Prima furono individuati, catalogati, schedati. Poi la propaganda di regime cominciò a dipingerli come causa di tutti i mali, esseri spregevoli, cancro da rimuovere. Poi furono privati dei beni, del lavoro, dei diritti civili. Poi usarono il ricavato delle espropriazioni per finanziare un meccanismo burocratico finalizzato ad espellerli una volta per tutte.
Gli ebrei furono trattati così dai nazisti e dai fascisti, molti anni fa.
Mai più!
Mai più? Come vengono trattati oggi — oggi, dico — come vengono trattati i rom, i sinti, gli immigrati? Quanti di noi sono rabbrividiti ascoltando un ministro della repubblica italiana dire che gli immigrati regolari devono pagare un tributo per finanziare l’espulsione degli irregolari? Chi di noi ha avuto paura — per sé stesso, dico, per i propri figli — quando quello stesso ministro chiamava “censimento” la schedatura di migliaia di rom e di sinti?
In quegli anni lontani, quando a partire dal 1933 gli ebrei furono ridotti in miseria e chiusi nei ghetti, i bravi cittadini applaudirono. Poi, il 27 gennaio 1945, fu loro mostrato l’orrore dei campi di sterminio. I bravi cittadini dissero: noi non lo sapevamo, noi siamo innocenti.
Cala il tramonto sull’ennesima giornata della memoria, sull’ennesimo coro di mai più! intonato da bravi cittadini che per il resto dell’anno applaudono chi si accanisce sulla miseria degli ultimi. I bravi cittadini che per tutto l’anno equiparano immigrati e “zingari” a un cancro da estirpare.
E gli ebrei?
Che senso ha commemorare sei milioni di ebrei morti per poi vomitare quotidianamente veleno su quelli vivi? Quanto sono smemorati quelli che versano una lacrimuccia annuale sulla Shoah e dedicano il resto dell’anno a bruciare bandiere israeliane, imbrattare sinagoghe e cimiteri ebraici, accostare il Maghen David alla svastica, negare a Israele il diritto di esistere come stato ebraico?
Anche oggi, come già un anno fa, il presidente Giorgio Napolitano ha ricordato che l’antisionismo è una nuova forma di antisemitismo e che occorre vigilare perché questo virus non faccia presa sulla società italiana. Qualcuno si ricorderà delle sue parole da qui al prossimo 27 gennaio?
Chi avesse ancora dei dubbi sull’identità fra antisionismo e antisemitismo potrà trarre giovamento dalla lettura di questa notizia che ho appreso dal blog di Deborah Lipstadt, la studiosa che ha segnato l’inizio della fine per il negazionista David Irving.
La notizia, in breve, è che uno dei maggiori negazionisti della Shoah ha deciso di cambiare mestiere, consapevole del fatto che il negazionismo ha perso la sua battaglia contro gli storici autentici. E che mestiere ha deciso di intraprendere questo negazionista frustrato dall’insuccesso? Semplice: farà l’antisionista. E, come commenta la Lipstadt, è tristemente facile prevedere che la sua nuova carriera sarà più gratificante.