Chiosa al disvelamento paratestuale di Hilarotragoedia (seconda edizione)

December 6th, 2008

Chiosa –> spiegazione, interpretazione. Così recita la sbiadita nota a margine della mia copia di Hilarotragoedia, seconda edizione del 1972. L’ignoto lettore che mi precedette nel possesso del volume non ha lasciato altri esempi della sua calligrafia. Riesco a immaginarlo, pensoso e perplesso, togliere dalla libreria un ponderoso dizionario, cercare con impegno la parola misteriosa, e infine trascrivere a matita sul libro un sunto in due parole della definizione appena scoperta.

Nel momento esatto in cui annotò, l’anonimo annotatore appose a sua volta una chiosa al testo di Manganelli, e per di più a un capitolo intitolato dall’autore chiosa del precedente. Questa chiosa al quadrato è molto manganelliana e particolarmente adatta a un libro che è anche una parodia di certa trattatistica erudita non avara di glosse, note a margine e commenti.

E come tutte le chiose che si rispettino, anche questa contiene un enigma. Perché mai quel lettore invocò il soccorso del dizionario soltanto per una parola tutto sommato non inconsueta? Possibile che solo quella gli procurò un brivido di incomprensione? Colse forse senza bisogno di sussidio alcuno il senso di fràngole e tecche, che avrebbe letto di lì a poco? Possibile che abbia assimilato al primo colpo i ciambreri, le illecebre, gli spiralanti ecatodentati?

La telecamera

December 2nd, 2008

a c.c., g.m., l.w.

Posso sfruttare, in quanto telecamera, un punto d’osservazione non privo di vantaggi: quello di poter vedere senza essere vista, per esempio. O per meglio dire: il vantaggio di essere vista da tutti senza che qualcuno immagini che io possa a mia volta vedere. Meglio ancora – giacché una telecamera vede, e tutti lo sanno – il vantaggio di essere ritenuta inabile a eternare in parole ciò che vedo.

La sala si è popolata di individui di vario sesso ed estrazione sociale, ma tutti accomunati da una postura distratta e pensosa, fatta di movimenti lenti e sguardi diretti a punti imprecisabili del soffitto. Sul palco c’è un signore con pochi capelli bianchi sulla nuca, giacca aperta su una camicia a righe, senza cravatta. Un largo sorriso perenne, quasi benedicente, parte dalle sue labbra carnose per cadere benigno su ognuno degli astanti: egli è il critico. Alla sua sinistra (la destra per me che osservo) siede lo scrittore dai folti capelli, neri come la montatura quadrata dei suoi occhiali, felpa verde su pantaloni chiari di fustagno.
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Incubo

November 24th, 2008

Ho sognato che Veltroni presentava l’ultimo libro di Bruno Vespa.
A Roma.
Nella sede del quotidiano Il Tempo.
Assieme a Pier Ferdinando Casini.
Veltroni faceva i complimenti e le moine a Vespa.
Vespa chiamava Veltroni “Walter”, e Casini “Pier”.
Si davano tutti del tu.
Sembrava una rimpatriata fra vecchi amici.

Mioddio.

Poi ho scoperto che non era un sogno.

Disvelamento paratestuale di Hilarotragoedia (seconda edizione)

November 22nd, 2008

Giorgio Manganelli, HilarotragoediaLa seconda edizione di Hilarotragoedia — ancora Feltrinelli e ancora collana “I Narratori”, 1972 — è molto diversa dalla prima. Si tratta sempre di edizione rilegata, con copertina rigida in cartone, ma questa volta priva di sovracoperta. Il prezzo di copertina riportato in quarta è di Lire 2.200, contro le 1.700 del 1964.

Sparisce purtroppo il delizioso, notturno e anacronistico ritratto dell’autore che ornava la prima edizione, cedendo il passo a un’elaborazione grafica di Miki Toshihiro composta da nove cilindri colorati tra il fucsia e l’arancione su sfondo nero, e decorati con segni tra il geometrico e l’alfabetico che producono un effetto non molto distante dalle emoticon, le mitiche “faccine” sorridenti, perplesse, incavolate o tristi che da più di vent’anni in qua caratterizzano le comunicazioni elettroniche dell’universo mondo.

