Monsieur le President

January 4th, 2008

Disse Dario Franceschini, vicesegretario del Partito Democris…, ehm, Democratico:

L’Italia può diventare uno dei paesi vincenti nella globalizzazione se saprà far fruttare i suoi innumerevoli talenti. Naturalmente ha bisogno di un sistema istituzionale che sia veloce come quello degli altri paesi che competono con noi. L’opposto di ciò che noi trasmettiamo adesso, cioè lentezza. Un sistema in cui è quasi tutto bloccato, in cui ci vogliono due anni per una decisione che un altro paese adotta in tre mesi.

Questa frase è un inno alla visione aziendalista dello politica che fino a pochi anni fa era appannaggio esclusivo di Berlusconi, che almeno ha l’attenuante di sostenerla in continuità con il suo retroterra da piazzista di sceneggiati TV: il mondo trasformato in un gigantesco mercato in cui l’Italia SpA entra in competizione con altri Stati SpA per conquistare posizioni dominanti. Partendo da questa impostazione, è naturale concludere che lo scopo principale dello Stato è stare sul mercato e che per farlo servono amministratori delegati con le palle, capaci di prendere rapidamente le decisioni giuste: perché perdere tempo ad ascoltare pareri diversi, mediare interessi contrastanti, risolvere conflitti? Meglio decidere presto e bene, altrimenti si rischia di avvantaggiare la concorrenza, che diamine!

E quindi via a proporre il “modello presidenzialista alla francese”, che non solo sembra un slogan per capi d’abbigliamento, ma è anche del tutto inapplicabile in Italia. E non tanto per questioni eminentemente politiche o istituzionali, quanto per una banale mancanza di materia prima. Chi ci mettiamo, in Italia, a fare i Presidente Decisionista? Ci mettiamo Veltroni, gran conciliatore di cavoli e merende, oppure Berlusconi, esperto negoziatore di attrici in cambio di senatori? Fini, perennemente in bilico fra la carota al popolo e il bastone agli extracomunitari, o Bertinotti, che ancora non ha deciso se era meglio Stalin o Gandhi? Potremmo eleggere Casini, va’, così convinto del valore supremo della famiglia da farsene un paio, o magari Bossi, che tra la secessione del Nord e la pensione da parlamentare non è mica facile scegliere, neh!

Ma cosa vuoi mai che decidano questi qui? Piuttosto la Binetti, che almeno per prendere le sue decisioni andrebbe a colpo sicuro: una bella telefonata al cardinal Ruini e via. Vuoi mettere l’efficienza e la rapidità? Guarda, Franceschini, meglio lasciar perdere, da’ retta. Teniamoci il nostro bel sistema parlamentare all’italiana, che sarà anche lento, ma almeno fa ridere.

Jonathan Littell – Le benevole

January 3rd, 2008

MachiavelliEbbene sì, l’ho fatto: ho letto Le benevole di Jonathan Littell, enorme supercorallo Einaudi dal prezzo tutt’altro che invitante di euro 24. Trama e informazioni bibliografiche al link sopraindicato.

L’indice di questo balenone verbale dichiara senza mezzi termini precise ambizioni musicali: Toccata, Allemanda I e II, Corrente, Sarabanda, Minuetto (in rondò), Aria, Giga. Sono tutti rimandi vezzosi alla musica barocca, peraltro citata spesso nel testo (Bach, Rameau, Couperin). Tuttavia il mastodonte di Jonathan Littell di musicale non offre granché. Da un testo in qualche modo imparentato con la musica il lettore si aspetterebbe, che so, alternanza di voci e stili, coralità, variazioni su temi ricorrenti. Invece no. Littell procede nella narrazione con piglio che definirei annalistico, piatto e monocorde, più adatto a un manuale di storia che a un romanzo o altra fattispecie letteraria.

Stile a parte, Littell non sembra comunque avere la stoffa del romanziere epico o storico: centinaia di pagine spese a dar conto di fatti, descrivere ambienti, tratteggiare profili psicologici, non riescono a restituire un quadro organico dell’epoca, e il protagonista Maximilien Aue – un ufficiale delle SS leggermente fantascientifico – non ce la fa ad assurgere a metafora di quegli uomini in generale che secondo il saggio uomo del sottosuolo di Dostoevskij non esistono, ma che anche Aue, al pari ogni personaggio letterario, ambisce a rappresentare, e fin dall’incipit:
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2008

January 2nd, 2008

Intanto buon anno, e che sia buono per davvero.

