Moratoria

February 18th, 2008

«Chiederemo il mandato elettorale per difendere (…) le donne lasciate sole e private del diritto di non abortire». [Giuliano Ferrara]

Il diritto di non abortire… Quasi quasi fondo un partito in difesa del fondamentale diritto di non aprire un negozio di frutta e verdura, diritto vergognosamente negato dalle leggi che consentono di aprirlo. Vuoi che non trovi qualche migliaio di persone disposte a votarmi?

Anzi no, ho deciso, niente partito. Fonderò un gruppo di pressione con un solo punto programmatico: far approvare all’ONU una moratoria delle fesserie.

Antipolitica

February 14th, 2008

Giuliano Ferrara presenta una sua lista e, non contento, vuole candidare Susanna Tamaro. Poi si meravigliano se uno si butta nell’antipolitica.

Il campanaro e il prencipe

February 11th, 2008

Si ringraziano: messer Matteo Bandello per il lessico, la sintassi e gli interi periodi rapinati alle sue Novelle; madonna senzaqualità per le illustrazioni.

Dirò adunque una novella, la quale appresi, or non è guari, da un di que’ menestrelli che per cittadi e castella sogliono andare, rinovellando gesta antiche e nuove imprese cantando.

Dovete sapere che in quei giorni era governatore d’Italia il prencipe Romano, della casata de’ Prodi da Bologna, uomo assai prudente e saggio, più ricco di virtù che di fortuna. Da due anni sbrigava gli affari di governo senza lodi soverchie e senza infamia, chiamando al servizio di ministri e consiglieri i capi di molte picciole e grandi fazioni, così che per contentare l’uno doveva giocoforza un altro rattristare, e molto più tempo spendeva a comporre liti che non a promulgare buone leggi. Cotesti suoi sodali erano notabili d’ogni parte d’Italia: il conte Lamberto Dini da Firenze, il giudice Antonino di Pietro da Montenero, il vassallo di Russia Olliviero de’ Liberti, le famiglie romane de’ Rutelli e de’ Veltroni, il cavaliere milanese Fausto Bertinotti, e millanta altri che a nominarli uno a uno troppo lunga istoria sarebbe.

Ma su un di questi conviene che un poco mi soffermi, un tal Clemente, mastro campanaro in quel di Ceppaloni, uomo ambizioso e ottimo oratore. Pur di bassa condizione e povero de’ beni di fortuna, con gran pazienza aveva radunato sotto le sue insegne una schiera picciola ma bellicosa di signorotti e notabili suoi compaesani, e con questi fece e brigò in modo tale e con tanta perizia, che la sua fama crebbe in tutto il beneventano, e con quella le provigioni che nobili e duchi gli facevano per i suoi molti servigi. Egli ebbe per moglie la baronessa Alessandra de’ Lonardi, donna eccellentissima e d’ogni virtù ornata, la quale ad altro non attendeva, che onorare e intertenere tutti coloro che ella giudicava utili ad accrescere la fama e i beni di fortuna del marito.
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Vite di uomini illustri

February 8th, 2008

«Secondo Diogene Laerzio, quando in una discussione entrava Socrate, spesso finiva in rissa; lo prendevano a pugni, a calci, a sputi. Quando parlava lui, la gente perdeva il lume della ragione, non capiva più nulla e avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tacere. [un po’ come oggi quando parla Calderoli insomma]».

Il resto qui. Esilarante, come tutte le Pillole per niubbi di Ipazia.

Olé

February 7th, 2008

Gualberto Alvino, Là comincia il Messico, PolistampaCe l’ha fatta, alla faccia di qualche tentativo andato a vuoto, uno dei quali mi vide tristo protagonista. Là comincia il Messico è un gran libro, siore e siori: andate, comprate (col 20% di sconto al sullodato link), leggete. Parola mia, non ve ne pentirete. La scrittura di Gualberto Alvino, tagliente e chirurgicamente esattissima, basta da sola al piacere della lettura. La storia narrata è di quelle che non si lasciano dimenticare. Ho detto.

