli estremi per richiami ufficiali e sanzioni disciplinari”. Carlucci è convinta che il fatto configuri un uso delle cattedre scolastiche “per fare propaganda politica e per dileggiare ed offendere il Presidente del Consiglio”.

Mah. Sta a vedere che, dopo il test anti-droga, ai parlamentari toccherà fare ripetizioni di latino.

L’eterno fascino della diatriba

Saturday, November 14th, 2009

La diatriba è l’anima della cultura. Platonici vs. Aristotelici, Nutella vs. CiaoCrem, Tolstoj vs. Dostoevskij, Coca vs. Pepsi, Antichi vs. Moderni, Indiani vs. Cowboy, e via così. Date in pasto all’umanità una materia opinabile, e subito sorgeranno due eserciti contrapposti e armati fino ai denti.

Questa natura essenzialmente bellica della comunicazione culturale pone qualche problema organizzativo, perché discutere una questione a randellate tende a por fine al dibattito per mancanza di contendenti prima che si trovi una soluzione, e questo non è bello a vedersi, né vantaggioso per il progresso della conoscenza.

Se ne rese conto per primo un intellettuale vissuto circa settantamila anni fa, di cui purtroppo non resta che il cranio conservato in un museo paleontologico kenyota. Un giorno costui raccolse una noce di cocco e si accingeva a spaccarla con l’ascia, quand’ebbe l’idea di chiedere ad alta voce: «secondo voi si spacca prima se l’appoggio per terra o se l’appoggio su questa bella pietra piatta?». Non l’avesse mai fatto. Fra i raccoglitori della sua squadra si formarono seduta stante due partiti, i terristi e i pietristi, che iniziarono a discutere animatamente, non senza pesanti scambi di motti salaci e reciproci sberleffi.

Quando i raccoglitori rientrarono al villaggio, la discussione si allargò a tutti gli abitanti e non ci volle molto per arrivare ai calci e ai ceffoni. L’intellettuale allora emise un grido ferocissimo che come per incanto immobilizzò i contendenti, taluni con le mani attorno al collo del vicino, altri col ginocchio a pochi centimetri dagli altrui genitali, altri ancora piegati in due per il colpo appena ricevuto. Quando fu sicuro di aver guadagnato l’universale attenzione, l’intellettuale disse: «facciamo così: cinque terristi di qua, cinque pietristi di là, ognuno con la sua bella noce da spaccare. Vince la squadra che finisce prima». Così fecero, e i pietristi conclusero la prova con ampio vantaggio sugli avversari.

Quella sera stessa tutti si sedettero in cerchio attorno a un grande fuoco al centro del villaggio, sbranando montagne di carne arrostita e tracannando latte di cocco fermentato. La discussione proseguì su tutt’altri toni: «se funziona con le noci di cocco» disse un raccoglitore «potrebbe andar bene anche con le selci, no?» e un arrotaselci rispose: «ottima idea. Domattina proverò ad affilarle sopra una pietra, anziché per terra, poi vi faccio sapere come è andata». E quello fu il primo circolo ermeneutico di cui si conservi il ricordo.

(tutto questo per dire che va bene provocare, va bene discutere, va bene lamentare le infime sorti e regressive dell’industria culturale, ma poi, a un certo punto, bisognerebbe cominciare a fare proposte in positivo. Per esempio, la butto lì, pubblicare in rete le opere di “valore non discutibile” (Cortellessa) e spiegare, sempre in rete, il perché e il percome il loro valore non sia discutibile (e mettere nel conto le eventuali legittime pernacchie)).

Flotte

Friday, November 13th, 2009

La compagnia aerea inglese British Airways e la spagnola Iberia uniscono le flotte.

Ma tu pensa. Sembra ieri, poco più di quattrocento anni fa, quando l’Invincibile Armata spagnola veniva pazientemente sbaragliata dalla flotta inglese (e da qualche tempesta). Filippo secondo, Elisabetta prima: il risultato era già scritto nei nomi.

Il nome

Wednesday, November 11th, 2009

Rutelli fonda un nuovo partito (proprio una cosa di cui si sentiva la mancanza) e lo chiama Alleanza per l’Italia.

Il nome sembra una fusione di Alleanza Nazionale e Forza Italia. Che sia un modo diabolicamente astuto per suggerire la rotta e l’approdo del nuovo soggetto politico?

(Aggiornamento. Astutissimo davvero, il francescone. Apprendo, via Pensieri spettinati che lo apprende da Ideas Repository, che a quel nome qualcuno ci aveva già pensato: Gianfranco Fini).

Invettiva contro un improvvido laudator di giorni

Wednesday, November 11th, 2009

tratto da: http://www.waco-texas.com/city_depts/fire/images/tornado.JPGImprovvido laudator di giorni: «Oh, che bella giornata!»

