Si assuma come postulato iniziale e indimostrabile di questo profondo e imprescindibile saggio quanto segue: la pagina è bianca, la scrittura nera. Non dico, si badi bene, che questa caratteristica è osservabile in tutte le manifestazioni fenomeniche della scrittura. Dico piuttosto che l’idea prevalente di scrittura, radicata da secoli in strati profondi dell’inconscio, si presenta come segno nero su sfondo bianco.
Infatti, come diceva quello:
Se pareba boues
alba pratalia araba
& albo uersorio teneba
& negro semen seminaba.
Che sarebbe poi a dire:
Spingeva avanti i buoi (le dita)
solcava arando un campo bianco (la carta)
teneva un bianco aratro (la penna d’oca)
e seminava nero seme (l’inchiostro)
Nero seme seminava, appunto. Nero come la notte, come la sporcizia che s’accumula sotto le unghie, come il peccato. Scrivere equivale a diffondere le tenebre, a imbrattare uno spazio bianco, a violare una vergine. E se lo scrittore è diavolo, laido e stupratore, il lettore è il suo guardone. La scrittura è sadismo attivo, la lettura è sadismo contemplativo. Da qui la necessità di arginare per quanto possibile questo vizio che rischia di minare le fondamenta morali della società.
Un’azione di contrasto efficace deve agire sulle cause del male. È storicamente dimostrabile che la lettura è una forma di devianza molto più antica della scrittura. I primi lettori leggevano le viscere degli olocausti e i fiotti di sangue che, sgorgando dalle gole sgozzate, formavano arcani ideogrammi sugli altari sacrificali. Queste scritture essi leggevano con lasciva voluttà, sollecitando la moltiplicazione dei sacrifici per poter esercitare più spesso la loro perversione.
Queste prime scritture erano in un certo senso involontarie. Non era la mano dell’uomo a tracciare segni su supporti più o meno duraturi con inchiostri fabbricati ad arte. I segni si offrivano al lettore con naturalezza: gli attorcigliamenti dei visceri formavano geroglifici spontanei e il sangue delle vittime si faceva inchiostro da sé medesimo per soddisfare l’insana voglia di segni dei lettori.
Fu un lettore forte del neolitico a osservare per primo che i colpi di scudiscio assestati sulle schiene curve e ignude degli schiavi tracciavano sulla pelle segni di rara qualità estetica. L’intuizione che lo rese celebre presso i lettori delle tribù circonvicine fu che quei segni erano per la prima volta tracciati da mani umane. Al successivo congresso circondariale dei lettori fu deliberato un cospicuo finanziamento a un progetto di studio intitolato Riproducibilità e interpretazione dei segni tracciati dallo scudiscio sulla pelle degli schiavi. Fu creato un apposito centro sperimentale in cui nerboruti scudisciatori sferzavano schiavi appositamente destinati allo scopo, mentre i lettori discutevano sul significato dei segni, riproducendoli con sottili bastoncini in vaschette rettangolari riempite di sabbia bianca e sottile: era nata la scrittura.
Essendo dimostrato che la scrittura è conseguenza della lettura, e non viceversa come comunemente si crede, è evidente che un’azione efficace per la difesa della società civile da entrambe queste aberrazioni deve partire dalla lettura. Anche i lettori odierni sono attirati dal segno nero, notturno, umbratile e perverso che vìola il candore della pagina. Eliminando progressivamente questo fattore si arriverà in tempi ragionevoli a estirpare del tutto questi due vizi immorali.
La soluzione che qui propongo ha la forza della semplicità: essa è facilmente implementabile dall’industria editoriale e improntata alla cautela necessaria per ottenere il risultato finale senza traumi. La soluzione si articola in fasi alle quali non impongo una durata prefissata: l’inizio di ciascuna fase successiva alla prima dipenderà dalla misurazione dei risultati ottenuti con le precedenti.
Fase 1. Ingrandimento progressivo dei caratteri a stampa, mantenendo costante il numero delle pagine. Questa fase ha come obbiettivo quello di aumentare impercettibilmente la proporzione di nero percepita dal lettore durante il normale esercizio della sua perversione.
Fase 2. Diminuizione progressiva del numero di pagine, continuando ad aumentare le dimensioni dei caratteri. Oltre a consolidare gli effetti della fase 1, questo procedimento abituerà progressivamente il lettore ad assumere dosi assolute di scrittura sempre più basse.