Dalla quarta di copertina:
La solitudine, la rivolta contro il destino, la ferocia di Dio, l’inettitudine, la malattia, la morte, attraverso la storia di un intellettuale colpito da uno dei sintomi psichiatrici più spaventosi: le allucinazioni uditive. La voce narrante è la voce stessa della follia: quindi non prima, non terza, ma seconda persona; un basso continuo che distrugge gradualmente i pilastri su cui poggia la vita del protagonista, filologo e critico letterario di fama, il quale si trasformerà da dissettore di libri a scalco di corpi. Un processo di bestializzazione che riesce a essere una metafora dei nostri tempi. “Là comincia il Messico” è la frase che pronunciavano i banditi dei film western quando erano vicini al confine, oltre il quale nessuno avrebbe potuto acciuffarli. Qui indica il salto, l’orrenda metamorfosi che il personaggio si accinge a compiere.

Non tutti i giorni esistono

February 7th, 2008

Il 29 febbraio 2008, e solo in quel giorno, disvelerà il suo contenuto l’ennepiunesimo blog, per risprofondare il giorno appresso nell’abisso dell’inesistenza. Ulteriori dettagli da Herzog. Trovo questa iniziativa ineccepibile, perché mi sembra evidente che il 29 febbraio è un giorno che non esiste, o che almeno vive un’esistenza ambigua.

È una fermata supplementare, una sosta necessaria per recuperare le ventiquattro ore sbadatamente smarrite dai calendari dei quattro anni precedenti. Converrà l’acuto lettore che sostare, fermarsi per recuperare tempo perduto è un’azione alquanto innaturale, come di uno che, sapendo di essere in ritardo a un appuntamento, temporeggiasse anziché affrettarsi.

Le ore che compongono questo giorno immaginario sono ore sospette. Difficile dire se seguono il normale corso del tempo o se piuttosto non lo precedano, perché diversamente dal solito esse non indicano solo quanto tempo è trascorso da un punto convenzionale della storia umana, ma anche quanto ne manca alla correzione di un errore di misura. Laddove ogni altro giorno è un atto di ordinaria cronomensura, il 29 febbraio è un conto alla rovescia.

Essendo il 29 febbraio un giorno fortemente indiziato di non esistere, ed essendo la letteratura tradizionalmente attratta da ciò che non esiste, non sorprende che in un libro di Michele Mari, Io venìa pien d’angoscia a rimirarti, sia indicato un 29 febbraio davvero inesistente. Il libro narra in forma di diario le avventure di un ragazzino chiamato Tardegardo, sotto le cui spoglie fittizie non è difficile riconoscere un Giacomo Leopardi ossessionato dalla luna e in odore di licantropia. Ebbene, nella successione diaristica del racconto, alla pagina del 28 febbraio segue appunto quella del 29. Niente di strano, se non fosse che l’anno in questione è il 1813, notoriamente non bisestile.

Quel 29 febbraio, aggiunto surrettiziamente al calendario nella finzione letteraria, ripaga in parte noi mortali dei tanti che la tirannia dei calcoli astronomici ci impone, senza peraltro fornirci rassicurazioni sugli eventuali danni che vivere in giorni inesistenti potrebbe arrecare ai nostri equilibri psichici.

E se già il 29 suscita dubbi e perplessità esistenziali, che dire del 30 febbraio?

Libreschi rovelli

February 6th, 2008

Là fuori, fuori dalle pagine e dalle copertine dei libri, ci sono cumuli di spazzatura ai bordi delle strade, mensilità insufficienti a procurarsi il necessario, rinunce forzate a desideri vitali, sensi di colpa per colpe mai commesse, dolore, sconforto, frustrazione e altre infelicità. Davanti a un simile tracollo dell’umano, un elementare senso di misura e di pudore dovrebbe suggerire a chiunque di astenersi da libreschi rovelli. Ma il lettore, si sa, è cocciuto e tetragono:

Lettore: non hai l’aria felice, fratello, che cosa ti turba?
Padre di famiglia: costringere i miei bambini ad astenersi dalla carne fino alla prossima busta paga, ecco cosa. E tu? Ho visto un’ombra attraversare il tuo bel sembiante. Qual è dunque il tuo cruccio?
L: Eh… problemi grossi, mio dolce amico…
PdF: Parla, orsù, apri il tuo cuore a chi ti vuol bene!
L: Non so…
PdF: Non temere, lascia che la tua angoscia sgorghi fino al mio orecchio.
L: Dicevo, non so se leggere l’ultimo libro di Giuseppe Genna, Hitler, oppure no. Vedi il punto dolente è che…
PdF: Lettore…
L: …c’è chi ne tesse le laudi e chi lo stronca, e io…
PdF: Lettore!
L: …non ho ancora deciso se… Ah, scusami, non ho inteso subito il tuo richia…
PdF: Lettore: ma vaffanculo, va’.

