Giorgio Manganelli ha lasciato alle patrie lettere un numero smisurato di opere d’ogni genere, dalla letteratura di finzione ai reportage di viaggio, dagli articoli di costume a quelli di critica letteraria, senza contare le traduzioni, le opere teatrali, le collaborazioni radiofoniche. Tanto copiosa e tanto varia, la sua produzione, che a volerla anche soltanto illustrare per sommi capi servirebbe una ponderosa monografia.
E non essendo questo il luogo più adatto ai trattati, né essendo chi scrive intenzionato a scriverne, in questo post e in altri a venire (non si sa quando) non andrò oltre l’opera prima del Nostro, e per di più mi fermerò rispettosamente sulla soglia della medesima: copertine e paratesti di tre diverse edizioni.
Sulla sovracoperta della prima edizione di Hilarotragoedia (Feltrinelli 1964) è impresso un curioso ritratto fotografico dell’autore, in posa e abbigliamento che ricordano vagamente un investigatore da romanzo hard-boiled: cappotto di panno scuro ornato da un foulard grigio cenere a quadretti, cravatta nera a pois, cappello nero a tesa larga leggermente sulle ventitrè. Gli occhiali quadrati con mezza montatura scura sovrastano un naso enorme e ricurvo, che a sua volta incombe su un paio di baffi non troppo folti. Lo sguardo è leggermente strabico — diritto nell’obbiettivo l’occhio sinistro, perso nel vuoto il destro. Completa il quadro una certa ostentata pinguedine del soggetto. Sullo sfondo un grappolo giallo di luci sfocate, forse a sottolineare la vocazione marcatamente notturna del libro.
La bandella sinistra funge quasi da didascalia della foto sul piatto:
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Giorgio Manganelli è nato a Milano nel 1922. Vive attualmente a Roma dove insegna e si occupa di letteratura inglese. Come critico ha collaborato a L’illustrazione Italiana, Paragone, Il Verri e al Terzo Programma della RAI.
in sovracoperta: Giorgio Manganelli
fotografia di Paolo De Antonis (1963)
impaginazione: U. Brandi
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La parte bassa della bandella sinistra e tutta la bandella destra sono occupate da un elenco di autori pubblicati nella collana “I Narratori” di Feltrinelli. Nell’angolo basso della bandella destra è riportato il prezzo di copertina di 1700 lire. La funzione di soglia o frontespizio della sovracoperta è completata dalla quarta di copertina, che ho già riportato in un altro post. La copertina è di cartone e di colore incerto, una specie di grigio con ambizioni violacee, e reca in alto una riproduzione della firma di Manganelli.
L’apparato paratestuale della prima edizione comprende anche un segnalibro in cartoncino sottile sul quale è stampata una sorta di prefazione ironica scritta dallo stesso Manganelli, cha vado qui a trascrivere con piglio d’antico amanuense:
Il libretto che qui si presenta è, propriamente, un trattatello, un manualetto teorico-pratico; e, come tale, ben si sarebbe schierato a fianco di un Dizionarietto del vinattiere di Borgogna, e di un Manuale del floricultore: testi, insomma, nati da lunga e affettuosa frequentazione della materia, compilati con diligente pietas da studiosi di provincia, socievoli misantropi, mitemente fanatici ed astratti; e segretamente dedicati alle anime fraterne, appunto ai capziosi delibatori, ai visionari botanici o, come in questo caso, ai rari ma costanti cultori della levitazione discenditiva. L’autore, umile pedagogo, ambisce alla didattica gloria di aver, se non colmato, almeno indicato una lacuna della recente manualistica pratica; parendogli cosa stravagante, che, tra tanti completi e dilettosi do it yourself, quello appunto si sia trascurato, che ha attinenza con la propria morte, variamente intesa. Come si usa, e non senza peritosa compunzione, si additano qui taluni modesti pregi del volumetto, che forse lo differenziano da altri consimili trattati, anche più solenni: la definizione di concetti dati troppo spesso per noti, come balistica interna ed esterna, angosciastico, adediretto; l’aver proposto una nuova, e a nostro avviso, pratica e maneggevole classificazione delle angosce; arricchita, inoltre, di un Inserto sugli addii, che a noi pare non infima novità della opericciuola; l’inclusione nel discorso di cervi e amebe, a sottolineare il carattere più che semplicemente umanistico dell’impostazione; e, soprattutto, aver raccolto e presentato alcune diligenti e non esigue documentazioni, non senza abbozzo di commento, che consentiranno di verificare le enunciazioni della parte teoretica; giacché il libro si divide appunto in due parti, che potremmo denominare Morfologia ed Esercizi. E se taluno troverà codesti documenti inconditi e affatto notarili, non dimentichi che il loro pregio è da ricercare nella minuziosa, accanita fedeltà al vero; e pertanto, essi vengono qui proposti come esempi di quel realismo, moralmente e socialmente significativo, di cui il raccoglitore vuol essere ossequioso seguace.