Benedetta Panieri, ventisette anni, dottoranda in letteratura italiana, romagnola. Per il dottorato si è occupata di Bassani, Slataper, Comisso e naturalmente di Antonio Pizzuto. Il suo contributo alla pizzuteide è breve e densissimo, e onora il nome e il motto di questo umile blog con un raffinato elogio della lentezza, ricco di metafore cronometriche, cardiache, mediche e filologiche.
Il tempo per leggere Pizzuto
di Benedetta Panieri
Tanto viaggio perché? Ritornerà, zia Rosina?, si chiede Bibi nel noto romanzo. “Basta pensarmi. Pensare è chiamare”. Tanti pensieri rivolti a Pizzuto, oggi, come invocazioni a chi può risolvere e sciogliere nodi di parole che non danno più vita. Del tempo che non basta mai.
Pizzuto aggiungeva vita alla vita, ma il tempo nelle sue prose era malato; non è una critica, perché attenzione, malato non vuol sempre dire perdente. Gli orologi che costellano le sue pagine spesso rimangono indietro, ma si può vivere benissimo in questi minuti aritmici, rallentati, sospesi. Pedullà ha detto che al cuore di Pizzuto si arriva “attraverso l’aritmia”; Alvino è stato, di questo cuore pulsante, il chirurgo migliore. Grazie a lui possiamo leggere i testi di Pizzuto e prenderci tutto il tempo (sì, quel tempo malato e stanco che sta riposando) per pensare: cosa avrà voluto dire, l’Autore, coi suoi neologismi, con le sue iuncturae ardite? “Difficilis atque ardua poesis, plana oratio”: ma allora Pizzuto va oltre la prosa, ci fa vivere il ritmo e ci ha fatto sentire la musica, è un Poeta. Se abbiamo un impegno, può saltare, se c’è una coincidenza, la perderemo: diamoci pure malati. Viviamo in un’epoca difficile, leggiamo un autore difficile; ma se ci sarà piaciuta una sua frase, o soltanto una parola, fosse pure il nome di un personaggio o un nomignolo (“ipocorismi”, c’è un nome difficile anche per questo), avremo vinto. Saremo fieri di questo nostro tempo zoppicante e delle pause che il tempo-di-corsa non ci aveva mai donato.