Archive for November, 2005

Underworld

Wednesday, November 30th, 2005

Immagine tratta da http://perival.com/delillo/Ultimamente qui si parla di legami, connessioni, trame sotterranee e caso vuole (ma sarà davvero un caso?) che siano gli stessi argomenti di Underworld, il capolavoro di Don DeLillo; e caso vuole che in questi giorni io stia leggendo altri libri di DeLillo; e caso vuole che stasera, stanotte, io caschi dal sonno – cosa, questa, che imporrebbe una digressione su Chiamalo sonno di Henry Roth, ma pazienza. Underworld è uno di quei dieci o dodici libri che ho letto, come dicevo un post addietro, e sotto riporto le mie note di lettura di circa un anno fa. Qui a destra invece, nella categoria Luoghi, c’è un link al più grande lettore di DeLillo di tutti i tempi, che merita una visita lunga, accurata e opportunamente lenta.

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Un discorso che ti riguarda, lettore

Tuesday, November 29th, 2005

Immagine tratta da www.people.virginia.eduSì, certo, il lettore è bistrattato, umiliato, considerato carne da cannone, ma fra le migliaia e migliaia di pagine a cui dedica il suo tempo può capitargli di trovare qualche parola di conforto. Allora sorride, il lettore, e si rasserena un poco. L’incomprensione del mondo si fa meno oppressiva e il lettore scorge un barlume di senso nella sua dedizione spirituale e corporale ai libri, alle pagine, alle frasi, alle parole, ai segni di interpunzione e soprattutto ai margini e agli spazi bianchi.

Talvolta infatti, mentre riordina mentalmente le anonime sequenze di grafismi stampate sulla pagina, gli si presenta un pensiero, un’idea, un discorso che lo riguarda. Allora sa che quei segni neri che spezzano il bianco della pagina sono stati scritti per lui. Non per un generico lettore, sia chiaro, ma proprio per lui. Sono parole d’affetto, di solidarietà, di pietas, che egli accoglie con gratitudine come se fossero una dedica. A volte, poi, sono davvero una dedica:

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Pagare per esistere

Monday, November 28th, 2005

Pagare per leggereGli editori lamentano le poche copie vendute; i librai soffrono l’assottigliamento dei margini economici; gli autori rinnovano in mille modi l’antico aforisma: carmina non dant panem; i traduttori denunciano la scarsa visibilità del loro lavoro; i critici criticano la scarsa attenzione alla critica. Nella gran macchina della produzione letteraria tutti si considerano sottostimati, sottovalutati, sottopagati. No, dico, va bene che l’erba del vicino è sempre più verde, che l’uomo è pessimista per natura, che il mondo è crudele, ma allora io – il lettore – cosa dovrei dire?

Insomma, dico, dovrei sempre stare zitto e buono ad ascoltare le lamentele altrui? Eh no, cavolo, per una volta mi lamento io. Voglio gustare anch’io, e fino in fondo, l’universale panica esperienza del piagnisteo letterario.

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Doppi, tripli, molteplici legami

Friday, November 25th, 2005

LegamiQualche post fa ho usato un libro per descrivere le subdole arti seduttive mercé le quali i libri acquistano i lettori nelle librerie. Quel libro era Zadig, deliziosa fiabuccia volterriana, sì insomma, di Voltaire. Ieri stavo sbirciando questo blog, e precisamente un post intitolato Contro il letteraturismo, definito dalla padrona di casa «convinzione che tutto sia ormai stato scritto, che il grande romanzo sia finito e che non ci siano più gli scrittori di una volta». Si tratta della nota posizione espressa ciclicamente – per lo più nei mesi estivi, ma senza disdegnare qualche puntata fuori stagione – da vecchie glorie delle patrie lettere ormai in stato di giubilazione (o mummificazione che dir si voglia).

Che c’entra? ti chiederai, o rapido e distratto lettore. Cos’è che coincide qui? E aspetta, no? non ho ancora finito. Hai fretta? c’è qualcuno che ti corre dietro? sei mica Casati che deve prendere l’autobus, no?

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Perché mai dovrei correre alla fermata dell’autobus?

Thursday, November 24th, 2005

Boccioni: Elasticità, 1912Domenica scorsa la lentezza ha occupato l’intera prima pagina di Domenica, forse più noto come "il domenicale", supplemento culturale del quotidiano Il Sole 24 Ore. A un articolo di chiara ispirazione lentista a firma Claudio Magris – germanista e scrittore – ha risposto il velocista Roberto Casati – filosofo del linguaggio. Botta e risposta qui (pdf, 116KB).

