Libri che si vendono

Immagine tratta da www.viking.be/Photos/Paris/Bouquiniste-Paris.jpgIeri sera, mentre girovagavo per blog, mi è capitato di sentire questo signore dire queste cose qui sul tema Quando un libro si venderà?, lanciato il giorno prima da quest’altro signore. Rilanciato, in verità, dato che ne aveva già parlato qui.

Letto tutto? Bene. Ora, non più tardi di un mese e mezzo fa, capitava che il qui presente (niente link) umile lentore depositasse su questo medesimo blog – oggi onorato dalla tua graditissima ancorché veloce visita – un articolatissimo e ponderoso saggio pomposamente intitolato nientepopodimenoché Analizzare i giudizi dei lettori per identificare il profilo standard del testo narrativo idoneo al mercato.

Si trattava, come spesso capita da queste parti – di gioconda e divagata divagazione su un tema che altri – e Bhikshu in particolare – trattano evidentemente con la massima serietà.

Leggendo l’articolato intervento di Bhikshu su Vibrisse mi sono venute in mente due cose. La prima l’ho scritta nei commenti all’intervento medesimo (secondo link dall’inizio di questo post) e mi fa fatica ripeterla; la seconda mi è venuta in mente adesso e mi fa fatica scriverla nei commenti su Vibrisse, anche perché dovrei dare per scontata la lettura del mirabile saggio di cui sopra.

La seconda cosa è questa.

Bhikshu e il prof. Letturalenta, partendo da posizioni e intenzioni opposte, arrivano a conclusioni simili. Per il primo, infatti, i libri che vendono hanno queste caratteristiche:

Sono prodotti culturali che si basano su plot articolati ma finissimi, con personaggi impeccabili, stile elementare, collegamento a tendenze socio-culturali precise. Libri pensati per un target, insomma.

e ancora:

Credo infine che i "motivi per cui si parla di un libro" indicati da te (G.Mozzi, ndr) siano in realtà i motivi per cui certa narrativa funziona, mentre altra no. In quanto processo di comunicazione, cos’è la narrativa, se non una rappresentazione mediata, attraverso le vicende di un eroe, delle tendenze sociali di una determinata società in un determinato periodo storico?

Il prof. Letturalenta (che non sono io, a scanso di equivoci), sintetizza le conclusioni del suo saggio in questa tabellina:

Categoria di valutazione

Caratteristiche più idonee al mercato

Scrittura (stile)

Scorrevole, semplice, piana, priva di termini oscuri o inventati

Intreccio

Intrigante, colpi di scena, sorpresa

Tema (argomento)

Esotico, non comune, capace di incuriosire

Intonazione

Sentimentale, appassionante

Detto in breve: un libro (di narrativa, s’intende) per vendere molto deve soddisfare a priori le aspettative di un pubblico (target) adeguatamente ampio, poco esigente quanto a ricerca stilistica ma affamato di plot e temi intriganti.

Nella mia divagazione saggistica ho espresso il mio giudizio su questo tipo di narrativa in forma di lettera di un anonimo studente al prof. Letturalenta, di cui vado a riprodurre opportuno lacerto:

non posso fare a meno di notare che il profilo risultante dal suo studio è quello di un romanzo classificabile come tavanata galattica, letteratura da ombrellone, feccia paraletteraria, spazzatura narrativa, come solo può essere un testo narrativo del quale si possa simultanemente dire: scorrevole, semplice, piano, privo di termini oscuri o inventati, intrigante, colpi di scena, sorpresa, esotico, non comune, capace di incuriosire, sentimentale, appassionante!

Insomma, giusto per trarre una parvenza di conclusione da questo posticcio e aprire il dibattito, io ho come quest’impressione qua: per vendere molto è indispensabile pubblicare libri di merda.

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6 Responses to “Libri che si vendono”

  1. ed io che pensavo che le mosche fossero analfabete…!

  2. Damiano Zerneri ha fatto un bel pezzo sull’Ariosto in Garfagnana.
    Questo è il suo blog:
    http://www.livejournal.com/users/strindberg/

    Bart

  3. Bhikshu says:

    Luca, il tuo post è arguto e gustosissimo, mi ha divertito molto. Le conclusioni sembrano simili, ma secondo me non sono sovrapponibili. Credo che dovresti fare un riassunto del post e inserirlo in Vibrisse: sarebbe un contributo interessante (e provocatorio) sul tema. A presto.

  4. letturalenta says:

    Bhikshu, grazie per l’attenzione. Avevo già segnalato il saggio del prof. Letturalenta al colendissimo titolare di Vibrisse, che ne farà l’uso che ritiene più opportuno.

    Bart, scopro con piacere che Damiano ha un blog. Vado subito a sbirciare.

    Benefo’, ‘sta storia delle mosche t’ha impressionato proprio. Non sono analfabete, ma non han voglia o tempo di leggere, cosa questa che testimonia a favore della loro sanità di mente.

  5. dopo aver, lentamente, letto tutto, vado a sottoporre ad adeguato test i libri in mio possesso, temendo che pochissimi rispondano alle caratteristiche così lucidamente individuate dal Chiarissimo Professore. Che dite, li dovrò usare per accendere il caminetto? Ah, i bei tempi in cui ci pensavano gli altri, a bruciarti i libri…

  6. gabryella says:

    ehi, qui s’ipotizza che il lettore sia inetto?! suvvia! il lettoremedio è mica un imbranato: egli ascolta i consigli, è informato, sa svicolare il tedio, è selettivo, lucido, scafato..s’è conformato alla prassi corrente e, di fatto, ha ormai imparato a soppesare le valenze d’un libro – nell’acquistarlo, quasi sempre chiede “sì, sì, ma quanto è l’etto?”

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