La mia passione per Antonio Pizzuto risale a poco più di due anni fa. Nel gennaio del 2004, infatti, scrivevo su ICL (il newsgroup it.cultura.libri) un’entusiastica recensione della mia prima lettura pizzutiana. In questi due anni ho letto molto altro di questo ineffabile gigante della narrativa, ma devo dire che l’entusiasmo misto a naïveté di quella prima lettura non è venuto meno. Pizzuto è un po’ così: più lo leggi più ti accorgi che al suo cospetto sei un poppante della letteratura, le cui certezze e supposte (è il caso di dire) conoscenze letterarie si sciolgono come glicerina in corpore vili.
A mo’ di monito d’autore per l’aspirante lettore di Si riparano bambole, depongo qui un breve accenno al libro tratto da una lettera di Pizzuto a Vanni Scheiwiller del 3 ottobre 1960 (A.Pizzuto – V.Scheiwiller, Le carte fatate, a cura di Cecilia Gibellini, Scheiwiller 2005):
«Sono lieto che Lei stia per leggere Siribambole, dubito però che possa farlo dal 6 al 9 corr., poiché è un libro au lo ralenti, ma certo un’idea d’insieme potrà formarsela anche in 3 giorni e valga essa a invogliarla per una lettura più calma».
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