La realtà è quella lì

Sistema solare tolemaico, tratto da pctidifi.mi.infn.itNei commenti al post precedente fb parla di realtà da un punto di vista scientifico: la realtà osservabile, misurabile, riducibile a leggi fisiche. Il discorso scientifico esercita su di me il fascino delle lingue sconosciute: la mia onesta ignoranza delle materie scientifiche, conquistata a prezzo di duri esercizi di annientamento della memoria, fa sì che di quel discorso io percepisca solo il suono piacevole e la melodia incantatrice, senza alcun rischio di coglierne il significato.

Tuttavia anche un discorso scientifico è fatto di parole e le parole hanno il dono dell’indeterminatezza e dell’imprecisione, da cui deriva il loro elevatissimo potere evocativo e incantatorio. Le parole hanno quasi sempre un lato illuminato e uno oscuro. Il lato illuminato indica qualcosa – un oggetto, un’idea, un sentimento – mentre quello oscuro evoca altro, senza indicarlo esplicitamente. A causa di questa intrinseca doppiezza, le parole sono un eccezionale strumento di fraintendimento.

Di fronte a un discorso pronunciato nel campo semantico della scienza, dove parole come ‘realtà’, ‘esistenza’ o ‘universo’ hanno determinati significati, può capitare che un suono o un frammento marginale richiamino alla memoria divagatrice del lettore frammenti e suoni di altri discorsi pronunciati in contesti affatto diversi, dove il lato di quelle parole che nel contesto scientifico rimaneva in ombra viene alla luce, e viceversa.

Quanto sopra per dire che il breve discorso che trascrivo qui sotto, dove compaiono le parole ‘realtà’, ‘esistenza’ e ‘universo’, mi sembra una chiosa particolarmente adatta ai commenti di fb.

Non capisco affatto che cosa significhi il concetto della «realtà». Naturalmente esiste, è «quella lì». Non se ne può dire altro. Peraltro sono convinto che il linguaggio non descriva nessuna realtà. Forse non si può assegnare a nulla il nome di «realtà». Se c’è qualcosa che ha diritto a questo titolo, ambizioso ma non erroneo, probabilmente è il linguaggio stesso.

È l’unica realtà che conosciamo. Noi ci muoviamo in un universo di parole. Se cambiamo le regole del linguaggio, o meglio, se le parole cambiano le loro regole, muta l’universo.

Questo è così decisivo che non so immaginare un dire, un discorso, che non sia un discorso su un discorso. Infatti, quando crediamo di parlare di realtà, in realtà parliamo di parole che affermano o negano l’esistenza della realtà.

È un discorso che ruota incessantemente intorno alle parole. Una parola può parlare soltanto di sé. Semplicemente, non c’è nient’altro di cui potrebbe parlare. E poiché parlare significa usare parole, significa anche muoversi nella realtà, l’unica realtà possibile, ossia il linguaggio. [G.Manganelli, La penombra mentale, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.179-180]

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25 Responses to “La realtà è quella lì”

  1. gabryella says:

    in pratica, il giovanotto scootermunito e muto dalla nascita che deposita quotidianamente la posta nella mia cassetta sarebbero un’entità astratta, non esistente o, meglio, esistente solo se e quando se ne parli?

    ..mmm, sarà dura spiegarglielo (e più ancora evitargli fraintendimenti) quando si presenterà, silenzioso ma altamente espressivo, ad incassare la tradizionale mancia pasquale!

  2. letturalenta says:

    Ti dirò, già solo supporre che il giovanotto in questione sia un’entità – astratta o meno – mi sembra un’ipotesi alquanto azzardata. Come prova *inconfutabile* del fatto che non lui esiste, ma solo le parole su di lui, noterò che io – e suppongo anche altri – non sapevo alcunché del giovanotto prima che tu lo nominassi.

    A dispetto di ciò, sarei favorevole a elargirgli comunque la mancia pasquale. D’altronde non è infrequente versare oboli a entità affatto inesistenti, a cominciare dalle tasse.