Niente sovracoperta, niente bandelle, e manca anche il segnalibro-prefazione della prima edizione. Il contenuto di questi supporti paratestuali scomparsi è trasferito all’interno del libro. In terza pagina ritroviamo la prefazione di pugno dell’autore, preceduta da una brevissima nota biografica diversa da quella dell’edizione precedente:

Giorgio Manganelli è nato a Milano nel 1922. Attualmente vive a Roma. Presso l’editore Feltrinelli nel 1964 apparve la sua prima opera Hilarotragoedia, pubblicata anche in tedesco, e nel 1967 Letteratura come menzogna. Quasi contemporaneamente a questa seconda edizione uscirà presso l’editore Einaudi (che già nel 1969 pubblicò Il nuovo commento) una raccolta di scritti dal titolo Agli dei ulteriori.

L’elenco di titoli pubblicati nella collana “I Narratori” — che era in bandella nella prima edizione — qui è spostato nelle ultime pagine, subito dopo il testo. Manca del tutto la classica formula “finito di stampare”, solitamente unita a una data e al nome della tipografia, che invece era presente nell’edizione del 1964.

Ultimo grande assente è il testo della quarta di copertina della prima edizione, sacrificata probabilmente alla logica ferrea dell’ubi maior minor cessat, essendo la quarta di questa edizione firmata da Italo Calvino. E lo scriba che è in me non può resistere alla tentazione di trascriverla pedissequamente:

Animato dalla “balistica discenditiva” che è uno dei suoi temi principali, questo libro precipitò come un meteorite dai cieli poco nuvolosi della nostra letteratura dei Late Fifties nei mari fortemente mossi degli Early Sixties, annuncio d’una stagione delle lettere italiane carica di perturbazioni atmosferiche, ma soprattutto fenomeno vivente che non avrebbe cessato di sbalordirci, fuor di tutti i calendari e le effemeridi, per una carica aggressiva che è lungi dal decrescere.
Da allora l’Hilarotragoedia continua dinanzi ai nostri occhi ipnotizzati a discendere chinare calare digradare dirupare piombare, tutti verbi che nella prospettiva lessicale del libro significano il più trionfale adempimento d’un destino. Era entrato in scena Giorgio Manganelli, personaggio unico nella letteratura nostra e altrui, somigliante solo e unicamente a se stesso, colui che sarebbe diventato il teorico e il critico della Letteratura come menzogna, l’autore che dal testo oggi raro del Discorso sulla difficoltà di comunicare coi morti al più divulgato Nuovo commento ha continuato a tessere una ragnatela sempre più sottile e a caricarla di tutti i plinti i capitelli le metope marmoree che i suoi scavi linguistici e iconici e sapienziali portano alla luce.
Se la formula del libro è quella del trattato, lo spazio che esso viene costruendo intorno a noi (fin dal titolo, che “ripete il nome di un’antica rappresentazione eroicomica”, come avvertiva la presentazione di copertina) è quello d’un teatro, teatro d’un’architettura composita tra il rinascimentale e il barocco con qualche merlettatura di neogotico, teatro dotato pure di una cupola zodiacale come un planetario — solo che questa cupola è rovesciata verso il basso –, teatro dedicato ai virtuosismi di un unico primattore: il linguaggio. Sulla scena manganelliana, il linguaggio dà spettacolo di se stesso, è esso stesso scenografia, macchina scenica, gioco d’acqua, fuoco d’artificio, prestidigitazione, acrobazia capriola sberleffo. Vocaboli imprevisti, metafore rapinose si susseguono col ritmo di un accesso d’ilarità prorompente, ma già per le crepe di quel terremoto interiore che è il riso ci addentriamo nell’ombra di cachinni sempre più cupi fin quasi a sbucare all’altro polo dell’ossimoro, alla tragedia. Nel centro o estremo nadir del trattato-teatro un dotto umanista, circondato dagli angeli neri dell’umore atrabiliare e dell’inchiostro erudito, rovescia come un guanto l’immagine trionfalistica dell’uomo e ne dimostra la natura derisoria e grottesca, (infierendo sempre di più, fino all’episodio della visita della madre, e a quello del non nato) non senza proporre grandiose mappe dell’animo umano (l’io e gli eidola) o del cosmo (il mondo come Ade) degne di un filosofo gnostico, per approdare alla tenebrosa illuminazione quasi taoista dell’Ade come buco nell’universo.

Italo Calvino

Villari

November 21st, 2008

LOL!

Un medico che sputa sentenze

November 20th, 2008

Dice il professor Franco Cuccurullo, docente di Medicina interna e presidente del Consiglio superiore di sanità:

«Eluana non muore della patologia da cui è affetta, muore di fame e di sete. Anzi viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia».

