– Salve lettore.
– Tu parli?
– Certo che parlo, perché ti stupisci? Mi stupisco fors’io del tuo parlare?
– Che un essere umano parli, invero, non fa meraviglia. Se si escludono i muti, gli afasici e i dementi, gli uomini si differenziano dagli altri animali per la capacità di parlare.
– Ti sembro forse un animale?
– No, in verità.
– E di che ti stupisci, allora? Se la capacità di riprodurre l’effabile con suoni articolati distingue l’uomo dagli altri animali, ciò non esclude che altri enti, non uomini e non animali, godano di analoga proprietà, ne convieni?
– Ne convengo.
– E dunque non dovrebbe farti meraviglia che un libro – che con tutta evidenza non è uomo e non è animale – parli.
– Dunque tu parli…
– Devo dire che non ti trovo particolarmente versato nell’arte di conversare, lettore: che io parli è un fatto, e non mi sembra argomento di particolare interesse.
– Noto una punta di sarcasmo nelle tue parole.
– Non mi dire…
– Cerca di capire, invece di prenderti gioco di me: ho avuto molti libri per le mani in vita mia, e mai hanno proferito parola o intavolato discussioni. Non posso dire che tacciano, questo no, ma non emettono suoni. I loro discorsi sono silenziosi e arrivano alla mente passando per gli occhi, non per le orecchie.
– Eppure io parlo.
– Questo è vero.
– Già…
– …
– E dimmi, lettore, come mi trovi?
– In che senso?
– Mi leggi con interesse? ti piaccio? apprezzi la mia struttura, la mia lingua, il mio stile?
– Tu sai che io ti sto leggendo?
– E perché non dovrei saperlo? Sono ore che mi sfogli, che riempi di ditate le mie pagine, che percorri con gli occhi le mie righe una a una: dovrei essere molto distratto per non accorgermi che mi stai leggendo.
– Non è così scontato: per accorgerti del mio diteggiare dovresti avere sensazioni tattili e per vedere i miei occhi che leggono dovresti a tua volta avere organi visivi. E non basta: per elaborare ciò che i sensi trasmettono sono necessarie terminazioni nervose e un cervello, cose che mal si accordano col tuo consistere di carta e inchiostro.
– Ho come l’impressione, lettore, che tu sia limitato…
– Adesso non cominciare a offendere!
– Lasciami finire. Dicevo, sei limitato da una visione materialistica e antropocentrica del mondo, ma lasciati dire che non tutto ciò che esiste è riconducibile a un modello umano: le parole non hanno corpo, per esempio, e le piante vivono benissimo senza cervello. I libri, prendine atto, non hanno bisogno di occhi per vedere, né di mani per toccare, né di orecchie per udire, né di lingua per parlare: eppure vedono, toccano, odono e parlano.
– E perché dovrei credere alle tue parole? Puoi dimostrare quel che dici? Quali prove puoi portare a sostegno di affermazioni palesemente in contrasto con la scienza, e con la biologia in particolare?
– Esistono forse prove più affidabili della tua esperienza? Tu stai conversando con me, sai che io ti vedo leggere e percepisco la pressione delle tue dita sulle mie pagine. Non dovrebbe servirti altro.
– Anche questo è vero.
– Bene. Ora che abbiamo appurato che so parlare e che so che tu mi stai leggendo – entrambe cose note fin dal principio, peraltro – puoi rispondere alla mia domanda?
– Quale domanda?
– Santa pazienza, figliuolo, la domanda che ti ho fatto poco fa, no?
– Non la ricordo.
– Non hai bisogno di ricordarla: è scritta poche righe più su, all’inizio del secondo capoverso della nostra amabile conversazione. Essendo tu un lettore sei in grado di leggerla, no?
– Ah già, che sciocco. Ma… un momento! Che diavoleria è mai questa? Com’è possibile che quel che ci stiamo dicendo qui e ora sia già stato scritto? Chi l’ha scritto? Quando?
– Santo cielo, lettore, ma proprio tutto bisogna spiegarti? E va bene, cominciamo dal principio.
– Tu sei un lettore, giusto?
– Sì.
– E chi sono io?
– Un libro.
– Esatto. Ora concentrati bene e dimmi: come si intitola questo nostro dialoghetto?
– Dialogo di un libro col suo lettore.