Antisemitismo a sinistra

February 5th, 2008

Gadi Luzzatto Voghera, Antisemitismo a sinistra, EinaudiDicevo appunto, appena un post fa, che una memoria selettiva, che ricorda i campi di sterminio dimenticando l’antisemitismo che li ha resi possibili, è una memoria poco efficace. Una prova indiretta di questo dato di fatto la stanno dando in questi giorni parecchi “intellettuali” di sinistra che sostengono il boicottaggio della Fiera del libro di Torino, rea di aver invitato Israele come paese ospite.

Questi intellettuali considerano Israele uno stato-canaglia, unico responsabile delle sofferenze dei palestinesi, e così facendo riproducono, senza sforzi apparenti né alcun barlume di consapevolezza, uno degli stereotipi antisemiti più duri a morire, quello che assegna agli ebrei il ruolo di carnefici: da uccisori di Cristo e dei bambini cristiani a sterminatori dei palestinesi.

Inutile ricordare a costoro che paragonare la condizione dei palestinesi a qualcosa di anche solo lontanamente simile alla Shoah è un’aberrazione. Inutile ricordare che da sessant’anni a questa parte Israele deve difendersi quotidianamente da attacchi militari e terroristici; inutile sottolineare che Gaza è amministrata da una classe dirigente sorda a qualsivoglia tentativo di dialogo. Niente da fare: colpa di Israele.

E così l’intellettuale Gianni Vattimo se ne esce tranquillamente con sconcezze come questa:

Chi boicotta non vuole affatto impedire agli scrittori israeliani di parlare ed essere ascoltati. Non vuole che essi vengano come rappresentanti ufficiali di uno Stato che celebra i suoi sessant’anni di vita festeggiando l’anniversario con il blocco di Gaza, la riduzione dei palestinesi in una miriade di zone isolate le une dalle altre (per le quali si è giustamente adoperato il termine di bantustan nel triste ricordo dell’apartheid sudafricana), una politica di continua espansione delle colonie che può solo comprendersi come un vero e proprio processo di pulizia etnica.

Apartheid, imperialismo, pulizia etnica, ecco le nuove colpe dei perfidi giudei secondo Vattimo. Il quale certamente non accuserà l’Egitto di apartheid per aver costruito un muro al confine con la striscia di Gaza; né diversi paesi arabi di pulizia etnica per aver espulso ottocentomila ebrei dopo il 1948. Che diamine, è antisionista, lui, mica antisemita!

Chissà se Vattimo o i vari comunisti italiani che gridano al boicottaggio di Israele hanno letto L’antisemitismo a sinistra, di Gadi Luzzatto Voghera. Temo di no, ma dovrebbero farlo. Sarebbe almeno un tentativo di prendere coscienza di un problema che esiste da parecchio tempo e che purtroppo non accenna a ridimensionarsi.

E chissà cosa faranno Vattimo e soci quando le loro minacce cadranno giustamente nel vuoto, e gli scrittori israeliani porteranno a Torino i loro libri, le loro idee, la cultura del loro paese. Boicotteranno anche i libri? Inciteranno le folle a bruciarli in piazza?

Shoah e memoria

January 29th, 2008

Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, EinaudiParecchi giorni fa MMAX mi ha invitato a indicare un libro da inserire in un’ideale biblioteca della memoria, dove l’oggetto della memoria è la Shoah. Che io sia lento in tutto, anche a rispondere, ormai è cosa nota a chi ha la pazienza di seguire questo blog sonnacchioso. Questa volta, però, la causa del ritardo non è soltanto la lentezza, ma anche un’esigenza che definirei simbolica: lasciar passare il Giorno della memoria, verso il quale nutro qualche riserva.

Nel suo discorso in apertura della Giornata, il presidente Napolitano ha detto: «Noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo mai la Shoah. Non dimentichiamo gli orrori dell’antisemitismo, che è ancora presente in alcune dottrine, e va contrastato qualunque forma assuma». Il presidente mette giustamente in relazione la Shoah con ciò che la rese possibile, invita a ricordare insieme le due cose, perché per rendere efficace il mai più che tanto risuona nel Giorno della memoria occorre conoscere le cause della Shoah per poter rimuovere quelle ancora in azione.

