Primo pensiero. Leghisti? Prrrrrrrrrr!
Secondo pensiero. Vabbe’, dài, non è colpa loro. Sono imbecilli, su questo non si discute, ma prima o poi perfino loro si accorgeranno d’aver scritto “italiana” alla voce nazionalità del passaporto.
Terzo pensiero, dedicato a tutti quelli che dicono “sono orgoglioso di essere italiano” o “mi vergogno di essere italiano”. Io sono italiano perché sono nato in Italia da genitori italiani: vi sembra qualcosa di cui vantarsi o di cui vergognarsi? E se fossi nato in Madagascar? E se i miei genitori fossero stati neozelandesi? Potrei vantarmene o vergognarmene? Suvvia.
Non mi vergogno e non mi vanto di essere italiano. Mi limito a dire, parafrasando il principe De Curtis, che italiani si nasce e io, modestamente, lo nacqui, e in quel modestamente sta tutta la casualità e la non rivendicabilità come titolo di merito di un semplice dato di fatto. Non mi vergogno e non mi vanto, e però mi si lasci dire che sono contento di essere italiano. Potrebbe dispiacermi, potrebbe suscitare in me un sentimento di indifferenza o di ripulsa. Invece no.
Sono contento di parlare la stessa lingua di Niccolò Machiavelli e di Galileo Galilei; sono contento di avere a due passi città come Firenze, Venezia, Roma; sono contento di poter passeggiare quando voglio sotto i portici di Bologna, unici al mondo. Son tutte cose che ho trovato già fatte, tutte cose di cui non posso né vantarmi né vergognarmi, ma di cui posso essere e sono molto contento.
Auguri a tutti i cittadini italiani, leghisti compresi, e arrivederci al 2061, duecentesimo anniversario dell’unità d’Italia e novantanovesimo della mia cittadinanza.