Puttane

January 21st, 2011

(AGI) – Milano, 20 gen. – Arrecano un ‘danno al decoro del palazzo’: per questo, l’amministratore del condominio ha sfrattato dal residence di via Olgettina 65 le 14 ragazze al centro dell’inchiesta sul ‘caso’ Ruby. Le giovani della scuderia di Lele Mora dovranno abbandonare i loro appartamenti entro otto giorni a partire da oggi. Nel palazzo di Milano Due, stando a quanto raccontato da alcune testimoni sentite nell’inchiesta sulle feste ad Arcore, vivono soubrette ed escort in comodato d’uso a spese del premier Silvio Berlusconi.

Adesso ho la certezza che questa è davvero una storia di puttane, e non mi riferisco certo alle fanciulle sfrattate. (Segnalo anche il simpatico scivolone sintattico che genera l’inedita fattispecie civilistica delle “escort in comodato d’uso”. Così, giusto per sdrammatizzare un po’).

Rogo di libri

January 20th, 2011

S’aggira per l’Italia una schiera di banditi armati dell’arma più pericolosa mai concepita da menti malvage: la penna. Stiano in guardia i padri di famiglia, all’erta le madri premurose, poiché la tattica prediletta da codesti delinquenti è l’infiltrazione: inondano le biblioteche di volumi che sotto mentite spoglie di racconti e invenzioni innocenti portano idee insidiosissime per la salute pubblica. A protezione de’ cittadini onesti l’ordine è stato diramato: boicottare, dissuadere, bruciare!

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Le avventure di Speranzon e Donazzan — piccoli torquemada in cerca di gloria — sono documentate in modo più serio e puntuale del mio sul blog di Loredana Lipperini a partire da qui, sul sito del Wu Ming a partire da qui e su innumerevoli altri siti là citati.

Breve sintesi del complotto contro il premier

January 18th, 2011

Leggi anche tu come sono andate le cose. Su Left Wing.

Dodo

January 18th, 2011

Lo chiamavamo Dodo e non gli ho mai chiesto quale fosse il suo vero nome, perché, pensavo allora, se anche glielo chiedo, a cosa servirebbe? Tanto continuerei a chiamarlo Dodo. Abitava in un magazzino abbandonato, con la porta di ferro e finestre minuscole. Non era matto abbastanza per finire in manicomio, così si arrangiava a campare come poteva. Un giorno, indicando un macchinone nero fermo al semaforo, mi disse: quello lì dentro sarà anche pieno di soldi, ma è un pezzo di merda come te e me.

Un abbraccio

January 15th, 2011

Oggi la cronaca italiana e mediterranea è dominata da tre notizie:

1. Il referendum dei lavoratori di Mirafiori sul piano di sviluppo della Fiat.
2. La rivolta popolare dei tunisini contro la dittatura soft di Ben Ali.
3. L’incriminazione di Berlusconi per concussione e incitamento alla prostituzione di una minorenne.

Non so come andranno a finire queste vicende, ma so che per continuare a sperare in un mondo decente mi basterebbe sapere che nella mente dei miei concittadini le prime due questioni sono infinitamente più importanti della terza.

Per quel che serve, mando un abbraccio agli operai della Fiat e ai cittadini della Tunisia.

In piazza Calderini

January 11th, 2011

Sulle mappe piazza Calderini si chiama piazza de’ Calderini, che è il toponimo corretto, ma a Bologna tutti la chiamano piazza Calderini, senza il de’. È di fronte al palazzo delle Poste di piazza Minghetti. In piazza Calderini stazionava un signore molto sorridente, quasi sdentato e affatto sfaccendato, ma cortese e affabile. Una volta, stava leggendo il giornale, mi ha fermato. Non sorrideva. Mi ha chiesto di leggergli un articolo di cui, mi disse, lui capiva solo il titolo: guerra in Kosovo.

Congresso

January 7th, 2011

Veltroni: voio congresso, voio congresso!
Bersani: il congresso te lo ficco dove dico io, pupattolo criptomarchionnano.
Veltroni: mai chiesto il congresso.

(Il potenziale elettore del PD si chiede, visto il livello della discussione, se non sarebbe stato meglio tenersi la Binetti).

