La lettura come menzogna

Manuel Frattini in Pinocchio, tratto da www.ilrossetti.comEssendo la verità inconoscibile per via di ragione, è facile intuire quanto sia difficile dimostrare l’inclinazione alla menzogna di chicchessia. Anche lasciando in pace il solito cretese che afferma che tutti i cretesi mentono, concludere al di là di ogni ragionevole dubbio che una frase, un’azione, un’intenzione, un pensiero o financo un desiderio siano fallaci e menzogneri è impresa inaccessibile alla mente umana. Ma l’uomo, per sua fortuna, non è solo ragione.

Prendiamo il lettore. Non è da oggi, lettore, che vado mostrando le dubbie qualità morali di questo individuo asociale, dissoluto e ìnfero. Già nel suo sguardo obliquo, nei suoi gesti eccessivamente cauti, nella sua voce sottile e sibilante, nel suo passo costantemente incline alla circolarità, è possibile percepire una natura sospettosa, misantropa, amante dell’oscurità e del nascondimento. Tutto il contrario dell’uomo onesto, sincero e produttivo. Il laborioso operaio, il paziente maestro, l’intraprendente industriale, l’imparziale giornalista, il giudice giusto e il politico illuminato: tutti costoro agiscono alla luce del sole, mostrando apertamente le loro opere e sottoponendole con lealtà al giudizio del popolo e della storia.

Il lettore invece predilige la penombra, simile in questo al ladro e all’assassino. Chiuso a doppia mandata nel suo cubicolo, egli serra le imposte, abbassa le persiane, tira le tende, ricava una spelonca dal giaciglio ricoperto da spesse coltri e in quella accende non più che un lumino cimiteriale, quanto basta a rischiarare un poco le pagine senza ferire i suoi occhi di belva notturna. Si nega al mondo, occulta la sua opera, si sottrae al giudizio: è evidente che costui ha qualcosa da nascondere.

Sì, il lettore cela un segreto terribile che non osa rivelare nemmeno a sé stesso.

Hai mai provato a parlare di un libro con un lettore? Parlarne a quattr’occhi, intendo. Be’, provaci. Forse non lesinerà interessanti citazioni; magari sarà anche capace di una valida disamina degli aspetti stilistici e tematici salienti; spesso non rinuncerà a esibire un’onesta sicurezza nel maneggiare strumenti critici complessi. Ma se cercherai di sapere cosa ha significato quella lettura per lui, dove l’ha trasportato, come ha cambiato la sua percezione del mondo, quanta parte di sé medesimo ha messo a nudo, ebbene, facci caso: otterrai mezze risposte, balbettìi, ‘non saprei dire’.

Mi si potrebbe obbiettare che queste reazioni sono comuni a tutti gli uomini, quando la loro intimità diventa argomento di conversazione. Nessuno parlerà distesamente e con disinvoltura delle sue emozioni più profonde, dei suoi capricci, delle sue manchevolezze: tutti tenderanno a nascondere qualcosa, a non dire tutta la verità, a volte persino a mentire. Ma è proprio questo il punto, ribatterei a questa obiezione: il lettore mente. Che lo faccia in modo e misura non superiori alla media è irrilevante. Il lettore nasconde l’essenza notturna, sotterranea e peccaminosa della lettura, rivestendola con l’abito rispettabile dell’esegesi, del commento e della critica testuale.

Ma perché, mi chiedi non senza apprensione, perché il lettore mente? Che senso ha la sua menzogna, e che vantaggi può garantirgli? Difficile dirlo, ma non è improbabile che così facendo egli speri di rimandare a tempo indeterminato una resa dei conti alla quale in realtà non può sottrarsi. Prima o poi la verità si manifesta, i cadaveri vengono a galla, i nodi al pettine, eccetera eccetera. Quel che il lettore non vuole sapere, che non osa dire nemmeno a sé stesso, è che in realtà la lettura non esiste. Che gli uomini abbiano la capacità di leggere un testo, di interpretarlo, di capirlo, di trasmetterlo è una diceria fondata su antichi pregiudizi. La pura e semplice verità è che sono i testi a leggere e interpretare gli uomini: il cartello stradale legge nel viandante il desiderio di conoscere la direzione da prendere; l’orario ferroviario interpreta la paura del futuro che atterrisce il viaggiatore; il romanzo legge come un aruspice i visceri del sedicente lettore.