Fase 3. Pubblicazione esclusiva di libri composti da una sola pagina nera.
È sottinteso, ma credo sia mio dovere esplicitare, che la soluzione qui proposta non comporterà una diminuizione del prezzo di copertina dei libri, che anzi potrà gradatamente aumentare man mano che si affermerà una nuova concezione della lettura intesa come pura contemplazione del nulla, con il conseguente azzeramento della carica immorale ed eversiva della concezione attuale.
Tags: indovinello veronese, Libri, prof. Letturalenta, scrittura
così s’agevolerebbe anche l’eventuale attività recensoria, che potrebbe sintetizzare in un’unico giudizio critico (breve, chiaro, incontestabile, asciutto e, soprattutto, permanente) qualsivoglia libro, con conseguente crollo dell’oziosa conflittualità tra opere pregevoli e débâcle autorali
Eh già, alla fine tutto si tiene. Le soluzioni del callido prof. Letturalenta sembrano campate in aria, ma in realtà sono costruite su solidissime basi scientifiche. Non capisco perché gli editori esitino ad adottarle (anche se, a ben guardare, non è da escludere che le stiano già adottando…)
Sono entrato ora, è ho letto poco, solo ora. Ed io che credevo d’essere maestro! Mi sono trovato discepolo. Interroghererò subito i dieci gatti e i tre cani che mi tengono prigioniero, già nemici ma uniti nell’intento; chissà se daranno ascolto? Chissà se dopo tanti anni di così dura condizione(sei di quarantasei) mi daranno udienza? Ma l’argomento certo vale il rischio (il loro incurante sguardo) Proverò comunque questo rischio, pronuncerò Hypterodante. Avevo scritto, un innoquo inutile, pedante romanzo dimenticato, e dimenticabile che si chiamava (assai, molto assai presuntuosamente) esistenza pigra e lenta. Per questo credevo d’essere maesto. Se avrò risposta dai miei padroni non esiterò in tutta verità ad esporre. Michele ormai discepolo.
Michele, non ho capito se ti dichiari discepolo del prof. Letturalenta (tipo tutt’altro che raccomandabile, da’ retta) o dell’hypterodonte. A prescindere da questo, benvenuto.
Non ho capito bene ma riporto: “Chi si mette su un punto, diventa giudice delle rette.” Non ho capito (naturalmente) ma mi sono addentrato lentamente nel significato. Nulla, solo una pagina completamente nera, neppure un carattere (io non ho memoria mia, prendo tutto a prestito da pagine di libri altrui). Ma devo sottolineare, che il gatto che aveva pronunciato la frase incomprensibile, (forse agli umani, o forse alla memoria mia colpita da non so quale epidemia) era sdraiato-seduto su un volume di Kandinsky biblioteca Adelphi 16 punto linea superficie dodicesima edizione gennaio 1989. Poi siccome sono uomo di picco e zappa, le mie mani ormai deformate dal lavoro (oltre alla mente) mi sono accorto di aver proferito parola sbagliata (nel riscriverla per pronunciarla, per timore, o forse per troppo timore, ho scritto una a, invece di una o) dissi infatti ai miei carcerieri HypteroDANTE e non HypteroDonte, ed ora credo che non sarà più d’aiuto.
Ma come ti vengono in mente, Luca? :-)
Bart
L'”alba pratalia araba” è un falso ottocentesco, neh…
Io un libro dalle pagine nere lo possiedo da anni, ma è macchiato da caratteri bianchi, disposti a mo’ di scrittura.
Bart, non vengono in mente a me, ma a quel sottoprodotto della cultura editoriale nostrana che si autoproclama professore.
fb, se è un falso pure l’indovinello veronese allora ditelo eh, che chiedo la cittadinanza kirghisa. C’è bisogno di certezze, diamine.
La possibilità di tracciare segni bianchi sulle pagine nere è il punto debole della teoria qui presentata, e credo che il prof ci stia lavorando.
L’indovinello veronese falso? E da quando?
P.s.