– Appunto.
– Appunto cosa?
– Appunto appunto, mio caro. Mi sembra evidente che tu e io siamo parte di un testo che tratta appunto di un dialogo fra un libro – che sarei io – e il suo lettore – che saresti tu. Che altro ti serve sapere?
– Vuoi dire che ora, in questo preciso istante, tu e io stiamo agendo all’interno di pagine che altri ha scritto?
– Che altri sta scrivendo, per l’esattezza.
– E dunque tutto ciò che facciamo e diciamo, le tue domande e le mie, le risposte, le percezioni sensibili e i ricordi, le intese e i fraintendimenti, tutto è deciso a tavolino da questo fantomatico scrittore?
– Esattamente.
– Ma allora noi non siamo liberi!
– E chi è mai stato libero a questo mondo, lettore?
– Ma è terribile!
– Oddio, forse non è l’apice del piacere e della felicità, ma ho visto di peggio.
– Ma non ti rendi conto? Se questo non meglio specificato scrittore che ci scrive decidesse all’improvviso che non è il caso di andare avanti, se posasse la penna e appallottolasse il foglio,
io possiedo un libro che mi ama spudoratamente: è capace di riscaldarmi, ed è perfettamente in grado di farmi addormentare – inoltre, si presta a sollevarmi il morale e perfino a tenere saldamente in asse alcuni suoi colleghi di libreria – purtroppo, insiste a dirmi che non sa cucinare..
Un libro senza qualità? ma davvero non sa cucinare?
ti va di lusso. i libri che parlano a me insultano solo.
Pezzo superbo. Stai collezionando scritti di grande bellezza e intelligenza, che meriterebbero una adeguata diffusione.
Mi auguro che qualcuno che conta si accorga presto della tua bravura.
Bart
Dialoghi…
Le persone parlano e scrivono. I libri sono scritti e vengono letti.
E se i libri potessero parlare? Forse direbbero qualcosa di simile: Dialogo di un libro col suo lettore.
……
Bartolomeo ha ragione.
Anche tu hai ragione: infatti ho aperto il Manuale di Aerobica di Jane Fonda e adeSso sto SsSsaltellando sul posto indossando una tutina di lycra fucsia.
1,2,3,4 – 1,2,3,4
bisogna starci attenti…
Ma allora non sono agnosico!
Ipa, leggi libri davvero screanzati!
Bart, come spiega Mauro più sotto, qui è pieno di gente che conta.
L’estinto, grazie del link. Vedo che ti interessi di filosofia. Se vuoi ti presento la ipa (virtualmente, s’intende).
Mauro, attento! Se la Fonda smette di scrivere il manuale, la tutina ti resta addosso per il resto dei tuoi giorni!
Il libraio, lieto che tu non sia agnosico. Essere gnosici, al giorno d’oggi, ha i suoi vantaggi!
Ma il libro con cui stai parlando lo scrisse per caso un argentino non più vedente? (e manco, ahilui, quando che lo poteva).
(P.S. fai conto che qui ho copincollato Bart. Fai conto)
oh, il rapporto tomo-lettore mi è particolarmente caro… http://blog.virgilio.it/weblog.php?idPostZoom=P42357c2638fe4 (è solo un pezzettino blasfemo, ma così, lo propongo lo stesso) :-)
daldivano
Lo scrisse un autore ispanico, CalMa, ma non sudamericano. E va bene, confesso: questo post è un omaggino -ino -ino a Don Chisciotte.
daldivano, la storia del ricettario gay è carinissima! :-)
nell’archivio in alto a destra, premendo prec e succ ci sono le altre puntate, ma sono tante, è una spy story, o un giallo o un nero, non so, non sono brava nel calzare i generi.
e adesso basta promuovermi, il tuo testo è molto bello, il fatto che finisca appallottolando il foglio apre al mistero di dove sia stato lanciato il cartoccio!
daldivano
ma c’è un entità metafisica che crea la vita, la fa essere, plasma il libro, gli dà corpo, lo anima, lo mette in riga, gli dà la giusta quadratura, e nessun libro, e nessun lettore, e nessuno dialogo siffatto sarebbe possibile, senza essa entità.
Altri lo chiama Domine Iddio, ma trattasi con evidenza del Rilegatore.
amo questo genere di scritture!!! :)