Poi, per iniziare bene, inizio con un link: tutto quello che avremmo dovuto sapere su Tommaso Campanella. Se al liceo si insegnasse storia della filosofia come la insegna Ipazia sul suo blog, gli studenti non vedrebbero l’ora che arrivi quell’ora lì.

Vero è ben, Pindemonte!

December 22nd, 2007

MachiavelliAnche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri

Leggendo questo post di Sergio Garufi su Nazione Indiana – e in particolare un riferimento ai sepolcri degli uomini illustri e ai luoghi che i medesimi frequentarono da vivi – mi è tornato in mente l’inane mio tentativo di scovare tracce del da me amatissimo Niccolò Machiavelli nei luoghi che lo videro corridore di boschi, uccellatore di tordi e gran giocatore di triche-trach.

La cosa risale a cinque anni fa, data che nel sistema di riferimento uèbbico coincide con la preistoria. Sull’episodio all’epoca ci ho pure scritto un post, che qui vado a trascrivere (sì sì, è corto, cortissimo).
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Volevo un gatto nero

December 21st, 2007

Volevo un gatto nero è una delle canzoni cult della mia generazione, seconda forse solo a Quarantaquattro gatti. La cantò allo Zecchino d’Oro del 1969 una bambina di appena quattro anni.

Poi la bambina è cresciuta, come succede a molti. Come tutti avrà fatto le sue cose belle e le sue cazzate, finché un paio di giorni fa è stata arrestata con l’accusa di sfruttamento della prostituzione e spaccio di stupefacenti.

Niente lamentazioni sull’età dell’innocenza e la caduta degli dei, per carità, ma confesso che un piccolo moto di delusione l’ho provato. Topo Gigio è ancora libero, vero?

Canti emiliani dei morti

December 17th, 2007

Giuseppe Caliceti, Canti emiliani dei morti, vibrisselibri 2007Questa di Caliceti è la storia vera, personalissima, intima perfino, ma è anche una storia ricca di relazioni e interazioni con le migliaia di eventi e persone che la linea della vita calicetica ha intersecato svolgendosi. Storia privata, ma non priva di osservazioni e giudizi sul variegato e complesso ente pubblico definibile come non-Giuseppe Caliceti.

Sarà che sono emiliano, pur se non reggiano come l’autore; sarà che sono nato solo due anni prima di lui; sarà questo o sarà quello, non importa, ma nei Canti emiliani dei morti qualche frammento di un me stesso antico l’ho recuperato. Un’immagine sintetica e precisa della mia generazione, per esempio: La Grande Famiglia dei Bambini Adultizzati. E poi suoni, frasi, slogan, atmosfere, oggetti, personaggi, situazioni e musiche dei tempi belli.

Ma non si sgomenti il lettor giovine: i Canti sono anche per lui, mica solo per ultraquarantenni nostalgici. Se non proprio il suo immaginario e la sua memoria, vi troverà precisi riferimenti a processi di formazione culturale, politica, etica e sessuale che dovrebbero suonargli familiari, nonché fitti rimandi alla storia della letteratura italiana degli ultimi trent’anni vista e raccontata dall’interno, utilissimo complemento a manuali e antologie scolastiche.

E tutti, dico tutti i miei connazionali troveranno nei Canti la cara Patria, fotografata nel suo glorioso cammino dal paradigma della fabbrica a quello dell’ipermercato, e vedranno con i loro occhi la curiosa metamorfosi della Sinistra Italiana da farfalla a bozzolo, da genitrice di Gramsci a figlioccia di Veltroni. Scrittura privata e pubblica, quasi un marchio di fabbrica di Giuseppe Caliceti, che già nel 2000 teneva un Diario in rete, ben prima dell’avvento dei blog.

S’accostino fiduciosi i lettori, certi che non da ombelicali strazi saranno sopraffatti, ma piuttosto accompagnati per mano dal poeta a visitare luoghi e storie che in qualche misura li riguardano. Il libro a cui si allude in queste righe ovviamente non esiste o, per meglio dire, esiste soltanto la sua immagine elettronica, liberamente trasferibile dalla dimensione pubblica della Grande Rete a quella privata del disco fisso o della stampante di casa. Scaricarlo non costa nulla, leggerlo qualcosa rende.