La botta di Magris è una tranquilla riflessione sulla velocità della vita osservata dal punto di vista di un soggetto vivente, pensante e riflettente, ma immobile. Tipo specchio da parete, per capirsi. La risposta di Casati, con subdolo artifizio retorico, mette in movimento il soggetto, tramutandolo da specchio a telecamera mobile. Magris s’interroga sugli effetti psicologici della velocità sui comuni mortali; Casati risponde con una lezione di relatività generale. Magris parla di una velocità subìta dall’uomo; Casati travisa completamente il tema e parla della velocità dell’uomo. Insomma, per farla breve, Magris invita Casati a pranzo e Casati va a farsi un giro per negozi, quel distratto d’un Casati.

A un certo punto dell’articolo di Magris si legge:

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L’ombra lunga della lettura lenta

Wednesday, November 23rd, 2005

Storia della lettura lentaUno non può avere un’idea che sia una, che subito arriva un altro a copiargliela. È successo recentemente a un signore che si chiama Lance Fletcher, che nel 1994 ha lanciato in rete una vera e propria Accademia della lettura lenta. Detto molto in breve, si tratta di diverse mailing list dedicate a filosofi o a singole opere filosofiche, con l’obbiettivo di creare attorno a questi argomenti tipicamente accademici una conversazione in rete che esca dai confini dell’accademia in senso stretto.

Undici anni dopo arriva un blogger qualsiasi e gli frega l’idea di lettura lenta per intitolare il suo stupido blog. Se non è un’ingiustizia questa…

Lance Fletcher ha affiancato al lancio delle mailing list un vero e proprio manifesto della lettura lenta che illustra lo spirito che dovrebbe animarle. Leggendo il manifesto e sbirciando le mailing list attive ho capito subito che il suo progetto è infinitamente più serio e utile del mio modesto bloggo per gli appunti, ma ho anche scoperto che il suo e il mio richiamo all’idea di lettura lenta condividono una comune radice bibliografica: Aurora di Nietzsche, e precisamente la sua prefazione. Dice infatti Lance Fletcher:

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Un debito inestinguibile

Monday, November 21st, 2005

Miguel de Unamuno ritratto da José Gutiérrez SolanaMiguel de Unamuno è uno degli scrittori verso i quali sono in debito, un debito che naturalmente non potrò mai saldare. Mi succede a volte, peregrinando di libro in libro, di scovarne uno scritto apposta per me, e io so con ragionevole certezza che Miguel de Unamuno ha scritto il suo Commento alla vita di Don Chisciotte apposta per me. Considerando che Miguel de Unamuno l’ha scritto nel 1905, ben prima che io nascessi, ho sempre creduto che egli non sapesse di averlo scritto apposta per me, ma oggi non ne sono più così sicuro.

Oggi succede che – a causa della mia natura di lettore ondivago e tendenzialmente dispersivo – dalla pila dei libri da leggere è uscito questo: Miguel de Unamuno, Come si fa un romanzo, Ibis 1994, prima edizione italiana di un saggio pubblicato a Parigi nel 1925. Sono sicuro di averlo comprato solo per il nome dell’autore in copertina, forse spinto dal desiderio inconscio di ripagare almeno una piccola parte del debito. Sono quasi altrettanto certo di non aver mai pensato seriamente di leggerlo. Sia come sia, ho cominciato a leggerlo e, giunto a pagina cinquantuno, sono incappato in una frase che mi ha fatto sobbalzare. Questa:

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I cosi non sono le cose

Thursday, November 17th, 2005

Libera nos a malo«C’è molto rame in casa, secchi, testi, stampi, leccarde, paioli». Questa frase apparentemente innocua si trova a metà del tredicesimo capitolo di Libera nos a malo, il capolavoro di Luigi Meneghello. A prima vista non è che una dimessa elencazione di vetusti arnesi da cucina affratellati da una comune natura cuprica, eppure mi è rimasta in mente per ore. Anche adesso che ho doppiato la pagina che la ospita, essa si ripresenta a intervalli regolari e si sovrappone alle parole che vado leggendo, dolce come una litania melodiosa e arcana, ossessiva come il ritornello di una canzonetta: secchi, testi, stampi, leccarde, paioli. Che sarà mai? Donde verrà questa malìa che a queste parole m’incatena? Devo disvelare il segreto di codesto incantamento, spezzarlo per poter completare libero da sortilegi la degustazione delle pagine rimanenti.