E non si risponda: Dall’Ottocento. :-D
Dopo la zanzara della malaria negli anni sessanta presso alcune zone umide e certamente nell’agro pontino dimorò un insetto simile alla zanzara ma di dimensioni ben maggiori. L’essere, non classificato, una volta inoculato il suo micidiale veleno alle vittime faceva cadere i malcapitati in uno stato di oblio (primi sintomi) in seguito: perdita della coscienza, abbassamento della soglia razionale, stati di allucinazioni sempre progressive, demenza precoce, perdita della facoltà dello spazio-tempo ed infine perdita della memoria. Alcune ipotesi sono al vaglio degli esperti ma a tutt’oggi nessuno ha saputo individuare l’insetto vertrebrato o no in oggetto. I malcapitati nel primo stadio (oblio)hanno dichiarato che l’animale era fornito di pungiglione uncinato (come amo da pesca) e il corpo era ricoperto da piume, tanto da farlo sembrare in tutto ad una esca artificiale. Gli esperti italiani non hanno dato molto credito a questi resoconti visto lo stato degli infermi. MASSIMA URGENZA prelevare tale insetto. Egregio Sig. Letturalenta questo documento sgrammaticato mi è pervenuto (spiegherò in seguito meglio) dal capobarca Marco Pinzocchi, ora in pensione, usciere presso la base NATO di Gaeta. L’uomo ne ha avuto copia dopo lo smantellamento di tale base presso alcuni bidoni dell’immondizia. E’ stato attratto dalla dicitura Top Secret in evidenza (rosso). Velina in inglese e traduzione approssimativa in italiano con la dicitura Segretissimo Nato (rosso sbiadito). Egli sostiene che alcuni specialisti americani siano intervenuti in seguito (sempre anni sessanta) e siano riusciti a catturare tale essere portandolo in una base segretissima in America. Ora dal mio punto di vista il fatto e totalmente privo di interesse (sono un affermato imprenditore agricolo). Purtroppo controllando il mio compiuter ho trovato nel suo interno file a dir poco deliranti. Come se io stesso manifestassi sintomi di schizzofrenia. Fortunatamente un mio caro amico di infanzia è un noto psichiatra di fama così nel fine settimana mi sono rivolto a lui. Il medico avendo in cura alcuni pazienti schizzofrenici con manifestazioni analoghe alle mie ha ritenuto opportuno praticarmi l’ipnosi profonda. Ignoro a tutt’oggi quanto accaduto nella seduta. Per questa ragione mi rivolgo a lei, le invierò al più presto un file a dir poco bizzarro che ho trovato nel mio calcolatore. Perdoni il mio stato d’aggitazione. Ma dopo aver visto inoltre due commenti (forse inviatovi da me) sul suo blog ho temuto e temo per il mio stato mentale. Michele
Io agisco non come uomo “io” ma solo come uomo succube d’una memoria che non ho. Sono costretto al pensiero altrui. Pensieri letti dai libri che mi sono vicini. Ho letto qui Hyperodonte, non so perchè, ma ho cercato tra le pagine dei miei libri, nulla mi hanno detto. Così con il libro del marchese (Sade) nella bisaccia sono andato ad interrogare in serra la flora. Essendo io uomo senza memoria quindi senza onore, le piante con me parlano, comunicano. Da uomo senza memoria che sono non ho perso tempo, pur non avendo avuto mai del tempo; ho scelto tra le piante tre cycas revoluta due maschi una femmina. E’ questa specie più antica, Loro c’erano già al tempo dei grandi lucertoloni ed sono rimaste così, da sempre. Ho intimato loro di parlare, la parola pronunciata da me Hypperodonte li mise in un imbarazzo evasivo. Li feci torturare. Due miei sottoposti indiani uomini esperti in questa antica arte, provvidero subito. Non racconterò qui le cose immonde che vidi praticare. I maschi perirono senza profilar parola su l’hYperodonte. Non per imperizia dei due, operano la tortura con serena innocenza (da veri professionisti), ma perchè forse il segreto era più prezioso delle loro vite. La femmina di cycas assistette a quello scempio, volevo preparare il giusto stato d’animo. Fui subdolo e da vero scrittore sadico che sono le promisi la peggior tortura che si possa praticare ad una femmina. Gli dissi che l’avrei ibridata, così che i suoi figli ed i figli dei suoi figli non sarebbero stati più cycas revoluta. E chiamai i “fottitori” tre nerboluti di chamaerops humilis, la poverina veduti i tre umili della pegior specie, consapevole che gli avrei distrutto il presente e annullato per sempre il futuro della sua stirpe, parlò e disse tutto. Prima di raccontare quello che ha detto su Hyperodonte, (ho scritto tutto parola per parola) voglio sapere se la cycas ha detto la verità o ha mentito. Lei potrà confermarmelo. A Milano, città dei longobardi, ecc,ecc, oggi c’è una fiera del libro antico dove vi è il manoscritto (non dattiloscritto) dell’Aleph di J.L. Borges. Ora al centro di tale racconto e precisamente quando Luis dice ed io vidi l’aleph, e nell’aleph l’aleph vi è la parola Hyperodonte sottolineata. Ora sono stato molto fermo con la cycas e gli domandai: sottolineata o cancellata? Lei mi disse che era sottolineata. Primo, come mai alle stampe non è andata la parola Hyperodonte? Oppure, come mai Luis, ha ritenuto non darla alle stampe? Ho censura ha compiuto quest’atto immondo? Prego lei letteralenta, di andare in questa strana città citata (io non posso i miei padroni cani-gatti non mi concedodo alcun svago) per consultare questo manoscritto e verificare se vi è la parola menzionata sottolineata o meno. Se si, dirò tutto quanto è in mio avere così come trascritto dalla voce antica della cycas femmina se no, la cycas seguirà la sua sorte ed io la mia. Michele
> L’indovinello veronese falso? E da quando?