Le celebrazioni del 27 gennaio, almeno quelle che fanno notizia, tendono invece a concentrare il ricordo sulla fase terminale dello sterminio, quella a più alto impatto emotivo, lasciando parecchio sullo sfondo gli antefatti. Si parla molto di Auschwitz e di Dachau, di Fossoli e della Risiera di San Sabba, ma poco o nulla si dice dei meccanismi culturali e delle misure amministrative che precedettero i campi della morte.
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Viola e Paolin in libreria

January 23rd, 2008

Oggi esce in libreria Tana per la bambina con i capelli a ombrellone, di Monica Viola, pubblicato da Rizzoli. Dopodomani uscirà in libreria Una tragedia negata, di Demetrio Paolin, pubblicato da Il Maestrale. Il primo è un romanzo, il secondo un saggio di critica letteraria. Il trait d’union fra i due libri è il fatto che entrambi, prima di approdare in libreria, sono stati pubblicati in rete da vibrisselibri, e resteranno liberamente scaricabili qui e qui.

Come sempre accade, sono d’obbligo le congratulazioni ai due autori, ma in questo caso vanno estese alle due case editrici che hanno garantito il passaggio della scommessa di vibrisselibri dal campo delle ipotesi a quello dei fatti. La scommessa, per chi non la conoscesse, è che un libro pubblicato in rete con la formula del copyleft – previo lavoro editoriale canonico (valutazione, editing, promozione, ecc.) – può rivelarsi un buon affare per le case editrici “tradizionali” e per gli autori.

Rizzoli e Il Maestrale hanno accettato la scommessa. Ne attendiamo fiduciosi altri, per continuare a demolire con pazienza la falsa rappresentazione del copyleft come minaccia al diritto d’autore e ai bilanci delle case editrici.

Pseudo-tumblr 2

January 16th, 2008

“Tolleranza per tolleranza, propongo di mandare Margherita Hack a inaugurare l’anno liturgico”. (qui)

[dtfn] XXVIII – Commiato

January 12th, 2008

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Non è più tempo di indugi, mio caro e soccorrevole compagno di strada. Le vele sono riparate, per quanto possibile, e il fasciame mi sembra adeguatamente calafatato. Per quanto sia piacevole stare qui, in questo riparo accogliente e riposante, non posso sottrarmi più oltre al mio destino di racconto errabondo e onnivoro. Mi attende un viaggio del quale ignoro tutto: potrà essere brevissimo o eterno, placido o avventuroso, dominato dalla bonaccia o dall’uragano, destinato a un approdo sicuro o alla discesa definitiva negli abissi. Sarà comunque un viaggio e sarà il mio viaggio.

Vorrei trovare parole adatte per congedarmi, ma confesso che le partenze mi mettono a disagio e mi consegnano a una penosa afasia. Se io fossi un racconto meticoloso e saggio, previdente e consapevole dei suoi doveri, impiegherei queste ultime righe ad allacciare i fili pendenti, a trarre qualche debole conclusione, a sciogliere gli ultimi nodi del mio intreccio, a rivelare le intenzioni ultime e la vera personalità dei miei personaggi, a depositare nel regesto letterario la morale della favola.

Ma tu mi conosci bene, ormai, e sai che da me non puoi aspettarti un discorso compiuto, ordinato, assertivo, prescrittivo, ma solo l’amalgama di segni e lemmi che univocamente e ineluttabilmente mi connota. Io sono le mie parole, le mie frasi, i miei accapo, i miei spazi bianchi, i miei margini e i miei segni di interpunzione. Altro non potrei essere e altro non potrei dire, se non quello che tu dici mentre ti leggo. Spero che il mio editore, se mai ce n’è stato uno, abbia rispettato le mie indicazioni, e mi abbia stampato con la metà destra delle pagine bianca, a tua disposizione. Se non l’ha fatto gli auguro di fallire sommerso dai debiti.

Devo andare, sì, lo so, eppure è così bello restare. Potrei raccontarti la mia famosa novella del mendicante che si chiamava Natale, ma non c’è più tempo, no, non c’è più tempo. Natale, si chiamava, e ha salvato la vita a una fanciulla, come nelle fiabe. Chissà quante cose importanti ho dimenticato… ma a che serve pensarci adesso, quando l’àncora è ormai staccata dal fondo, e la brezza di terra comincia a gonfiare le vele.