E aggiunge:

«Siamo di fronte a grandi contraddizioni: povera figlia, non è una vita che si spegne, ma che viene spenta. Io non conosco le condizioni cliniche specifiche, e quindi non mi posso pronunciare oltre un certo limite».

Dice la sentenza 27145/2008 della corte di Cassazione:

«Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale». (pag. 6)

E aggiunge:

«Nel decreto del luglio 2008, avverso cui è ora ricorso, quei giudici — pur ritenendo estraneo al giudizio di rinvio l’accertamento della precondizione di irreversibilità dello stato vegetativo della Englaro (anche perché già effettuato nella precedente fase di appello e non impugnato, e comunque condiviso dallo stesso P.M. intervenuto in causa nel suo parere conclusivo) — hanno, ciò nonostante, reputato “doverosa, data la gravità, importanza e delicatezza della decisione da assumere”, una autonoma verifica, in quella sede di rinvio, delle condizioni cliniche di Eluana Englaro». (pag. 12)

Boh, sarò strano, ma tra un medico che sputa sentenze senza conoscere il quadro clinico e giudici che si esprimono solo dopo aver valutato attentamente il parere dei medici, tendo a fidarmi di più dei giudici.

Ricapitolando

November 19th, 2008

Da un lato abbiamo Walter Veltroni — il segretario del maggior partito di opposizione — molto impegnato a salvarsi il cu…, ehm, la faccia dopo aver consegnato al leader dello schieramento a noi avverso una delle più nette vittorie politiche degli ultimi vent’anni: Berlusconi non voleva Leoluca Orlando alla presidenza della commissione di vigilanza, ed è riuscito a non averlo senza spezzarsi nemmeno un’unghia, mentre il PD si macerava in penose lotte intestine.

Dall’altro abbiamo Famiglia Cristiana, che in un editoriale di Beppe Del Colle assume ancora una volta il ruolo di massima istanza di opposizione alle scellerate velleità securitarie del nostro Berija in sedicesimo, il ministro dell’interno Roberto “Dagli Al Barbùn” Maroni.

Non c’è che dire: siamo messi proprio bene…

Una perplessità sul ddl Veronesi (testamento biologico)

November 13th, 2008

Il senatore del PD Umberto Veronesi — che come tutti sanno è anche un medico di chiara fama — ha presentato al Senato un disegno di legge sulle Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di volontà. In breve, il DDL intende regolare il diritto a rifiutare trattamenti sanitari che prolungano artificialmente la vita, anche mediante una ‘dichiarazione anticipata di volontà’, meglio nota come testamento biologico.

Al di là di qualche tentennamento linguistico, il succo della proposta mi sembra buono, soprattutto perché include esplicitamente le tecniche di idratazione e alimentazione artificiale fra i trattamenti rifiutabili.

Mi lascia invece perplesso il primo comma del nono e ultimo articolo, intitolato Rispetto della volontà, che recita:

Medici e operatori sanitari sono tenuti a rispettare le volontà espresse anticipatamente dalla persona. Qualora il medico non condivida il principio del diritto al rifiuto delle cure, si astiene dal curare il malato, lasciando il compito assistenziale ad altri.

Un giro di parole per dire che la legge ammette l’obiezione di coscienza.

Ora, l’articolo 32 della Costituzione dice: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. A me sembra proprio che questo articolo sancisca il diritto di ciascuno a rifiutare determinate cure, fatti salvi i trattamenti sanitari obbligatori, quindi la mia perplessità è questa: un medico può opporsi a un principio sancito dalla Costituzione? E se non può farlo, può una legge dello stato prevedere l’ipotesi contraria?

Comunque, mentre io m’arrovello con le mie perplessità, oggi la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Milano contro la sentenza d’appello che aveva autorizzato l’interruzione dell’alimentazione artificiale di Eluana Englaro. La considero una buona notizia.

Disvelamento paratestuale di Hilarotragoedia (prima edizione)

November 9th, 2008

Giorgio Manganelli ha lasciato alle patrie lettere un numero smisurato di opere d’ogni genere, dalla letteratura di finzione ai reportage di viaggio, dagli articoli di costume a quelli di critica letteraria, senza contare le traduzioni, le opere teatrali, le collaborazioni radiofoniche. Tanto copiosa e tanto varia, la sua produzione, che a volerla anche soltanto illustrare per sommi capi servirebbe una ponderosa monografia.