Capisci che per il lettore accettare questa verità significherebbe riconoscere di non esistere, cosa niente affatto tragica, ma che potrebbe avere un impatto devastante sulla coscienza di sé e sull’autostima. Prova a metterti nei suoi panni: hai passato tutta la vita chino sui libri; i tuoi occhi sono affaticati e opachi; la schiena è curva, le ossa indolenzite, i muscoli quasi atrofizzati; praticando ed esercitandoti con cura sei arrivato a illuderti di sapere qualcosa: per esempio sei in grado di ripetere a memoria lunghi passi dell’Opus maccaronicum, sai riconoscere un chiasmo a colpo d’occhio, riesci a distinguere una metafora da una metonimia, un romanzo da un racconto, Flaubert da Dostoevskij, che peraltro traslitteri correttamente in caratteri latini. Insomma sei convinto di aver imparato qualcosa, di avere qualche competenza, di essere un lettore.

Certo, non sei arrivato fin lì senza qualche tentennamento. Talvolta hai avuto il dubbio di non essere tu l’attore dell’atto di leggere, ma è sempre stata una sensazione epidermica, un fastidio superficiale facilmente risolvibile con una grattatina in testa o un’alzata di spalle. Chiedere a te stesso di aprire completamente gli occhi, di accettare senza riserve la tua non esistenza sarebbe oltremodo crudele. Preferirai continuare a scacciare quel pensiero molesto, a fingere di non averlo mai pensato.

Almeno qui, in questa ridotta virtuale dimenticata da Dio e dagli uomini, noi due possiamo guardarci in faccia, o lettor mio, e dirci con reciproca franchezza che io e te non esistiamo, non siamo mai esistiti, né mai esisteremo. In tutta sincerità permettimi di congedarmi da te confessando, da lettore a lettore, che tutti i lettori mentono.

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32 Responses to “La lettura come menzogna”

  1. Bello e originale. Stai smantellando le mie poche certezze.
    Bart

  2. fB says:

    > Essendo la verità inconoscibile per via di ragione

    Sarebbe bene rimarcare che questa frase non significa alcunché, dato che tenta esplicitamente di comunicare la propria stessa assurdità. Se si può forse intuirne il contenuto ciò avviene in modo del tutto indipendente dalla frase stessa, che ha funzione meramente mnestica, di richiamo.

    La classica frase ove ciascuno ritrova il contenuto che preferisce e tende irrazionalmente a dichiararsi d’accordo a prescindere. Una trappola. Non stupisce che il resto dell’articolo si aggiri nell’ambiguità.

  3. Miku says:

    Non nell’ambiguità: nella menzogna.

    Menzogna come sistema e funzione, in cui, incredibile dictu, una forma di verità è possibile. ;-)

  4. letturalenta says:

    Bart, non dar retta a quello che dice il post: sono tutte balle!

    fb, tu il critico letterario dovevi fare. La tua osservazione mi ha fatto venire in mente l’incipit di Anna Karenina, che forse potrebbe rientrare nella casistica dei “meri richiami mnestici” (o no?): Tutte le famiglie felici si assomigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.

    Sì, Miku, una cosa del genere :-)

  5. Effe says:

    è talmente perfetto, che vale anche per lo scrittore e l’atto della scrittura (sono le storie che si fanno scrivere, che lo pretendono)
    In verità, lei è un bugiardo scientifico, questo lo certifico (in quanto suo lettore)

  6. letturalenta says:

    E quando il lettore scrive, egregio Effe, si somma menzogna a menzogna (se poi quel che il lettore scrive vien letto da uno scrittore, si rischia l’abolizione permanente della verità).

  7. fB says:

    > fb, tu il critico letterario dovevi fare.