Forse non un falso “ottocentesco” come la fibula prenestina.
Ho letto la cosa nei mesi scorsi, con mio grande sconcerto, ma a causa dei casini multipli che ultimamente mi stanno travolgendo non ricordo assolutamente dove, né quale possa essere l’attendibilità della cosa.
Abbastanza attendibile da sconcertarmi, comunque. Se ben ricordo, ma in questo momento non garantisco nulla, c’è di mezzo l’analisi chimica dell’inchiostro utilizzato.
callidissimo Professore,
no, no e poi no!
E’ da anni che combattiamo con veemenza la sua corrente di pensiero, detta della Costola d’Ebano, per affermare l’unica verità possibile, quella della scuola detta della Costola d’Avorio (con sede sociale in Africa).
In realtà lei, pur partendo da presupposti esatti e condivisibili, giunge a una soluzione errata.
La liberazione dal male dovrà avvenire non già dilatando il corpo dei caratteri, espandendo quindi il nero orribile, ma anzi, dilatando gli spazi bianchi, interponendo prima tra parola e parola, e poi tra lettera e lettera, spazi vuoti sempre maggiori, fino ad avere la prima lettera sulla prima pagina, e la seconda sull’ultia, e in mezzo un voluminoso tomo di pagine biache – l’ultimo passo, il tomo bianco del tutto.
Con affettazione, suo
Adamo (quello della Costola)
illuminato amico Adamo Della Costola,
condivido pienamente la di Lei legittima alterazione nervosa – di più: opino che un’eventuale e sconsiderata dilatazione del corpo dei caratteri potrebbe comportare un’indesiderata deflagrazione nonché parcellizzazione dei medesimi, con conseguente “effetto sputacchio” sul candore della pagina e puranco sul lettore, provocandogli disorientamento e sconcerto (oltre a macchiargli quasi certamente la cravatta)
si abbia le mie più cordiali prese di posizione
Eva Costoletta Dabbacchio
La questione è in effetti controversa, inutile negarlo. Mi limito a notare che la pagina nera scoraggerebbe con maggiore efficacia la tentazione di riempire il foglio con scarabocchi – o peggio, scritture – cosa questa che rischierebbe di far rientrare dalla finestra i vizi appena scacciati dalla porta.
Infatti è noto che sul totale generale di biro, lapis e penne a sfera in circolazione, l’incidenza di nero e blu – entrambi quasi o affatto invisibili su sfondo nero – è elevatissima.
Certo, resterebbe alto il rischio per chi usa abitualmente pennarelli, gessetti, pastelli, tempere, acquerelli, aerografi e altri simili ordegni scrittòri multicolore, ma costoro sono una minoranza della popolazione, e quindi più facilmente isolabili ed eventualmente recludibili in apposite galere in caso di recidiva.
anche io ho tanti gatti e 3 cani a casa del mio papà……
mi manca poco e poi ho pure il graduation il 27 di maggio!
speriamo di passare
ufff
cmq non riesco a trovare fabula
visto che questo post oggi è citato (chez strofa), rinnego questo: “un’unico giudizio critico”, depositato con incauta leggerezza nel primo commento
Alessandro non faceva mai ciò che diceva . Cesare non diceva mai quello che faceva….