Il libro, innanzitutto, overossia il contesto in cui quella frase opera. Libera nos a malo è un racconto dominato da un acuto senso di displacement, di extraterritorialità, di migranza, di alloglossia perfino. È un memoir scritto in italiano da un italiano imbevuto di lingua inglese che dentro di sé, negli strati più profondi e radicali dell’essere suo, parla il dialetto di Malo, provincia di Vicenza. La lingua e il paese nativo, non l’io narrante, sono i protagonisti indiscussi di un sofferto rimpatrio, un tentativo disperatissimo e matto di ricostruire pezzo per pezzo le cose dell’infanzia e dell’adolescenza attraverso il recupero delle parole usate per renderle presenti. Il dialetto di Malo è dunque il linguaggio naturale della vita vissuta, dell’esperienza, mentre l’italiano è quello artificiale della cultura, delle idee ricevute, dello studio.

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Le diatribe letterarie (3 – Fine)

Wednesday, November 16th, 2005

War with pen by Robert Neubecker, www.neubecker.comChe stavo dicendo? Ah già, diatribe quantitative versus diatribe qualitative. Ora, è evidente che tutto questo mio sollazzevole girovagare attorno al tema (sollazzevole per me, beninteso) non è del tutto centrato sul problema e trascura molti dettagli, restituendo una visione alquanto parziale della questione. Parziale sia in quanto incompleta sia in quanto faziosa, ovvero soggettiva. Va detto peraltro che non mi preme affatto essere oggettivo e imparziale (ammesso che sia mai possibile esserlo).

Tramontata l’epoca delle diatribe letterarie, dunque, oggi viviamo in quella delle diatribe commerciali. Vendere o non vendere, questo è l’unico dilemma rimasto in circolazione. Chi vende sopravvive e alla lunga prospera. Chi non vende muore. Il numero di copie vendute stabilisce il canone contemporaneo, troncando sul nascere fastidiose dispute sul valore letterario di quel che si pubblica: se vende, vale. Punto. La Rowling è il più grande scrittore vivente, altro che Faletti, che racimola al massimo un paio di milionate di copie. Camilleri, misurato sull’opera completa, è il più grande scrittore italiano di tutti i tempi; seguono distanziati Baricco e De Carlo; la Tamaro è un po’ in ribasso.

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Le diatribe letterarie (digressione quasi seria)

Tuesday, November 15th, 2005

Con un tempismo davvero sorprendente, ieri Giulio Mozzi ha pubblicato su Vibrisse un articolo che sembra scritto apposta per esemplificare queste mie umili divagazioni diatribiche. L’articolo si apre su questa domanda: «Esiste un modo per capire quanto influisce sulla vendita di un libro il fatto che si attivi un passaparola in rete?» e prosegue a porre domande su come la rete può influenzare le vendite librarie, per poi concludere così: «Io sento la mancanza, in molti discorsi che ho letti e sentiti a questo proposito, di approcci sistematici agli aspetti quantitativi della faccenda. Mi si dirà che non ci sono solo gli aspetti quantitativi; ed è vero; ma gli aspetti quantitativi ci sono.»

Premetto che mi sembra giusto che Giulio Mozzi, che sui libri e sull’editoria ci lavora e ci campa la giornata, parli di libri e di editoria in termini quantitativi. Ciò detto, mi ha sorpreso che Giulio Mozzi sentisse la mancanza di ciò di cui io percepisco la troppità: le diatribe quantitative. Ho provato a porre il problema nei commenti all’articolo (i miei sono quelli firmati Luca Tassinari), ma non credo di aver fatto breccia nel cuore di Mozzi, che lì era tutto rivolto (e, ripeto, con ottime ragioni) all’economia. A un certo punto, rispondendo a me, Giulio Mozzi ha detto:

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Le diatribe letterarie 2

Sunday, November 13th, 2005

War with pen by Robert Neubecker, www.neubecker.comLà, dove arditi guerrieri si davano battaglia su questioni di stile, oggi si fronteggiano macchine da guerra potenti e disumanizzate e le discussioni vertono principalmente sui numeri. Gli aspetti industriali del libro hanno completamente soppiantato quelli critici. Le moderne diatribe letterarie sono pilotate dalle macchine dell’editoria, della distribuzione, del giornalismo di propaganda culturale, delle catene di librerie, alle quali naturalmente non frega un accidente il come della letteratura, ma solo il quanto.

L’altro giorno seguivo una simpatica discussione su un blog. Si era partiti da un’iniziativa a sostegno della piccola editoria, lanciata con enorme entusiasmo e un pizzico di ingenuità da Alberto Giorgi. Ben presto la discussione si è attestata su domande del tipo: chi vende di più? chi vende di meno? spostano più copie le recensioni in rete o quelle sui quotidiani?