Inveito interlocutore: «Innanzitutto, mio giocondo inavvertito esclamatore, considera che sono le sette di mattina, un po’ presto per esprimere un giudizio estetico su un’entità — la giornata, appunto — che ha ancora davanti a sé la maggior parte della sua esistenza, e dunque tempo sufficiente per mutar registro e prendere direzioni inopinate fino a guastarsi in via definitiva. Non che io speri che la tua mente infiacchita sia in grado di reggere il peso di un paragone, ma che diresti se di fronte a un neonato qualcuno esclamasse “oh, che bell’uomo! che bel carattere! quanta rettitudine nei suoi atti e quanta grazia nei suoi ragionamenti!”?: non ti sembrerebbero prematuri codesti giudizi, e prossimo alla demenza colui che li esprime? Ma ammettiamo pure, per amor di discussione, che quel tuo fiato esclamativo rappresentasse ellitticamente non un giudizio su un fatto compiuto, bensì un auspicio sul suo divenire, e che presa nella sua interezza la frase suonasse piuttosto “oh, come si preannunzia bella questa giornata!”, ebbene, non avresti ancora detto alcunché di sensato, perché marcato come sei da una superficialità degna di un canotto, ti sei accontentato di un raggio di sole che rischiara l’oriente per abbandonarti all’ottimismo, mentre basterebbe anche solo un’occhiata distratta laggiù, a ovest, per capire che quella striscia nera in avvicinamento promette pioggia a martello.

Ma una giornata, mi dirai tentando di cambiare discorso, può essere bella sotto altri aspetti, anche se grigia e piovosa sul piano meteorologico. Ma bene… ma bravo… ma che innata simpatia… Maramaldo! Possibile che il mondo, la realtà, le cose, le materialissime, durissime, taglienti cose, al tuo cospetto si trasformino in uno svolazzo di farfalle che a mala pena ti sfiora? Possibile che niente, e dico niente di quel che succede qui, ora, a un palmo da te, abbia la capacità di attirare la tua attenzione, di accendere in te la luce del pensiero — e ci si accontenterebbe di un lumino votivo, neh, mica si pretende un faro — e di farti pronunciare parole che lascino intuire anche solo vagamente di essere il frutto di un ragionamento, dell’elaborazione mentale di dati di realtà, di una riflessione magari non profondissima e originale, ma sufficiente a presupporre un encefalogramma non piatto?

Allora è bene che tu sappia che oggi scade la bolletta della luce, che il conto è in rosso da una settimana, che il mio stipendio, se arriva, arriva fra quindici giorni, che c’è lo sciopero degli autobus e arriverò tardi in ufficio e che — unica notizia positiva — la lampadina del tinello è ancora fulminata, così almeno risparmiamo corrente, ma soprattutto è bene che tu sappia, o inutile scarto del creato, che, da qualunque lato la si guardi, questa ha tutte le carte in regola per diventare una vera, inappellabile e paradigmatica giornata di merda».

Sia lode a Mara Carfagna

Tuesday, November 10th, 2009

Quando ci vuole ci vuole.

Mara Carfagna, ministro per le pari opportunità, ha lanciato la campagna istituzionale contro l’omofobia, iniziativa da lodare senza se e senza ma. Per chi come me vota a sinistra da oltre un quarto di secolo è un po’ triste vedere a destra tanto coraggio e determinazione nel perseguire un obbiettivo che dovrebbe essere un cavallo di battaglia della sinistra, una sinistra che non ha avuto la forza di liberarsi una volta per tutte della Binetti quando ha votato contro la proposta di legge Concia. Una sinistra che di fronte a temi vaticanamente sensibili preferisce invocare la libertà di coscienza, anziché difendere a spada tratta i princìpi di laicità e di civiltà che dovrebbero costituire l’asse portante della sua politica.

Ho avuto il piacere di ascoltare in radio la conferenza stampa che ha accompagnato l’iniziativa. Mara Carfagna non si è limitata a sostenerla genericamente, né ha tentato di nascondersi dietro a un dito quando le è stato fatto notare che una campagna di opinione non può essere un succedaneo della legislazione. Ha riconosciuto che questo è solo un primo passo, che c’è ancora molto da fare per sradicare i pregiudizi omofobici e transfobici, e si è impegnata a riportare la questione in Parlamento. Spero sinceramente che quando questo accadrà, il PD abbia il coraggio di schierarsi senza timore dalla parte dello stato di diritto, senza tentare ridicoli compromessi con le sue ali clericaleggianti.

Avercene di Carfagna, nel PD.

Mara Carfagna ha il coraggio di andare contro una mentalità diffusa nella sua stessa parte politica dove, va ricordato, militano personaggini come Renato Farina — quello che si chiedeva se sia più grave uccidere un omosessuale o un padre di famiglia — e Carlo Giovanardi — l’ominicchio secondo cui Stefano Cucchi è morto perché è un drogato.

Mara Carfagna ce l’ha questo coraggio e lo dimostra sul campo. Spero sinceramente che il placido Bersani la prenda come modello.

Anima russa

Thursday, November 5th, 2009

Il rituale ortodosso con la solennità dei suoi gesti, con il calore dei suoi canti, con l’intensa calma passione delle sue icone, è frutto dell’anima russa, di nient’altro che del popolo russo. [Ida Magli]

Questa affermazione di Ida Magli ha la stessa validità storica e lo stesso contenuto di conoscenza di quest’altra:

L’arte di friggere le patate è frutto dell’anima dei fratelli McDonald. [Io]

Con l’unica non trascurabile differenza che mentre io sparo minchiate nel mio privatissimo blog, Ida Magli le spara su un quotidiano a diffusione nazionale.