Sarà la primavera, o forse l’estate adveniente, chissà, fatto sta che in questi giorni capitano parecchie cose. Allora, andiamo con ordine.
Primo: sono nati i monologhi della varechina, rivista di sole donne per non sole donne (credo). La varechina è ospitata su Vibrisse, che come tutti sanno è gestita da un signore che a un primo sommario esame sembrerebbe non essere donna, però si vede che gli piacciono le donne, se ospita la varechina. A tutte queste donne dedico ben volentieri un pensierino di Giorgio Manganelli, che con le donne aveva un rapporto mica tanto tranquillo:
Bisogna arrivare a parlare di cultura come si parla di figa: diciamolo chiaro, se la cultura, se il pensare, non è vitale, se non impegna proprio le viscere (e non metaforicamente, perché il pensare è cosa totale come il morire, è un “fatto”, un vero e tangibile oggetto), se non ha anche addosso qualcosa di sporco, di fastidioso, di disgustoso, come è di tutto ciò che appartiene ai visceri, se non è tutto questo, non è che vizio, o malattia, o addobbo: cose di cui è bene o anche necessario e onesto liberarsi (spogliarsi) totalmente. [scritto da Giorgio Manganelli il 25 ottobre 1952 nei suoi quaderni di “Appunti critici”. Ora in “Riga 25”, Marcos y Marcos, Milano 2006, pag. 76]
Secondo: Georges Perec – immenso scrittore ebreo francese che quest’anno compirebbe settant’anni, se non avesse avuto la malaugurata idea di mollarci qui anni fa – è il protagonista implicito di un nuovo blog ispirato al suo celebre Je me souviens, che per noi italici sarebbe Mi ricordo. Ulteriori dettagli chez melpunk, ideatore dell’iniziativa. A melpunk, a tutti i perecchiani sparsi per la vasta rete, e soprattutto a Georges Perec, dedico questa frase di Georges Perec, tratta dal suo W o il ricordo dell’infanzia. I loro di cui parla Perec sono i suoi genitori, ma a me piace pensare che possano essere anche i suoi lettori postumi, ovvero noi:
Scrivo: scrivo perché abbiamo vissuto insieme, perché sono stato uno di loro, ombra tra le ombre, corpo vicino ai loro corpi; scrivo perché hanno lasciato in me un’impronta indelebile e la scrittura ne è la traccia: il loro ricordo muore nella scrittura; la scrittura è il ricordo della loro morte e l’affermazione della mia vita.
Terzo: kalle b. ha aperto un blog, non so se in seguito al mio invito nei commenti di qualche post fa o meno. In ogni caso io sono molto contento che l’abbia aperto. Si intitola collezione di sabbia, che è un titolo decisamente e dichiaratamente calviniano. A kalle e a tutti i lettori di letturalenta dedico l’incipit del primo post di kalle, un inno alla copia molto promettente:
In un modo o nell’altro, immagino, siamo tutti collezionisti di qualcosa. Dipende dal significato che diamo al termine. Io, ad esempio, in quanto lettore, colleziono testi, vale a dire file di parole e concatenazioni di lettere. Questo blog si propone di raccogliere testi, parole e lettere (immagini, piu’ raramente) come fossero sabbia.
Non credo ci sia poi tutta questa differenza. L’analogia e’ vagamente democritea e totalmente, goffamente, e spudoratamente ripresa da Italo Calvino, come del resto il nome di questo blog. Del resto, una collezione di immagini e testi -perlopiu’ antichi, tra l’altro- non potra’ essere altro che un inno alla duplicazione ed alla copia. E dunque meglio cominciare a rubare da subito.
BUONA LETTURA!