    Mai riuscirei a restringermi a lungo in un unico ruolo, fosse pure quello di
    Georg Lukács.

    > Non nell’ambiguità: nella menzogna.

    La menzogna è ambigua, l’ambiguità è menzogna, la verità non si nasconde: la verità è una sola.

    Il lettore potrà aprire o chiudere a piacere la penultima vocale dell’ambigua frase precedente.

  8. Miku says:

    > Il lettore potrà aprire o chiudere a piacere la penultima vocale dell’ambigua frase precedente.

    :-D

    Però che la verità sia una e una sola, le fisiche di fine millennio ci hanno insegnato a dubitare. Gli elettroni sono ben usi fare il gioco delle tre carte all’incauto osservatore.

  9. CalMa says:

    Non aggiungo allora alcun commento onde evitare che il fatto stesso di scriverlo Nonché la probabilità che susseguentemente venga letto aggiungano altre menzogne alla menzogna.

  10. fB says:

    > Però che la verità sia una e una sola, le fisiche di fine millennio ci hanno insegnato a dubitare.

    Per dir le cose come stanno, tali teorie fisiche hanno insegnato a dubitarne soltanto a chi non ne ha capito una beata cippa; esse ci dicono che la realtà è diversa da come ci appare a prima vista e che forse i concetti di base che utilizziamo per descriverla sono del tutto inadatti, ma assolutamente non suggeriscono che esista piú d’una realtà; anzi, la relatività speciale e generale ci dicono esplicitamente proprio il contrario e le descrizioni quantiche a molti universi hanno, semplicemente, un nome fuorviante.

    Ho utilizzato la definizione aristotelico-averroista classica “vero è dire di ciò che è che è, e di ciò che non è che non è”, che lega tra loro ontologia e logica (id est, realtà e verità).

  11. fB says:

    > Gli elettroni sono ben usi fare il gioco delle tre carte all’incauto osservatore.

    No, la descrizione quantica degli elettroni è dimostrabilmente completa e il loro comportamento sperimentale perfettamente predicibile nell’ambito delle teorie quantistiche, a oggi l’elettrodinamica quantistica è di gran lunga la teoria fisica che offre i migliori riscontri sperimentali.

    Certo, chi si aspetta che si tratti di sferette rigide rimarrà deluso, ma la colpa non è certo degli elettroni, bensí dei suoi errati pregiudizi.

  12. gabryella says:

    i libri non si leggono..s’inventano! accade che, mentre pascoliamo in quel territorio soggettivo e aleatorio che è la ricezione, noi s’avverta un’inquietudine molesta: eccomi qui (pensa il lettore, incastonato nel doppio gioco creativo della mente) come uno specchio inerte, materia neuronale da plasmare, solo e indifeso a tu-per-tu col testo – e il testo (ma quello, proprio quello e non altri), nel cogliermi sul fatto, m’occupa intieramente e mi pervade – mi pervade, capisci? io, allora, ecco che mi difendo: “cos’è che vuoi..rapirmi, sequestrarmi? e perché, per chiedere un riscatto?” – a quel punto mi sento esacerbato, mellifluo, furbo, intransigente, ladro e (raramente) perfino intelligente: mi fingo conciliante, connivente e divento complice del misfatto

  13. Miku says:

    Fb: o come!, l’osservazione non cambia più le carte in tavola? :-(

  14. fB says:

    > Fb: o come!, l’osservazione non cambia più le carte in tavola? :-(

    L’osservazione influenza la realtà, ma non la moltiplica. Tuffandomi nell’acqua innalzo onde, ma il lago mosso è pur sempre lo stesso del lago quieto che c’era prima (ho scelto il lago per evitare di tuffarmi due volte nello stesso fiume, cosa notoriamente impossibile).

