In un’intervista recente Philip Roth ha lanciato contro la critica letteraria una delle sue tipiche invettive al vetriolo. L’intervistatore dice "forse non dovremmo parlare affatto di letteratura", e Roth prende la palla al balzo:
Ha, ha. Questo è parlare! Starei a meraviglia se ci fosse una moratoria di cento anni sulle chiacchiere letterarie, se si chiudessero tutti i dipartimenti di letteratura e le riviste di libri, e si bandissero i critici. I lettori sarebbero soli coi libri, e chi osasse dire alcunché sui libri sarebbe arrestato o fucilato sul posto. Sì, fucilato. Una moratoria di cento anni sull’insopportabile chiacchiera letteraria. La gente dovrebbe essere lasciata sola a combattere con in libri e riscoprire cosa sono e cosa non sono. Tutto il resto sono chiacchiere. Chiacchiere senza senso. Quando si fanno generalizzazioni si entra in un mondo completamente diverso da quello della letteratura, e non ci sono ponti fra i due.
Sembra quasi che il racconto che mi ha dettato il post Critici simoniaci falsari abbia fatto due chiacchiere anche con Philip Roth. E forse anche con George Steiner, che in Vere presenze – saggio pubblicato nel 1989 – scriveva:
Critici simoniaci falsari
Thursday, January 5th, 2006L’altro giorno questo signore qui spiegava cosa chiede lui alla critica. Tempo fa ebbi l’ardire di porre una domanda simile a un racconto (sì, capisco che può sembrare inverosimile, eppure io parlo ai racconti e loro mi rispondono. Generalmente ci diamo del tu). Cos’è per te la critica? chiesi a quel racconto. Quel che segue è la sua risposta.
Il commento, ah!, il commento! Parole su parole; frasi talentuose e dotte che si sovrappongono alle nostre per disvelarne i significati più reconditi. Quale racconto potrebbe resistere al secolare lavoro di sempre nuove schiere di alacri interpreti? Esiste davvero Pinocchio? esiste Don Chisciotte? No, no, non loro! non il racconto, ahimè, arriva a conquistare le vostre coscienze, ma il commento.
Il commento! Voi recensori e interpreti, insensati ospiti di parole di seconda mano, di quello vi gloriate; quello citate nei vostri afasici salotti letterari; quello mandate a memoria per figurare fra i cultori delle belle lettere. Vili birbanti! Mercanti di falsa moneta! Simoniaci! Voi fate commercio di ciò che fu dato gratuitamente all’umanità; voi esigete dalle intelligenze un tributo iniquo, perché non all’intelligenza sono destinati i racconti, ma alle profondità irragionevoli degli esseri umani. Non a ciò che riflette come levigato e gelido specchio noi ci rivolgiamo, ma a ciò che vibra e risuona come la ruvida segreta cavità di un istrumento a corde.
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