La signorina bellina di Milano

January 4th, 2011

C’era questa signorina di Milano, molto bellina, sempre in ordine, mani curate, capelli biondi pettinatissimi, avrà avuto sedici anni, diciotto al massimo. La incontravo tutte le mattine sul venticinque, e che lei fosse di Milano lo immaginavo soltanto (l’immagino ancora oggi) perché non le ho mai parlato, ma una volta l’ho sentita dire al telefono: quando finisce la scuola ti raggiungo a Milano. La scuola è finita, è anche ricominciata, ma la signorina bellina di Milano non l’ho mai più vista.

Pubbliche amnesie

January 3rd, 2011

La stessa Lietta, lamenta giustamente in un suo intervento (…) che se l’apparato pubblico s’è dimostrato tanto distratto, non è venuta da parte dei privati troppa partecipazione. E conclude — comprensibilmente sfiduciata — che questo potrebbe in parte dare ragioni agli amministratori tanto dimentichi. Elegante pensiero, ma le cose non stanno così. I soggetti privati “possono” prestare ascolto, i soggetti pubblici “devono”.

(Tratto da una nota di Armando Adolgiso sulla smemoratezza delle istituzioni culturali nel ventesimo anniversario della morte di Giorgio Manganelli. Da leggere.)

Pirandello

January 3rd, 2011

Per sopravvivere bastano dieci o dodici parole: ho fame; ho sete; lasciami solo; fottiti; baciami; è stato bello. Per vivere decentemente ne servono quattro o cinquecento al massimo. Per scrivere bisogna manovrarne parecchie migliaia, per via del fatto che la parola scritta non può avvalersi dei numerosissimi significanti emessi dal corpo umano durante una normale conversazione a quattr’occhi.

Dev’essere questo il motivo per cui il sagace Pirandello quella volta disse che la vita si vive o si scrive.

Buoni propositi

December 31st, 2010

A fine anno usa fare buoni propositi per l’anno venturo, un’usanza che come tutte quelle dettate dal calendario ha effetti pratici molto prossimi allo zero, cosa che me le rende assai simpatiche. Ciò nonostante, e dopo aver vagliato a lungo e con cura il mio ruolo attuale nella grande commedia umana, posso concludere, non senza gioia, di non avere un buon proposito che è uno per l’anno nuovo, se non quello un po’ capzioso di continuare a non avere buoni propositi per molti anni ancora.

Cosa che, va da sé, non equivale a non avere speranze, desideri o illusioni più o meno consapevoli. Come tutti i bipedi miei consimili, infatti, subisco il fascino del non ancora accaduto, del non ancora vissuto, del non ancora, ma so che i miei buoni propositi, se mai ne avessi, non potrebbero modificare di un millimetro il corso degli eventi.

Avanti tutta, dunque, come sempre, senza preoccuparsi troppo dei numeri che mutano sui datari. A tutti quelli che passano di qua per caso o per scelta, auguro un 2011 privo di buone intenzioni e ricco di ottime, impreviste e casuali letizie.

ONU

December 21st, 2010

Dopo l’ammissione della Libia nel Consiglio per i diritti umani, ecco l’ultima perla dell’ONU:

Le Nazioni Unite si preparano a regolamentare la rete delle reti come mai era stato fatto fino a ora, mentre la lista dei paesi promotori del nuovo gruppo di lavoro — Brasile, Cina, India e Arabia Saudita — lascia intendere che il modello di “controllo” sia molto meno libertario e democratico di quello attuale.

Affidare la governance della rete a Cina e Arabia Saudita è un po’ come mettere un orco a dirigere un asilo nido o nominare Sandro Bondi ministro della cultura. È in casi come questi che uno si domanda se non sarebbe il caso di trasformare l’ONU in un resort di lusso per sceicchi, presidenti e sovrani vari: l’utilità sarebbe pari a quella attuale, ma la serietà ne guadagnerebbe moltissimo.

Pubblicità

December 20th, 2010

Non so, ma a volte mi viene da pensare che l’algoritmo che sceglie gli annunci pubblicitari di Google sia fondato su un generatore di numeri casuali, più che su sofisticate tecniche di analisi del testo.

L’articolo su cui è comparso l’annuncio sopra effigiato è questo. Giuro che ci ho provato a immaginare possibili connessioni fra gli insulti a Berlusconi via Twitter e le lauree online o fra queste e le gite odontoiatriche in Ungheria, ma non ci sono riuscito.