    C’è effettivamente un problema aperto che riguarda le osservazioni in meccanica quantistica, ed è la necessità di postulare due classi distinte di oggetti esistenti: gli strumenti di misura sono separati e si comportano diversamente dagli altri oggetti fisici. Non vi è una chiara base sperimentale per tale assunzione. Con un certo sforzo si potrebbe pensare di poter ridurre tali classi alla distinzione tra soggetto e oggetto (ci ha provato Von Neumann), ma i tentativi in tal senso esulano dalla fisica propriamente detta e suscitano dilemmi quale quello dell'”Amico di Wigner” che sono essenzialmente materia d’opinione.

    Io ho una mia opinione, naturalmente, ma questo commento è troppo piccolo per contenerla.

  15. cf05103025 says:

    Mi sento preso un po’ per il culo comunque chissenefega come mi sento tanto prendo già gli antibiotici da tre giorni che ci ho ‘sto cazzo d’influenza no aviara ma maldigola bastardo, ecco, cioé:

    Oh, hai un bel dire, eh..!
    Eh, ti pare giusto metterla così che il libro interpreta me?
    Ma, senti un po’, io ci ho ‘sto libro qui che leggo lentissimamente che ho troppe stupidaggini da fare altre, tipo blogs,
    faccio esempio:
    essendomi stufato di leggere roba contemporanea mi buttai avidamente quasi per caso ma non è un caso che poi fra l’altro il libro lo regalai a mia moglie che era malata lei, poverina, poi me l’ha passata a me ‘sta porca influenza, senza premeditazione dicesi in giro.
    Ecco, il caso è così ma non è chiuso, anzi è aperto, dischiuso come le ali della VispaTeresa che aveva tra l’erbetta preso ‘sto libro di Daniel Defoe, cioè le Memorie di un Cavaliere. Insomma mia moglie lo vede e fa:
    No, roba di guerra, no, perlamiseria, basta c’è già l’Iraq e sono stufa marcia di guerre e consimili robe tristi di mazzamenti e vari sgozzamenti.

    Allora io che son coraggioso ed avevo appena finito romanzo storico di Patrick Rambaud premio Goncourt’97 detto La battaglia, con discreta soddisfazione, mi ci butto a capofitto e scopro che il presente romanzo non è storico perché il Defoe Daniel ci fece molti sbagli di brutto che copiò date da testi sballati, poi passò il testo delle Memorie come robe vere autentiche scritte da un nobil uffiziale aritocratico sessant’anni prima di lui. Ecco.
    Tutto va bene, il libro mi piace, ben scritto, troppe robe inglesi, meglio le tedesche che lui molcisce la patria sua real e poi si sa che il Daniel paraculeggiava essendo un poco lecchino talvolta.
    Tanto di cappello, però, e sai perchè:
    perchè ‘sto cristo mi fa riscoprire una parte mia battagliera cattivella, quella che gode quando vede i films di guerra che si ingagliardisce quando sente certi inni tronfi e bellici, mio malgrado.
    Mi vergogno molto, o solo un po’,
    e scopro di essere un pacifista solo a parole o pacifista nelle parole che ho dentro la pancia un vena forse malvagia, irritabile, guerriera, vendicativa e troiana e achea e Achillea ed Ettorea e barbara e via dicendo.
    Così andò.
    Quindi la lettura fu terapeutica o forse no,
    indi per cui,
    si prosegua.
    MarioB.

  16. mauro says:

    Signor Lettura, stavo leggendo l’autobiografia di Mino Reitano fino ad un minuto prima di immergermi nel suo post… quando mi sono reso conto che l’autobiografia cercava di leggermi l’ho usata per accendere il caminetto.
    Mi creda sinceramente Suo.
    Grazie

  17. Miku says:

    O Fb:

    > suscitano dilemmi quale quello dell’”Amico di Wigner” che sono essenzialmente materia d’opinione

    Però non mi è chiaro perché l’esercizio dell’amico di Wigner dovrebbe implicare alcunché diverso dall’esperimento felino. In ogni caso l’osservatore fa collassare la funzione d’onda (anche se questo “fa”, a me – so che mi esprimo in maniera rozza, ma spero capirai – sembra un po’ sospetto), “inverando” (visto che si parlava di “verità” etc.) o attualizzando uno stato che è in nuce, o in potenza.
    Che c’entra la coscienza? Si intende con ciò il “soggetto”? O forse gli strumenti stessi d’osservazione? O entrambe le cose?