  3. Bisognerebbe fare un pò di chiarezza sul concetto di realtà, però (mi riferisco alla chiosa di fb). Intanto in che sfera siamo? Prendiamo per buona quella mesoscopica, la via di mezzo.
    E qui non ci sono solo parole e linguaggio… spazi, eventi, oggetti, non ogetti, non eventi, non spazi dove li mettete scusate?

  4. letturalenta says:

    eh magari, cristianaeffe, magari… Comunque ci stiamo lavorando. Per ora il progetto prevede la redazione di un post (o saggio, o trattato, dipende) che spiegherà con chiarezza cosa significa ‘esistere’. Dopo di che si procederà alla stesura di un altro testo che rivelerà con pari chiarezza cosa si intende per ‘verità’ in teologia, metafisica, ontologia, logica, fisica, eccetera. Quando entrambi i testi avranno superato le necessarie procedure di referaggio e pubblicazione, si potrà procedere a spiegare in termini definitivi cosa sia ‘sta benedetta realtà.

    Come sempre gli ostacoli maggiori sono il tempo e la voglia di mettere in pratica le intenzioni. L’ultima stima dei tempi prevede il ‘go live’ del progetto attorno al 2651, anno più anno meno.

  5. fB says:

    “Quando stai mangiando una mela, tu e la mela siete parti di dio”

  6. fB says:

    > Bisognerebbe fare un pò di chiarezza sul concetto di realtà, però

    Difficile chiarire il concetto di realtà con il dialogo. Se non se ne
    possiede una conoscenza innata, o se non lo si apprende per intuizione
    mi pare difficile poter arrivare a conoscerlo meglio in altro modo.

  7. melpunk says:

    dal mio punto di vista la realtà è illusoria ma non per questo “non reale”. di fatto la realtà è la realtà percepita, è la realtà sentita dall’individuo. immagino che comunicare una realtà illusoria soggettiva per il tramite del linguaggio, che è a sua volta “limitante”, oltre che più o meno soggettivo, piò o meno culturalmente determinato ecc renda le cose abbastanza complicate. anche il cercare di dire dialogando cosa sia la realtà. che poi è argomento dibattuto da secoli da ampie schiere di filosofi. saluti
    melpunk

  8. cf05103025 says:

    ti dico io, lentolettor,

    C’era un monaco buddhista che rompeva sempre le palle
    ad un altro suo collega con ‘sto fatto:
    il mondo è illusione
    viviamo in un’illusione…
    e guardava in aria con un dito teso
    tutto preso dalla sua elucubrazione

    l’altro scocciato da un po’
    gli ha ficcato il suo bastone tra i piedi
    e questo qui si è spaccato il naso giù tra i sassi,
    poi si è tirato su
    incazzato come un mulo
    con quello del bastone e voleva menarlo…

    quello là da distante gli faceva:
    vedi un po’ tu…
    ti fa male?
    cazzo vuoi?!
    tanto è una illusione..no?!|

    Però, poi è scappato.

    MarioB.

  9. mauro says:

    vede? lei sposa la tesi dell’esistenza del reale sottolineandone la sua sostanziale indicibilità e la discussione s’incanala comunque sulla presunta illusorietà del reale stesso.
    mi verrebbe da disperarmi se non fossi un tipetto frettoloso…

  10. fb: “Difficile chiarire il concetto di realtà con il dialogo. Se non se ne
    possiede una conoscenza innata, o se non lo si apprende per intuizione
    mi pare difficile poter arrivare a conoscerlo meglio in altro modo”.
    cristianaeffe: “Lasciando perdere dialoghi, innatismi e categorie kantiane, direi che un primo passo per definire se non la realtà tutta, almeno il mondo cosiddetto ‘esterno’, sia quello di parlare di ciò che si vede e si incontra – per davvero! – quotidianamente. Il linguaggio viene un pò più tardi. Secondo me.