Pubblico e “privato”

December 18th, 2010

[ricevo e pubblico. lt]

di Lietta Manganelli

Mi accingevo a stendere un bilancio sul coinvolgimento pubblico alle “scommemorazioni” per i venti anni dalla morte di mio padre, Giorgio Manganelli, quando sono rimasta idealmente con la penna a mezz’aria.
Certo le amministrazioni pubbliche hanno fatto qualcosa, non lo nego: il “Cantiere Manganelli 2” a Roma, che anche se ridimensionato più volte in corso d’opera per mancanza di fondi, alla fine è risultato coinvolgente e interessante.
“La scommemorazione” presso l’Università di Pavia, a cura del Centro Manoscritti, con il suo apporto di studiosi manganelliani “storici” e non, ha presentato un panorama che più completo non si poteva, e ha registrato un “tutto esaurito” di pubblico.
Certo si poteva (e si potrebbe) fare ancora molto, se è vero, come si dice, che Manganelli è uno dei maggiori scrittori del Novecento… Ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: “Perché mai il “pubblico” dovrebbe impegnarsi economicamente per sostenere una iniziativa che al “privato” non interessa assolutamente?”
Mi spiego meglio: E’ girato in rete un mio appello per far sì che il nascente (o meglio, il non nato) Centro Studi Manganelli potesse continuare la sua attività di studio e di ricerca a favore di studiosi e di studenti, persone che in questi anni hanno usufruito delle attività del Centro stesso. Si chiedeva un minimo impegno personale economico, in modo che l’attività non pesasse tutta sulle spalle di una persona sola, che se prima, sia pure con fatica, poteva far fronte, ora non è più in grado di farlo.
La risposta? 6 persone, sì avete letto bene, sei.
A questo punto mi chiedo: per quale motivo il pubblico dovrebbe investire su delle iniziative che interessano a un così esiguo numero di persone? Che senso avrebbe? Potrebbe venir accusato, e nemmeno a torto, di sperperare il denaro pubblico!!!
Certo da un lato non mi meraviglia: è un costume italiano pensare che lo Stato debba fare e provvedere anche a quello che nessuno chiede, ma forse in questo caso un po’ di movimento dal basso, da quella che politicamente si chiama la “base”, avrebbe potuto convincere il “pubblico” che forse non sarebbero stati soldi sprecati. Bene questo movimento non c’è stato.
Una piccola e semplice considerazione: il sito di mio padre conta di più di 800 visitatori, sarebbe bastato che la metà di questi avesse contribuito con 50 euro ciascuno, per dare ossigeno al Centro e permettere la realizzazione di tutte quelle attività che erano state programmate o forse solamente sognate.
Temo a questo punto di dover, mio malgrado, dare ragione al ministro Tremonti: “Con la cultura non si mangia” E noi aggiungiamo, senza tema di smentita: “Se con la Divina Commedia non ci si mangia, con Manganelli non si beve nemmeno il caffè”.

Una risposta pienamente condivisibile

December 17th, 2010

Una risposta pienamente condivisibile all’articolo francamente miserello di Roberto Saviano sui moti di piazza del 14 dicembre.

“Questo governo in difficoltà cercherà con ogni mezzo di delegittimare chi scende in strada”, “ci sarà la volontà di mostrare che chi sfila è violento”, dice Saviano, troppo giovane per sapere che è sempre stato così. Da sempre i potenti sanno che dipingere il dissenso come minaccia al quieto vivere è una tattica vincente. Non c’è niente di nuovo in questo, e non è mai stata una buona ragione per smettere di protestare. Certamente non è una buona ragione per accodarsi agli slogan dei potenti.

Il 14 dicembre a Roma ci sono stati eccessi sia da parte dei manifestanti che da parte delle forze dell’ordine. Spetta alla magistratura stabilire se questi eccessi sono penalmente rilevanti. Il dato politico che Saviano mostra di non cogliere è che in Italia, all’altezza cronologica del 14 dicembre 2010, ci sono migliaia di persone a cui resta solo la piazza per manifestare il loro disagio. Il tasso di violenza di queste persone è politicamente (non penalmente) irrilevante. Quando migliaia di persone urlano a squarciagola che non ce la fanno più a campare, il compito dei politici e degli intellettuali non è quello di giudicare il loro tono di voce o la loro dotazione di spranghe e di molotov, ma è quello di restituire a queste persone buoni motivi per vivere pacificamente.