Allora: in principio era l’agricoltura, i contadini facevano il grano, i mugnai la farina, i panettieri il pane, le banche non esistevano e tutti producevano cose concrete ed erano poveri ma felici, come dice la Bibbia, perché per capire come vanno le cose oggi bisogna leggere la Bibbia, mica perdere tempo con i libri di economia, che è una roba che non ho mai capito, e se leggi la Bibbia impari che ai tempi del diluvio universale si stava bene perché non c’erano le banche, ma di lì a poco è caduto il muro di Berlino, anzi no, prima c’è stata la crisi del ’29, e allora ci siamo resi conto che nel frattempo erano nate le banche e anche le borse, le quali, invece di produrre cose concrete, facevano soldi scambiandosi dei pezzi di carta chiamati derivati, peraltro mai nominati nel Pentateuco, che dietro avevano solo delle bolle cosicché, quando il muro di Berlino è caduto sul serio, il mondo ha cominciato a globalizzarsi e le bolle a rimbalzare di qua e di là, da occidente a oriente, da nord a sud e viceversa, e alla fine ce n’erano talmente tante che, cozzando le une con le altre, poi per forza scoppiano, tutte cose che io ho previsto vent’anni fa dopo aver letto il Qoèlet, e dato che sono bolle di carta — con tutti quei derivati e i derivati sui derivati — quando le bolle scoppiano il mondo globalizzato si riempie di coriandoli e arriva la speculazione sulle materie prime, a partire appunto dal coriandolo per poi estendersi a robe di ben più largo consumo come i cetrioli e lo yogurt — e lì è fallita la Grecia — o il pepe verde, verde come l’Irlanda, che infatti è andata in crisi perché in Irlanda era tutto un pullulare di banche, di derivati e di derivati sui derivati, mica come in Italia, che infatti da noi la crisi si è sentita meno perché noi facciamo le cose concrete, come insegna il libro dei Proverbi, e risparmiamo anche più degli scoiattoli invece di indebitarci con la speculazione, che non ha solo il difetto di arricchire i ricchi e impoverire i poveri, ma anche quello di far crescere a dismisura il prezzo del petrolio e, a catena, quello del grano, della farina e del pane, come dimostra il fatto che in nordafrica proprio in questi giorni stanno facendo le rivolte del pane e non, per dire, le rivolte dei covered warrant sui derivati del latte e quindi, e con questo concludo, è evidente che viviamo in un mondo difficile e che c’è un solo modo per sopravvivere: abolire la finanza, le banche e la cartamoneta — tutta roba che serve solo a fare le bolle — e reimparare il valore delle cose concrete e il valore della zappa, per recuperare al più presto l’armonia che può regnare solo dove è tutta campagna.
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Riassunto della lezione di economia tenuta da Giulio Tremonti ad Annozero, a vantaggio di chi se la fosse disgraziatamente persa
Friday, March 11th, 2011L’eredità economica di Craxi
Thursday, January 21st, 2010A dispetto di autorevoli tentativi di riabilitazione postuma, un articolo di Sandro Brusco su noisefromamerika ci ricorda che Bettino Craxi non fu solo un delinquente, ma anche un pessimo politico, almeno sotto il profilo economico.
Gli anni Ottanta, periodo in cui Craxi ha raggiunto l’apice della sua influenza, hanno visto un’esplosione della spesa pubblica, il cui livello non è più sceso nei due decenni successivi. Contestualmente è esplosa la pressione fiscale, guidata in modo particolare dalla crescita delle imposte dirette. Nonostante l’accresciuta tassazione, la spesa crebbe comunque assai più velocemente del gettito tributario, per cui anche il debito pubblico esplose, rischiando di mettere il paese su un sentiero di insolvenza. Quando si guarda ai numeri pertanto l’eredità economica di Craxi appare pesantissima.
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