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Le diatribe letterarie 1

Friday, November 11th, 2005

War with pen by Robert Neubecker, www.neubecker.comLe patrie lettere sono sempre state un gigantesco campo di battaglia percorso da avversi schieramenti. In campo letterario la passione per le diatribe e le polemiche è una costante apparentemente inesauribile. Tuttavia – come già dissi altrove, anche se non ricordo dove – le diatribe contemporanee si distinguono dalle antiche specialmente in due aspetti:

1. La durata, assai inferiore nelle moderne che nelle antiche.
2. L’argomento. E qui il discorso si fa lungo (eh eh eh!)

Orbene, analizziamo tritamente questo secondo punto. In antico si diatribeggiava attorno ad aspetti per così dire qualitativi della letteratura. Ci si chiedeva se le regole aristoteliche sull’unità d’azione tempo e luogo potessero essere violate; se la lingua volgare potesse sostituire la curiale; se l’autore dovesse intervenire o meno a spiegare o a commentare l’azione; cose così.

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Libresche seduzioni

Thursday, November 10th, 2005

Tu mi chiedi, o lesto divoratore di pixel, quale sia la ragione che spinge il lettore a sprecare sui libri un tempo che egli potrebbe dedicare ad attività produttive e socialmente utili. Non ho una risposta pronta, ma in prima battuta mi sembra ragionevole supporre che la causa delle insane passioni lettorie risieda nell’oggetto materiale della lettura. Il libro è alquanto semplice, almeno a una prima occhiata: nient’altro che un parallelepipedo, forse il solido meno affascinante di tutti, usato per costruire oggetti esteticamente poco esigenti come scatole da scarpe, mobili dell’Ikea o stabilimenti industriali. Un parallelepipedo fortemente schiacciato, oltretutto, con due facce sproporzionatamente più ampie delle altre quattro: una frittella geometrica.

Come può dunque un articolo così comune, dozzinale, banale perfino, attirare l’attenzione del lettore, ammaliarlo, sedurlo, confonderlo fino a fargli sborsare quattrini per averlo? Cercherò di rispondere per via sperimentale: tolto dalla mia modesta biblioteca di lettore lento un volume a caso, fingerò di osservarlo per la prima volta, come se l’avessi appena avvistato in libreria, sperando che da un’osservazione minuziosa possano scaturire intuizioni proficue sui meccanismi che mi portarono ad acquistarlo a suo tempo.

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Fútbol bailado

Tuesday, November 8th, 2005

Alberto Garlini, Fútbol bailado, Sironi 2004Come dicevo, l’anno prossimo sarà l’anno di Antonio Pizzuto e in questo mio stambugio di ghiribizzi libreschi l’ho ricordato con qualche mese d’anticipo. Anche l’anno scorso ci fu un tale che decise di anticipare di un anno il ricordo di Pasolini, sebbene non nel segreto del blog, ma sulla pubblica piazza editoriale. Il risultato fu un bel libro che, come tutti i libri che vale la pena leggere, è stato rapidamente dimenticato, travolto dalla pressione esercitata sugli editori dagli orrendi lettori veloci, insaziabilmente affamati di nuove uscite. Nell’àmbito dei ludi pasoliniani, dunque, mi sembra doveroso dedicare un giorno-blog a un libro che da solo vale l’opera completa di mille denbraun. Segue lettura (lenta, va senza dire).

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Graecum est, non legitur

Sunday, November 6th, 2005

Antonio Pizzuto. Tratto da Lezioni del maestro, Scheiwiller 1991Quest’anno è stato l’anno di Pasolini e di Calvino. L’anno prossimo sarà l’anno di Antonio Pizzuto. Non ci credi, o blog-zapper ansimante per il troppo correre? Fai bene a non crederci. Infatti, pur essendo innegabile, calendario alla mano, che nel 2006 cadrà il trentennale della morte di Antonio Pizzuto, è altrettanto innegabile che la sua quota di mercato è troppo piccola per suscitare qualsivoglia genere di interesse: non l’interesse degli editori forti, perché Pizzuto è autore dalle tirature lillipuziane; non l’interesse degli accademici forti, perché Pizzuto – autore sconosciuto ai più – non dà molta visibilità a chi se ne occupa; non l’interesse dei lettori forti, perché Pizzuto richiede tempi di lettura troppo alti, col rischio di rovinare l’ingurgitazione media giornaliera di libri.

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