E non essendo questo il luogo più adatto ai trattati, né essendo chi scrive intenzionato a scriverne, in questo post e in altri a venire (non si sa quando) non andrò oltre l’opera prima del Nostro, e per di più mi fermerò rispettosamente sulla soglia della medesima: copertine e paratesti di tre diverse edizioni.

Giorgio Manganelli, HilarotragoediaSulla sovracoperta della prima edizione di Hilarotragoedia (Feltrinelli 1964) è impresso un curioso ritratto fotografico dell’autore, in posa e abbigliamento che ricordano vagamente un investigatore da romanzo hard-boiled: cappotto di panno scuro ornato da un foulard grigio cenere a quadretti, cravatta nera a pois, cappello nero a tesa larga leggermente sulle ventitrè. Gli occhiali quadrati con mezza montatura scura sovrastano un naso enorme e ricurvo, che a sua volta incombe su un paio di baffi non troppo folti. Lo sguardo è leggermente strabico — diritto nell’obbiettivo l’occhio sinistro, perso nel vuoto il destro. Completa il quadro una certa ostentata pinguedine del soggetto. Sullo sfondo un grappolo giallo di luci sfocate, forse a sottolineare la vocazione marcatamente notturna del libro.

La bandella sinistra funge quasi da didascalia della foto sul piatto:

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Giorgio Manganelli è nato a Milano nel 1922. Vive attualmente a Roma dove insegna e si occupa di letteratura inglese. Come critico ha collaborato a L’illustrazione Italiana, Paragone, Il Verri e al Terzo Programma della RAI.

in sovracoperta: Giorgio Manganelli
fotografia di Paolo De Antonis (1963)

impaginazione: U. Brandi
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Giorgio Manganelli, HilarotragoediaLa parte bassa della bandella sinistra e tutta la bandella destra sono occupate da un elenco di autori pubblicati nella collana “I Narratori” di Feltrinelli. Nell’angolo basso della bandella destra è riportato il prezzo di copertina di 1700 lire. La funzione di soglia o frontespizio della sovracoperta è completata dalla quarta di copertina, che ho già riportato in un altro post. La copertina è di cartone e di colore incerto, una specie di grigio con ambizioni violacee, e reca in alto una riproduzione della firma di Manganelli.

L’apparato paratestuale della prima edizione comprende anche un segnalibro in cartoncino sottile sul quale è stampata una sorta di prefazione ironica scritta dallo stesso Manganelli, cha vado qui a trascrivere con piglio d’antico amanuense:

Il libretto che qui si presenta è, propriamente, un trattatello, un manualetto teorico-pratico; e, come tale, ben si sarebbe schierato a fianco di un Dizionarietto del vinattiere di Borgogna, e di un Manuale del floricultore: testi, insomma, nati da lunga e affettuosa frequentazione della materia, compilati con diligente pietas da studiosi di provincia, socievoli misantropi, mitemente fanatici ed astratti; e segretamente dedicati alle anime fraterne, appunto ai capziosi delibatori, ai visionari botanici o, come in questo caso, ai rari ma costanti cultori della levitazione discenditiva. L’autore, umile pedagogo, ambisce alla didattica gloria di aver, se non colmato, almeno indicato una lacuna della recente manualistica pratica; parendogli cosa stravagante, che, tra tanti completi e dilettosi do it yourself, quello appunto si sia trascurato, che ha attinenza con la propria morte, variamente intesa. Come si usa, e non senza peritosa compunzione, si additano qui taluni modesti pregi del volumetto, che forse lo differenziano da altri consimili trattati, anche più solenni: la definizione di concetti dati troppo spesso per noti, come balistica interna ed esterna, angosciastico, adediretto; l’aver proposto una nuova, e a nostro avviso, pratica e maneggevole classificazione delle angosce; arricchita, inoltre, di un Inserto sugli addii, che a noi pare non infima novità della opericciuola; l’inclusione nel discorso di cervi e amebe, a sottolineare il carattere più che semplicemente umanistico dell’impostazione; e, soprattutto, aver raccolto e presentato alcune diligenti e non esigue documentazioni, non senza abbozzo di commento, che consentiranno di verificare le enunciazioni della parte teoretica; giacché il libro si divide appunto in due parti, che potremmo denominare Morfologia ed Esercizi. E se taluno troverà codesti documenti inconditi e affatto notarili, non dimentichi che il loro pregio è da ricercare nella minuziosa, accanita fedeltà al vero; e pertanto, essi vengono qui proposti come esempi di quel realismo, moralmente e socialmente significativo, di cui il raccoglitore vuol essere ossequioso seguace.