Un gran bel racconto

December 12th, 2007

In questi giorni sbloggati mi è capitato spesso di pensare alla morte. No, niente di allarmante, tutto bene, grazie. La miscela che fa da innesco ai grigi pensieri, tutt’altro che metafisica, è più o meno questa: il rogo alla Thyssenkrupp di Torino mi ha ricordato con una certa brutalità cos’è il senso di impotenza; ho iniziato a leggere Le benevole di Littell; ho iniziato a guardare Shoah di Lanzmann; c’è la nebbia.

Nel bel mezzo di queste meditazioni, che per loro natura tendono a essere alquanto deprimenti, ho letto un post che, sembrerà strano, mi ha molto rincuorato. Sembrerà strano, dico, perché il post parla proprio di morte. Forse mi ha rincuorato perché, partendo da un dolore enorme, finisce col parlare di gioia, forse perché è commovente o forse solo perché è un gran bel racconto. Da leggere.

Bin (laden) etti

December 7th, 2007

Ecco, per dire la blogosfera. Oggi ero molto incazzato con la Binetti e Mastella, tanto che ci avrei pure scritto un post. Ma dato che quel che volevo dire l’ha già detto kalle basta un link. (io, la Binetti, un bel biglietto di sola andata per l’antartide)

Dichiarazione di voto

December 5th, 2007

Franco Grillini, tratto da commons.wikimedia.org/wiki/Image:Franco_grillini.jpgPer brevemente edurre il lettore non felsineo, dirò solo che a Bologna tira aria di elezioni amministrative anticipate, da quando il sindaco Sergio “Texas Ranger” Cofferati si è perso per strada l’ala sinistra della coalizione che l’ha insediato nel 2004. In questo clima festoso – in cui da destra a sinistra i politici bononiensi si mandano reciprocamente affanculo senza troppe litoti o eufemismi – è spuntata da qualche giorno la candidatura a sindaco di Franco Grillini, deputato socialista e presidente onorario dell’Arcigay.

Pur essendo un politico navigato e accorto, Franco Grillini non ha mai perso il senso dell’umorismo e, pur essendo impegnato da decenni in battaglie politiche estreme, è rimasto tutto sommato un moderato. Se a questo si aggiunge una notorietà a livello nazionale, una spiccata bolognesità e buone doti mediatiche, si capisce che la sua candidatura può dare parecchio fastidio, soprattutto a sinistra, perché rischia di incontrare simpatie molto trasversali agli schieramenti tradizionali.

Questo mi fa pensare che, pur di schivare l’incognita Grillini, Cofferati e Rifondazione troveranno presto un accordo. Tuttavia, se le manovre di palazzo dovessero fallire e Grillini si presentasse davvero come candidato sindaco, dichiaro qui e ora, a futura e indelebile memoria, che il mio voto l’avrà senz’altro. Dopo dieci anni di immobilismo culturale, degrado sociale e derive securitarie, Grillini potrebbe essere in grado di restituire a Bologna un’impronta più civile.

Nuovo dizionario della lingua italiana

December 4th, 2007

 

Mentecatto

 

(nei commenti .mau. segnala un post che contiene un link all’audio dell’intervento di Bettio).

Pseudo-tumblr

November 30th, 2007

“Tu solo del buco del culo delle sogliole devi occuparti”.
(anfiosso, 28 novembre 2007)

Moderate i vostri appetiti

November 29th, 2007

Baruch Spinoza, tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/SpinozaOggi, cioè ieri, cadeva il centenario della nascita di Alberto Moravia, ma dato che a me le cifre tonde non piacciono, ricordo piuttosto che il 24 novembre scorso ricorreva il 375° compleanno di Baruch Spinoza. Fin qui le notizie di pubblico dominio. Ciò che il pubblico ignora (e che per sua fortuna continuerà a ignorare nei secoli) è che circa un anno fa – forse proprio il 24 novembre, chissà – il prode letturalenta iniziava la lettura integrale dell’opera maggiore di Spinoza, l’Etica.

Di quella lettura ho un ricordo bellissimo. La consumai prevalentemente in treno, e in seguito a quell’esperienza posso garantire al casuale lettore di questa nota che l’Etica di Spinoza deve essere letta in movimento: il contrasto fra l’armonia esattissima e quasi glaciale delle spinoziane deduzioni geometriche e il caos inesplicabile del mondo visto dal finestrino di un Eurostar Intercity* vale la spesa del biglietto (vuoi del tomo spinoziano, vuoi dell’EurostarIntercity*).