  11. letturalenta says:

    Chioso: sembra che l’eterna diatriba fra nominalisti e realisti non abbia ancora prodotto una sintesi soddisfacente. Il campo appare ancora saldamente diviso fra chi sostiene l’esistenza della realtà a prescindere dai nomi e chi sostiene che i nomi sono pura astrazione della mente.

    Qui sembra prevalere l’idea che la realtà esista a prescindere dal soggetto che ne parla. Essa stimola il soggetto a conoscerla mostrando quel che si vede e s’incontra, piazzando callidi bastoni d’inciampo e altre suggestioni. Ne risulta, mi pare, l’idea di una realtà pensante, capace di azioni proprie, intelligente.

    Sono questioni alquanto filosofiche.

    Supponiamo però che la diatriba sia risolta, non importa a favore di chi. Resterebbe un problema. Di questa realtà – esistente o astratta che sia – si può dire qualcosa di sensato, di esatto, di vero? Se facessi un bel discorso sulla rosa, per esempio, di che starei parlando? Del fiore che vedo davanti a me in tutto il suo spinoso fulgore o della parola che indica quel fiore? E se quella parola a un dato momento non fosse più ‘rosa’ ma ‘ircocervo’, che ne sarebbe del mio bel discorso?

    aho, son problemi eh?

  12. cf05103025 says:

    tu l’hai detto, infatti, hai fatto la parola “discorso”, il bel discorso sulla rosa, ma la rosa resta la rosa al di là del tuo, nostro discorso,
    che sia “rosa”o “ircorcervo”.
    Se contai l’apparentemente semplicistico apologo del bastone sulla realtà e sull’illusione è perchè questo tema fu dibattuto per secoli nelle comunità buddhiste sino-nipponiche, non solo di/battuto, ma anche battuto a colpi di spada, ti dico, pur tra monaci e compari e costò sangue.
    Tutto derivava dall’interpretazione, piuttosto errata, del termine sanscrito e pali “impermanenza” a quanto pare detto dal Buddha Sakyamuni e confuso col termine “illusione”.
    Non ricordo più i termini sanscriti se no te li citerei.
    La precisione del termine ed anche il suo etimo sono fondamentali per la chiarezza dell’espessione e del signi/ficato.
    MarioB.

  13. letturalenta says:

    MarioB, temo di non essermi spiegato bene. Diamo per risolta o irrilevante la questione dell’esistenza della rosa e concentriamoci sul discorso sulla rosa. Supponiamo per esempio che un antico poeta cortese abbia scritto una cosa del tipo:

    Rosa fresca aulentissima
    ch’apari inver’ la state
    le donne ti disiano,
    pulzell’ e maritate

    Egli ha potuto scrivere quei versi, mi sembra, perché la rosa ai suoi tempi si chiamava ‘rosa’. Si fosse chiamata ‘ircocervo’, la rosa, quei versi probabilmente non esisterebbero: ‘ircocervo fresco aulentissimo’ non è verso degno del poeta.

    Quel che diciamo, mi pare, è determinato molto più dalle parole che usiamo per nominare le cose che non dalle cose in quanto tali. Un discorso è possibile perché esistono le parole per formularlo, non perché esistono le cose indicate dalle parole.

    Detta altrimenti: per costruire un discorso l’esistenza delle cose di cui si parla è del tutto irrilevante. Prova ne sia, per esempio, che esistono fior di discorsi che hanno come oggetto la Patria o la Nazione o altre entità che mi sembrerebbe azzardato definire ‘esistenti’.

  14. cf05103025 says:

    compresi benissimo
    e me ne vo contento e d’accordo
    MarioB.

  15. >Di questa realtà – esistente o astratta che sia – si può dire qualcosa di sensato, di esatto, di vero?

    >Caro letturalenta, qui è una questione di pura ontologia. Prima di connotare la rosa dal punto di vista linguistico, tale rosa la devi vedere, ti ci devi imbattere. Non importa se si chiama rosa o irocervo (per ora, ovviamente).
    Si possono dire un sacco di cose sulla realtà a questo livello. Ed è solo questione di “oculistica”.