    Saluto ato-miku,

    Miku

  18. letturalenta says:

    Mauro, ti sei salvato per un pelo. Quel libro non solo ti legge, ma poi va in giro a cantare i fatti tuoi con strilli acutissimi.

    Miku & fb, noto con un certo sollievo che dalla ‘verità’ – lemma pericolosamente incline alla metafisica – vi state spostando verso la più paciosa e materialistica ‘realtà’.

    MarioB, non a te piacque il libro, ma tu a lui, altrimenti t’avrebbe chiuso dopo poche pagine.

    gabryella, giustamente sottolinei gli aspetti delittuosi del testo e della lettura: non c’è crimine di cui non si macchi, con l’eccezione, forse, dell’occultamento di cadavere.

  19. cf05103025 says:

    Mi è venuto mal di stomaco
    all’idea immagine che il libro si richiudesse su di me,
    hai presente:
    infin che ‘l mar fu sopra noi richiuso

    MarioB.

  20. kalle b. says:

    guarda che pure la realta’ e’ una brutta bestia, Luca :-)

  21. letturalenta says:

    Ho come l’impressione che la bestia peggiore sia il linguaggio :-)

  22. fB says:

    > In ogni caso l’osservatore fa collassare la funzione d’onda

    La funzione d’onda è soprattutto un utile ausilio matematico, non un ente osservabile e “realmente esistente”. Personalmente ritengo che essa non rappresenti direttamente la “realtà”, ma piuttosto lo stato di conoscenza che l’osservatore possiede della realtà stessa e del suo evolversi. Ogni modifica dello stato di conoscenza conseguente a una nuova osservazione comporta una brusca modifica corrispondente nella funzione d’onda, in assenza di nuove osservazioni la funzione d’onda evolve seguendo le leggi predittive della teoria. Si noti che l’osservatore non compare direttamente nella teoria, bensí vi è rappresentato attraverso la mediazione degli strumenti di misura.

    Non v’è dubbio che, nella pratica, soggetti diversi che osservano il medesimo fenomeno, per descriverlo ricostruiscano dalle proprie differenti osservazioni differenti funzioni d’onda (finché non mettono in comune le proprie misure indipendenti), io credo che questa sia una caratteristica intrinseca e non accidentale del nostro universo, per descrivere un singolo sistema saranno utilizzate tante funzioni d’onda quanti sono gli osservatori.

    La misura effettuata da un primo osservatore su un sistema non modifica automaticamente la funzione d’onda attribuita a quel sistema da un secondo osservatore, lo farà soltanto nel momento in cui il secondo osservatore si renderà conto dell’avvenuta misura (è qui che entra in gioco la “coscienza”).

    Non si può dimostrarlo, ma sono convinto che la realtà esista indipendentemente dall’osservatore, per cui (quando si descrive tale realtà tramite la meccanica quantistica, che è comunque una descrizione parziale del mondo) funzioni d’onda diverse relative allo stesso fenomeno risulteranno tra loro compatibili, legate da precise relazioni e tenderanno ad assomigliarsi sempre di piú tra loro al moltiplicarsi di osservazioni e misure. Solo l’esistenza di una realtà oggettiva permette di individuare per confronto errori e illusioni, e di liberarsene.

  23. fB says:

    > Miku & fb, noto con un certo sollievo che dalla ‘verità’ – lemma
    > pericolosamente incline alla metafisica – vi state spostando verso la più
    > paciosa e materialistica ‘realtà’.

    Beh, sotto sotto io sono pur sempre un materialista dialettico, per quanto influenzato ai limiti del plagio dall’empirismo di Hume.