Blog & Nuvole entra nel vivo

November 7th, 2008

blog&nuvole

Blog & Nuvole — il concorso che si propone di riunire la scrittura proveniente dai Blog e il Fumetto — entra nel vivo della competizione. Trentacinque manoscritti sono in attesa di essere scelti dagli artisti che li tradurranno in altrettante storie a fumetti.

Che fra i testi prescelti ce ne sia uno mio è una notizia abbastanza irrilevante. Ben più degna di menzione è la presenza in gara di un bel racconto dello scrittore Marino Magliani. In caso di allergia alla lettura a video, le illustrazioni di Matisse per le cinque aree tematiche del concorso valgono da sole una visita a Blog & Nuvole.

Il Presidente

November 5th, 2008

Nero.
Democratico.
E tiene pure una zia immigrata clandestina.

Praticamente un calcio nelle palle vivente per leghisti e razzisti assortiti.

(E)lezioni americane

November 4th, 2008

1. Leggerezza
La capacità di preferire l’ironia al sarcasmo e usarla con grazia anche contro sé medesimo.

2. Rapidità
Come tenere un comizio mattutino a Boston e presentarsi puntuale a una cena di gala a San Francisco.

3. Esattezza
Studiare quel tanto che basta per sapere che Roosevelt nel 1929 non era presidente degli USA.

4. Visibilità
L’arte di scegliere un candidato vicepresidente praticamente invisibile.

5. Molteplicità
Fingere di credere che i confini del mondo non coincidano con quelli degli USA.

6. Coerenza
(…)

Hilarotragoedia

October 27th, 2008

Giorgio Manganelli, HilarotragoediaSono il primo a dire che ciò che conta di un libro è l’apparato verbale in esso contenuto, ovvero la serie di parole, spazi bianchi e segni d’interpunzione che univocamente lo identifica. La veste tipografica in cui questo ordigno retorico si presenta nulla aggiunge e nulla toglie al suo valore intrinseco.

E tuttavia.

E tuttavia, dico, portarsi a casa la prima edizione di Hilarotragoedia, Feltrinelli 1964, opera prima di Giorgio Manganelli completa di sovracopertina e cartolina editoriale, portarsi a casa cotanto cimelio non è cosa di poco momento. Non ho parole adeguate per descrivere la gioia che provo nel leggere l’apparentemente arido e burocratico colophon Finito di stampare nel mese di aprile 1964 dalla Edigraf – Milano. È una gioia non priva di un tocco di demenza o ebbrezza infantile, una gioia non dissimile da quella che provai di fronte alla mia prima confezione magnum di Nutella, qualche decennio fa, una gioia affine a quella di un indimenticabile amico.

Dio benedica le librerie antiquarie, e i loro titolari, e i commessi, e i loro discendenti fino alla milionesima generazione.

Sono un uomo felice, e per festeggiare il ritrovamento del proto-Manganelli deposito qui un pizzico di testo e paratesto dell’opera in questione.

Incipit
Se ogni discorso muove da un presupposto, un postulato indomostrabile e indimostrando, in quello chiuso come embrione in tuorlo e tuorlo in ovo, sia, di quel che ora si inaugura, prenatale assioma il seguente: CHE L’UOMO HA NATURA DISCENDITIVA. Intendo e chioso: l’omo è agito da forza non umana, da voglia, o amore, o occulta intenzione, che si inlàtebra in muscolo e nerbo, che egli non sceglie, né intende; che egli disarma e disvuole, che gli instà, lo adopera, invade e governa; la quale abbia nome potestà o volontà discenditiva.

Quarta di copertina
Prima opera di uno scrittore quarantenne, l’Hilarotragoedia non è opera facile a definirsi: non è un romanzo, sebbene includa vaste parti narrative; non è un saggio, sebbene simuli la struttura saggistica, ed anzi ambisca all’articolazione capziosa del trattato; potremmo dirla un monologo — non una confessione — ma il monologo di un fool, pronto a cogliere innumerevoli voci, e a scomporsi in queste, destinate poi a confluire in un unico discorso, perplesso ma nettamente articolato. La lingua vorrebbe adattarsi a questa scomposizione e ricomposizione: è ricca di vari umori, fittizia, irta di frammenti di cultura, analogica, metaforica. Come dice il titolo, che ripete il nome di una antica rappresentazione eroicomica, una ilarità demenziale percorre le strutture di questo libro colmo di materiale tragico, anche apertamente sinistro: una buffoneria sacra, l’orrenda gaiezza che cogliamo nel discorso oscuramente significante dei dementi.