  16. fB says:

    > Lasciando perdere dialoghi, innatismi e categorie kantiane, direi che un primo passo (…) sia quello di parlare (…)
    > Il linguaggio viene un pò più tardi. Secondo me.

    Senza linguaggio, parlarne sar*agrave; difficile.

  17. fB says:

    > Lasciando perdere dialoghi, innatismi e categorie kantiane, direi che un primo passo (…) sia quello di parlare (…)
    > Il linguaggio viene un pò più tardi. Secondo me.

    Senza linguaggio, parlarne sarà difficile.

  18. Sì, ma le rose non esistono perché si chiamano rose. Esistono perché esistono. ontologia prima, linguaggio dopo. e ciò non vuol dire che il linguaggio non sia connotativo, almeno io non l’ho detto. Ma connota, appunto, non denota.

  19. letturalenta says:

    Chiedo: che senso avrebbe la frase ‘la rosa esiste’ se *prima* non si fosse deciso che ‘quel fiore lì’ si chiama ‘rosa’? Che prima della parola ‘rosa’ esista un fiore con stelo spinoso e petali concentrici mi sembra questione irrilevante: quella cosa lì non è una rosa finché non si decide di chiamarla ‘rosa’.

    Le rose esistono perché si chiamano rose. Se perdessimo la parola ‘rosa’ non ci sarebbero più rose, ma solo fiori con stelo spinoso e petali concentrici. Viceversa, se domani un insidioso parassita causasse di botto l’estinzione di tutte le rose del mondo, ma restasse la parola ‘rosa’, sarebbe ancora possibile un discorso sulle rose, esattamente come è possibile un discorso su dinosauri estinti da svariati millenni (e che peraltro all’epoca in cui esistevano non erano dinosauri, non esistendo ancora la parola ‘dinosauri’).

    Ciò detto, riporto a titolo di divagazione ludica una notizia che ho appena letto sul supplemento domenicale del Sole 24 Ore: è uscito un libro in due volumi intitolato “Theatrum Rosarum” a cura di Elena Accati ed Elena Costa, Umberto Allemandi editore, dove sono censite 6400 specie diverse di rosa, tutte felicemente viventi nel roseto “Carla Fineschi” di Cavriglia, in provincia di Arezzo.

  20. Non voglio tediare nessuno e non voglio avere l’ultima parola. Non se ne viene fuori: potrei a lungo continuare su ontologia e linguaggio. Pensa agli eventi: nel mondo fisico, certi rapporti sono ridotti a formule fisiche ma nel quotidiano io continuo a “incontrarli” (nel senso gestaltico del termine) anche se riesco a dar loro un nome. Ci sono prima di tutto. Ma non se ne viene fuori, “le opinioni son come le palle, ognuno ha le proprie”.

  21. …Era un “NON riesco a dar loro un nome”. Scusate…
    Sì, ho letto anch’io di quel testo sulle rose…

  22. letturalenta says:

    Non stai affatto tediando, cristianaeffe. Discutere è sempre una bella cosa: aiuta a tenere ben presente che difficilmente si ha completamente ragione o completamente torto :-)

    In questo caso ho come l’impressione che siamo andati un po’ in loop per il fatto che stiamo dicendo la stessa cosa mettendo l’accento su punti diversi. Io dico che senza la parola ‘rosa’ non esistono rose, ma solo ‘fiori con stelo spinoso e petali concentrici’. Tu diresti, se interpreto bene, che comunque noi possiamo incontrare ‘fiori con stelo spinoso e petali concentrici’ anche se non siamo ancora riusciti a dar loro un nome. E io sarei d’accordo.

  23. Esatto. E anche cose ben più complesse alle quali non solo non riusciamo a dare un nome (prima o poi ci si riesce), ma che un nome proprio non ce l’hanno.
    :-)

  24. letturalenta says:

    Certamente, e rilancio: non solo ci sono cose senza nome, ma anche nomi senza cose. L’altro giorno, per esempio, ho cavalcato un hypterodonte :-)

  25. Allora non ribatto più, mi hai decisamente battuta!

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