Mi stanno aspettando, devo andare. Racconterò la tua storia ai racconti che incrocerò, e questi la ripeteranno ad altri ancora. Non una sola parola andrà perduta. Scrivimi una dedica sul margine di una pagina che ti ha commosso, o annoiato, o irritato. La leggerò al mio ritorno, se mai tornerò. Non dimenticare: non fidarti dei falsi maestri, non fidarti di chi non sa leggerti tutto intero. Ricorda! Solo i racconti possono dirti chi sei! Ah, ecco la bocca di porto, ecco laggiù il mare aperto! Addio! Non dar retta a quel pazzo furioso che pretende di avermi scritto. Tendi l’orecchio, allunga una mano: io sono lì, io sono le parole che sono in me, io sono la fola che narra la tua storia. Io sono un racconto! – Explicit.

Il laico secondo Scurati

January 10th, 2008

Un raro esemplare di laico materialista, tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Idra_di_LernaIn un articolo su La Stampa di qualche giorno fa, Antonio Scurati si è prodotto in un’insolita difesa della laicità sul tema dell’aborto, con prosa prodiga di slanci onirici e non avara di ambiguità, ingenuità e sprazzi di fantapolitica. Per non farla troppo lunga, glisso sulla presenza nell’articolo di una vera e propria creatura mitologica, una legge 194 che secondo l’autore «scaturì 27 anni or sono» dal «grande pronunciamento democratico del referendum»: un indizio preciso del disamore di Scurati per i dati di fatto.

C’è innanzitutto una questione di indirizzo. A chi dovrebbe ragionevolmente rivolgersi una perorazione della laicità? A tutti i cittadini, secondo me, ma non secondo Scurati. Lui si rivolge ai cattolici, con piglio professorale, per impartire loro una lezione di laicità e, già che c’è, anche una di cattolicesimo. I cattolici italiani sono a suo dire incapaci di cogliere il loro stesso ineludibile declino: «L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa». Frasi probabilmente tratte di peso da qualche discorso pubblico del papa, ma non è questo il punto.
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Michele Mari – Verderame

January 7th, 2008

Michele Mari, VerderameVerderame (Einaudi 2007, €16,50) non è la prova migliore di Michele Mari, ma va detto che dopo un capo d’opera come Tutto il ferro della torre Eiffel (2002), superarsi non dev’essere impresa da poco nemmeno per questo talentuosissimo autore. La cifra di Verderame sembra essere quella del ritorno: ritorno alla prosa, dopo la parentesi poetica di Cento poesie d’amore a Ladyhawke, e ritorno a temi e ossessioni di vecchia data, dopo la performance erudita ed enciclopedica di TIFDTE.

Con Verderame Mari riporta la sua scrittura raffinata e colta in quel campo misto di terrori infantili, fantasia e ricordi già percorso in lungo e in largo in altri libri, e soprattutto nei racconti di Tu, sanguinosa infanzia (1997), che è peraltro citato indirettamente dall’illustrazione in copertina di Karel Thole, autore di innumerevoli copertine della mitica collana Urania negli anni sessanta. Un racconto incluso in Tu, sanguinosa infanzia si intitola appunto Le copertine di Urania, racconto in cui Mari intreccia la storia editoriale della collana con i suoi ricordi di compulsatore di quei libri e in particolare delle loro copertine spaventevoli e fantastiche, da lui definite «sempre e comunque, l’iconografia dell’angoscia».
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[dtfn] XXVII – Commento terzo

January 5th, 2008

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Immagino che tu ti sia chiesto come mai io non abbia ancora commentato il mio ventiquattresimo capitolo, ovvero novella terza, ovvero La morte dell’autore. Semplice: non l’ho fatto perché il capitolo ventitreesimo, intitolato Letteratura e vita, è di fatto un commento ante-litteram a quella novella. Son cose che succedono nei racconti, specialmente in quelli di genere erratico e inconcludente come me.

Potresti facilmente verificare tu stesso l’assoluta sincerità di codesta mia affermazione andando ora a rileggere la suddetta novella, proseguendo poi nella lettura del succitato capitolo. È però mio dovere avvisarti che, qualora tu decidessi di procedere alla verifica, cadrebbe uno dei pilastri – e forse il più importante – che sorreggono la nostra amichevole conversazione, nonché buona parte della storia della letteratura: nel tempo che tu dedicheresti a ripercorrere quelle pagine, non sarei più io a leggerti, ma tu a leggere me.

Le conseguenze di questa alterazione gravissima dei termini del nostro rapporto sarebbero drammatiche: in quel momento tu non saresti più oggetto del racconto – come il mio titolo spiega – ma semplice lettore e, che le muse te ne scampino, correresti seriamente il rischio di tramutarti in recensore.
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