Nonostante la lettura di cui sopra, a un’interrogazione liceale su Spinoza verrei mandato al posto con un bel due, massimo due e mezzo, e tuttavia una cosa almeno vorrei dirla a quello stronzo del prof: guardi, prof, io sono cresciuto in un mondo in cui la parola etica coincideva con prescrizione: fai questo e quest’altro; non fare questo e quest’altro. Ecco, l’Etica di Spinoza è la prima (e forse l’unica) etica che non prescrive alcunché. Mi ricordo solo un punto in cui il nostro si lascia scappare un’esortazione vagamente prescrittiva: “moderate i vostri appetiti!” Come dargli torto?

Spinoza era ebreo e alcuni ebrei suoi contemporanei non gli risparmiarono dispiaceri piuttosto pesanti – tra cui l’espulsione dalla comunità per eresia – dispiaceri non dissimili a quelli procurati ad Antonio Rosmini dai cattolici ottocenteschi. Ma i tempi cambiano, si sa, e se oggi i cattolici elevano Rosmini alla dignità di santo, gli ebrei hanno riconosciuto già da tempo la grandezza del loro compaesano Baruch Spinoza. Buon segno in entrambi i casi, segno che la stupidità umana non è infinita.

C’è un blog molto spinoziano a due passi da qui, quello di Massimo Adinolfi. E non tanto perché il musiliano filosofo ne sa a pacchi di Spinoza, quanto perché la quotidianità che costeggia il suo filosofare ricorda molto da vicino la molatura delle lenti. Poi c’è un altro blog molto spinoziano, Perle complottiste, spinoziano per la sua puntuale e ironica lotta contro il complottismo, l’ultima frontiera della superstizione. (grazie a mmax e ipazia e rosalucsemblog per la segnalazione).

Buon compleanno, benedetto Spinoza!

Per approfondire:
qui
e qui
pure qui
e anche qui

* Per questa modifica si vedano i commenti.

[dtfn] XXVI – Catastrofe

November 28th, 2007

(Il manoscritto ritrovato di letturalenta. Frontespizio e indice)

Saku Paasilahti: De te, fabula narratur (1999), tratto da http://rikart.lib.hel.fi/Se un rogo immane distruggesse tutte le biblioteche del mondo, e tutte le librerie, e tutte le case editrici, e financo tutti gli strumenti adatti a trascrivere le parole su supporti duraturi, la terra non avrebbe il tempo di compiere un giro completo su sé medesima per riempirsi nuovamente di racconti impressi sulla cenere del mondo, nell’aria o sulla sabbia, mandati a memoria e tramandati a voce, incisi da unghie ferine su rocce annerite dal fuoco, dipinti con ossa carbonizzate su pareti vetrificate.

Narrerebbero in tutte le lingue superstiti il corso e gli effetti della grandiosa catastrofe, se esistessero ancora le parole necessarie: ma, ahimè!, tutti i dizionari sono andati distrutti; migliaia e migliaia di lemmi sono perduti per sempre; non è rimasto un solo trattato di filologia romanza, non un saggio o un articolo di linguistica comparata, non un brandello delle annose ricerche sulle affinità delle lingue agglutinanti.

Che fare, dunque?
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Lettore! vuoi diventare lettore?

November 27th, 2007

di vibrisselibri, dico. Bene, il primo passo consiste nel superare indenne la lettura dell’apposito bando.

Chi legge è un altro

November 27th, 2007

Oggi, cioè ieri, su Ibrid@menti c’era un mio post intitolato Chi legge è un altro, nella rubrica Scritture in rete curata da melpunk.

Ibrid@menti, recita il colophon del blog, è un Laboratorio sperimentale della Scuola di Dottorato in Scienze del Linguaggio, della Cognizione e della Formazione [dell’Università Cà Foscari di Venezia] in collaborazione con Splinder, nato da un’idea di Intelligenzaconnettiva con la partecipazione di William Nessuno, coordinato da Umberto Margiotta. La collana editoriale Ibrid@menti è diretta da Mario Galzigna.

E poi non venite a dirmi che non ve l’avevo detto, neh!