  24. cf05103025 says:

    cioè,
    uno dice il reale:
    e poi, dico io, un bel libro antropofago è una grandiosa cosa,
    io ci farei un film.
    Ai bei tempi di Tarzan/Weissmuller ci facevano i selvaggi cannibali con l’ossicino legato in testa che facevanoBUM Bum BBum aum aum aughh, invece adesso si potrebbe girare una scena così:
    che c’è un libro con su scritto “Io uccido”, un passa di lì e lo vede e sto libro si anima e gli molla due coltellate, il tipo cade a terra e il libro bastardo apre le fauci/pagine e te lo divora seduta stante e poi magari rutta.
    Soggetto registrato,
    guai a rubarmelo,
    l’ho già subito venduto a Ed Wood
    che mi ha telefonato ora.

    MarioB.

  25. cf05103025 says:

    aspetta, spetta, non staccare la spina, o lentolettor,
    aspetta che ti dico:
    cioè poi nel fim di prima,
    cioè nel film del libro che mangiava la gente che già ho saputo che me lo produrrà la Hrundi Bakshi Features di Mumbay,
    va a finire così, adesso ti dico:

    La gente è lì in una sala cinematografica, un cinema di terz’ordine,
    tipo di Asuncion, e guarda tutta meravigliata smarrita ‘sta storia del libro antropofago quando nel bel mezzo del fatto del libro che divora il passante,
    lo schermo del cinema stesso si estroflette in forma di schifosa oscura massa melmosa a forma quasi di bocca,
    la sala delira tutta un tremito convulso di queste sedie in legno mezzo scassate ed urla e strepiti scannati…
    ‘sta bocca massa gelatinosa si allunga verso uno spettatore abbacinato terrorizzato e se lo succhia lo mastica si retroflette,
    continuano le urla e le convulsioni e rumoracci indegni di civile auditorium,

    quando con ignobile schicchiolio la massa bocca schermo sputa sul pubblico
    strbuzzato che se la fa sotto, le ossicine del malcapitato risucchiato;

    ma non finisce così
    e le ossicine frammenti corpuscoli residui umani si trasformano
    subiscono metaforosi sugli abiti dei poveri spettatori:
    diventano tanti libbriccini rossi di “Io uccido”
    che a guisa di cimicioni antropofagi si divorano i poverazzi presenti.

    Fine, roba da grande schermo.

    MarioB.

  26. daldivano says:

    un gran bel pezzo.
    il lettore nasconde, intimamente protegge il segreto di non esistere;
    il libro è portatore di senso, succhiandolo al lettore vampiristicamente;
    tra lettori ci si può solo consolare in una forma di “gruppo lettori anonimi”.
    ma del libro, del vero protagonista di questo male, che ne è del libro satollo? volerà di mano in mano, di parola in parola, di citazione in citazione verso nuovi approvvigionamenti di senso?

    daldivano

  27. gabryella says:

    e no, non finisce così
    258 abominevoli recensioni (apparse su altrettante testate di prestigio)generate a cascata dal film antropofago sul libro che mangiava la gente, si sono riversate, già collose e putrescenti, su circa due milioni d’innocenti lettori, inglobandoli in una vischiosa melma impastoiata di scorie umane e cellulosa che pare sia stata già prenotata in blocco da una cartiera che fornirà ad un editore il supporto su cui stampare il libro “cronaca dell’apocalisse di 2 milioni di lettori ad opera delle 258 recensioni del tragico film sul libriccino rosso ‘io uccido'”, di cui è prevista diffusione galattica

  28. letturalenta says:

    Sì, pare che i libri (e in particolare i racconti) si nutrano di lettori. Dopo ogni lettura ripartono verso nuove avventure sotto forma di vascelli variamente conformati che navigano a vista nel maremagnum letterario. Essere citati è il loro sogno più grande. (un giorno forse mi deciderò a mettere online questa e altre confidenze che un racconto mi fece qualche tempo fa).

  29. letturalenta says:

    gabryella e marioB, voi sapete d’avere un futuro nel magico mondo dello show business, vero?

  30. gabryella says:

    ci conto per una delle mie future reincarnazioni (per la prossima, spero di nascere libro)

  31. cf05103025 says:

    Modestamente sono un libro/vampiro

  32. daldivano says:

    satollo! :-)

    daldivano

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