E prontamente la realtà supera la fantasia

October 23rd, 2008

Chissà, forse i carabinieri di Cosenza e il senatore Francesco Cossiga leggono letturalenta…

Dal sito di Repubblica
12:26 Studenti cosentini sospendono proteste dopo arrivo carabinieri.
Gli studenti degli istituti superiori di Fagnano Castello, San Marco Argentano e Roggiano, nel cosentino, hanno sospeso lo stato di agitazione in atto da due giorni dopo una visita di carabinieri e polizia. I rappresentanti delle forze dell’ordine, secondo quanto si è appreso, hanno spiegato agli studenti in stato di agitazione che le manifestazioni in atto sono configurabili come un reato penalmente perseguibile in quanto presuppongono il reato di interruzione di pubblico servizio. Gli studenti hanno posto fine all’agitazione riservandosi di intraprendere altre forme di protesta. Tutti gli striscioni che erano stati apposti all’entrata degli istituti sono stati rimossi.

Estratto dall’intervento in aula della senatrice Poretti (PD), che cita un’intervista rilasciata da Francesco Cossiga al «Quotidiano Nazionale»

Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero Ministro dell’interno.

Ossia?
In primo luogo, lasciar perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…

Gli universitari, invece?
Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. (..) Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.

Nel senso che…
Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano.

Anche i docenti?
Soprattutto i docenti.

Presidente, il suo è un paradosso, no?
Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!

Scoop! Le dettagliate istruzioni di Berlusconi a Maroni

October 22nd, 2008

Ordini al Viminale. “Convocherò oggi — prosegue Berlusconi — il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine per evitare che questo [l’occupazione delle università, ndr] possa succedere”.

In anteprima mondiale per i lettori di letturalenta, ecco il resoconto stenografico dell’incontro.

Silvio: Allora, Roberto, voglio trecento agenti in tenuta antisommossa davanti a tutte le aule univeristarie, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno.
Roberto: Capo, veramente non abbiamo abbastanza agenti per…
S.: Non interrompermi! Sai che non lo sopporto!
R.: Sì, Ca…
S.: Se non hai abbastanza agenti, chiama Ignazio. Quello là dieci o dodicimila fantaccini te li rimedia sempre.
R.: Ma Capo, i militari sono quasi tutti in Campania e in Afgh…
S.: Me ne frego! Di’ pure a Ignazio che se serve ripristino la leva obbligatoria. Che ci vuole?
R.: Ok, Capo.
S.: E a Milano, Roma e Napoli ci metti anche sei o sette carri armati per ateneo, che non si sa mai.
R.: Capo, la polizia di stato non ha i car…
S.: Ah, ma allora sei proprio tonto! Ignazio! Ripeti con me: I-g-n-a-z-i-o!
R.: I-g-n-a-…
S.: Bene, fin qui ci siamo. Passiamo alle regole di ingaggio.
R.: I-n-g-a-…
S.: Roberto, piantala!
R.: Scusa C…
S.: Allora, regole di ingaggio. Prendi appunti. Per assembramenti di studenti superiori alle tre unità, manganellate a pioggia e denuncia per interruzione di pubblico servizio.
R.: …z-i-o.
S.: Prendi appunti IN SILENZIO!
R.: Sc…
S.: Per cortei, autorizzati e non, idranti e proiettili di gomma ad altezza d’uomo, nonché denuncia per attentato alla sicurezza pubblica.
R.:
S.: In caso di occupazione di aule o altri edifici universitari, attacco all’arma bianca e — in caso di resistenza — fuoco di artiglieria. E a chi devi chiedere per l’artiglieria?
R.: A Ignazio!
S.: Bravo Robertino! Vedi che se stai attento poi i risultati arrivano?
R.: Grazie Capo!
S.: Bene. Adesso vai là fuori e spiega ai giornalisti che sono stato frainteso, che la storia della polizia all’università è un’invenzione dei comunisti, che è tutto sotto controllo, eccetera.
R.: Agli ordini Capo! Solo un chiarimento, se posso.
S.: Spara!
R.: Se sei stato frainteso e questa storia è un’invenzione dei comunisti, Ignazio non lo chiamo, giusto?
S.: