Futurismo

October 5th, 2010

Gianfranco Fini ha annunciato la nascita di un nuovo partito chiamato Futuro e Libertà.

Il simbolo è già pronto: un tricolore dai tratti “futuristi“. Mercoledì, poi, trenta intellettuali di area “futurista” si riuniranno per preparare una prima bozza del manifesto programmatico.

Fonti bene informate ci hanno riferito l’incipit del suddetto manifesto: “Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità”. L’explicit è ancora in discussione, ma sembra accertato che conterrà lo slogan ZANG TUMB TUMB o, in alternativa, un numero casuale di parole in libertà.

Monsignor Fisichella, vattene un po’ a fare in culo

October 2nd, 2010

Va da sé che il titolo di questo post deve essere adeguatamente contestualizzato.

Cinismo

October 1st, 2010

Quando stamattina ho sentito di sfuggita alla radio che Maurizio Belpietro aveva subìto un attentato, ho pensato distrattamente queste cose:

1. È una bufala confezionata da Maurizio Belpietro
2. Nel quartiere di Maurizio Belpietro gira della gente ben strana
3. È il trailer della prossima campagna stampa di Libero

Quando poi, leggendo con più attenzione le notizie in rete, ho capito che l’attentato c’è stato davvero, ho capito anche che sto diventando un mostro di cinismo.

Bersani candidato al Nobel per la pace

September 28th, 2010

Premio Nobel, tratto da upload.wikimedia.org/wikipedia/en/e/ed/Nobel_Prize.pngFinalmente, pur con non commendevole ritardo, anche il PD ha il suo candidato al Nobel. Ecco le prime adesioni:

Andrea De Maria, ex segretario del Pd bolognese, è tra i primi ad aderire. «Ho conosciuto Bersani quand’ero sindaco di Marzabotto — racconta. Il Nobel per la Pace è un riconoscimento giusto. Merita un impegno trasversale, di tutta la comunità».

Maurizio Cevenini, quasi candidato sindaco del Pd. «Bersani è un esempio — riconosce. E’ la parola ‘rispetto’ che trasuda da tutto quello che dice. Lo vedo come una scintilla, oggi che siamo nella stagione dei veleni».

Paolo Mengoli, direttore della Caritas, considera Bersani «un’icona, un modello di come si fa la politica. Perché Bersani non ha un successore? Perché non contano più le persone ma le camarille romane».

Romano Prodi: «Se c’è una persona che merita il Nobel per la Pace è lui. Ha fatto solo il bene degli altri. Se glielo danno sono felice».

Paura, eh!

Letteratura a peso

September 28th, 2010

Lev Tolstoj, tratto da http://en.wikipedia.org/wiki/File:%D0%9B.%D0%9D.%D0%A2%D0%BE%D0%BB%D1%81%D1%82%D0%BE%D0%B9_1956.jpgChe Tolstoj appartenga al ramo stellare della letteratura mondiale di tutti i tempi non è una novità, ma fra poco, per celebrare il centenario della morte, un frammento della sua opera andrà letterarmente in orbita. il 29 ottobre prossimo l’agenzia spaziale russa Roskosmos spedirà i Racconti di Sebastopoli sulla stazione spaziale internazionale. La copia prescelta per il viaggio proviene, non a caso, dalla biblioteca di Sebastopoli e dovrebbe ritornare sul pianeta Terra alla fine di febbraio.

La scelta non è caduta su opere più ponderose, come Guerra e pace o Anna Karenina, per una molto terrestre questione pecuniaria: a fronte di un costo di spedizione di otto dollari al grammo, infatti, pare che solo i 70 grammi dei Racconti rappresentassero un punto di pareggio accettabile fra i costi dell’operazione e i benefici letterari offerti agli astronauti.

Nello spazio profondo la letteratura si misura a peso.

Letta la notizia, sono corso a pesare la mia copia dei Racconti di Sebastopoli, che è un tascabile della Bur, non un tomo rilegato: pesa 146 grammi. Anche a togliere l’introduzione e l’appendice, che occupano circa un quarto del libro, resterebbero almeno 110 grammi. Non so mica come hanno fatto i russi a farlo entrare in 70 grammi. Poi ho pesato Guerra e pace: pesa 1280 grammi. A otto dollari al grammo, spedirlo in orbita sarebbe costato poco più di diecimila dollari, che nell’ambito di una missione spaziale non sembrerebbe una gran cifra, ma forse in Russia c’è un Tremontij che lavora di mannaia sulla spesa pubblica.

Patrie lettere

September 23rd, 2010

P.S. Per quel che riguarda la Mondadori e le decisioni di tipo commerciale io non ho commenti particolari da fare e posso solo dirti che non mi stupisco affatto. L’editoria contemporanea funziona in questo modo: al primo posto il mercato e all’ultimo gli autori. La cosa folle è che senza gli autori non ci sarebbe neppure il mercato.

Così scriveva Antonio Porta a Niva Lorenzini l’1 febbraio 1988. Verrebbe da pensare che ventidue anni sono trascorsi invano, quanto a funzionamento dell’editoria contemporanea, ma una lettura meno frettolosa aiuta a capire che molto è cambiato da allora: oggi, infatti, immaginare un mercato editoriale senza autori non è poi così folle.

Il carteggio Porta — Lorenzini è uno dei nove corpi epistolari pubblicati dall’Archivio italiano della tradizione epistolare in rete (AITER), un progetto curato da cinque università italiane. Obiettivo del progetto è “dare testimonianza del ruolo sociale che la lettera ha rivestito nella cultura italiana, problematizzando in chiave diacronica e diastratica il rapporto dei corrispondenti italiani con la lingua scritta”.

Per il lettore lento e tendenzialmente improduttivo, invece, l’obiettivo è quello di perdersi in centinaia di testi variabilissimi quanto a provenienza, scopo e qualità della scrittura. Un viaggio privo di fini dichiarati ma ricco di esiti imprevisti, come peraltro lo è ogni lettura affrontata dal succitato.

Passare da una cerimoniosa epistola del Castiglione a Ippolito d’Este (“in ogni cosa ov’io sapia la voluntà de V. S. R.ma inclinare, sono per mettergli ogni opera e faticha”) alla schietta invettiva indirizzata da un’anonima madre al re d’Italia (“Sono ormai tre anni che la bella Italia si trova in lutto e nel dolore, e tutto per causa vostra e degli assassini vostri seguaci”), per esempio, è un’esperienza notevole.

(La notizia dell’esistenza in vita dell’AITER arriva da qui).

Dissimulare

September 16th, 2010

Dissimulation du visage, tratto da www.topnegozi.it/blog/tag/occhiali-da-solePur sapendo che le grandi questioni epocali sono altre, non posso fare a meno di raccontare che ieri un gran numero di agenzie e quotidiani online italiani andava ripetendo che in Francia è stata approvata una legge che vieta la dissimulazione del volto nei luoghi pubblici (per esempio qui, qui, qui e qui), cosa che mi ha un po’ spiazzato: come si fa a dissimulare il volto? Se per dissimulare una sensazione bisogna far finta di non provare ciò che si sta provando, elucubravo, per dissimulare il volto bisogna fingere di non avere la faccia che si ha?

La mia memoria linguistica, per quanto mi sforzassi, al verbo dissimulare associava soltanto emozioni, pensieri, concetti e altre entità piuttosto astratte: posso dissimulare un desiderio disdicevole, una sensazione di disagio, al limite uno sbadiglio, mi dicevo, ma non riesco proprio a raffigurarmi nell’atto di dissimulare il mio volto. Dato che della mia memoria mi fido il giusto, ho consultato il Devoto-Oli:

dissimulare (dis-si-mu-là-re) v.tr: (dissimulo, ecc.) ~ Evitare di far trasparire dall’aspetto o dal comportamento, con calcolata abilità, le proprie intenzioni, emozioni o reazioni; mascherare, nascondere, celare: d. il proprio disappunto, la propria sorpresa; anche assol.: sa d. molto bene.

Anche qui, tanto la definizione quanto gli esempi restavano in campi ai quali il volto non appartiene. Ma allora, mi sono chiesto, da dove viene questa bizzarra espressione che numerosi organi di informazione ripetono in coro? Trattandosi di legge francese, ho pensato, vado a cercare in Francia. Non sapendo il francese, ho interrogato la grande rete e ho scoperto che in quella lingua esiste il verbo dissimuler, che significa sì dissimulare pensieri o sensazioni, ma anche nascondere qualcosa di concreto, come per esempio un coltello nelle calze (va be’, è un esempio un po’ strambo, ma quello ho trovato).

A quel punto non mi restava che scoprire come si dice volto in francese e finalmente cercare dissimuler visage in google e, voilà, ecco saltar fuori il testo della legge da poco approvata, che si intitola, manco a dirlo, Projet de loi interdisant la dissimulation du visage dans l’espace public, e il cui primo articolo recita Nul ne peut, dans l’espace public, porter une tenue destinée à dissimuler son visage.

L’ipotesi più probabile è dunque che la dissimulazione del volto sia una traduzione sbrigativa della dissimulation du visage contenuta nel titolo della legge e riportata dalle agenzie francesi. I redattori dei quotidiani online copincollano il testo delle agenzie e il gioco è fatto. Niente di grave, come dicevo all’inizio, e forse non è nemmeno un errore da matita blu, ma un piccolo sforzo per tradurre in modo più appropriato lo si poteva anche fare.

(L’immagine che illustra il presente post ritrae una giovane donna francese durante un esercizio di dissimulazione del volto).

Oggi come oggi

September 15th, 2010

Una motovedetta libica ha sparato ripetutamente a un peschereccio italiano in acque internazionali. I libici hanno mirato intenzionalmente allo scafo e al ponte della nave, rischiando di ferire o uccidere i pescatori.

Le dure reazioni ufficiali dell’Italia per il gravissimo episodio sono state queste:

Ministro degli Interni Roberto Maroni, responsabile della sicurezza nazionale:
«Immagino che [i libici] abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini».

Ministro degli Esteri Franco Frattini, responsabile della diplomazia:
Se i libici sapevano su chi sparavano, come afferma il comandante del peschereccio “Ariete”, anche il comandante «sapeva di pescare illegalmente».

Ne deriva che, oggi come oggi, abbiamo un ministro convinto che mitragliare una nave che trasporta clandestini non è poi così grave, e un altro ministro convinto che i pescatori di frodo un po’ se le meritano, le mitragliate.

Secondo me non siamo messi molto bene a ministri, oggi come oggi.

Uroborici

September 15th, 2010

Tratto da www.mcphersonco.com

Centuria — Cento romanzi uroborici.

(Il sottotitolo originale è Cento piccoli romanzi fiume. Si vede che negli Stati Uniti gli urobori tirano più dei fiumi).

Un passettino avanti

September 8th, 2010

Due anni fa il ministro La Russa diceva: «Farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell’esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria».

Oggi ha detto: «L’opera di pacificazione, da almeno tre anni, sta facendo passi avanti, affinché sia sepolta ogni divisione ma non sia eliminato il ricordo di quel che avvenne».

Riconosco che un passettino avanti l’ha fatto, quindi, anche a costo di apparire eccessivamente fiducioso sulle sue qualità umane e razionali, gli indico volentieri il passo successivo: quando La Russa e gli ex-fascisti in genere avranno il coraggio di dichiarare a voce alta la verità storica — e cioè che i repubblichini e i fascisti in genere furono la rovina dell’Italia, rovina da cui gli italiani seppero risollevarsi grazie alla Resistenza — allora, forse, le divisioni ideologiche potranno iniziare ad attenuarsi.

Il percorso contrario — cioè auspicare la fine delle divisioni senza aver prima riconosciuto la verità storica — non può funzionare.

Purtroppo il giorno in cui La Russa e gli ex-fascisti in genere troveranno il coraggio di riconoscere la verità sembra ancora molto lontano, se a Bologna — città insignita della medaglia d’oro per la Resistenza — i rappresentanti del Pdl continuano a non vedere la differenza fra partigiani e repubblichini.

Modelli

August 26th, 2010

Disse Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat:

In questi giorni c’è una contrapposizione fra due modelli: uno che difende il passato e l’altro che vuole andare avanti. […] Non siamo più negli anni Sessanta non c’è una lotta fra capitale e lavoro, fra padroni e operai. Se l’Italia non riesce ad abbandonare questo modello di pensiero non raggiungeremo mai niente.

Quale sia questo nuovo modello di pensiero, ce lo spiega per benino il ministro dell’economia Giulio Tremonti:

Dobbiamo rinunciare ad una quantità di regole inutili, siamo in un mondo dove tutto è vietato tranne quello che è concesso dallo Stato, dobbiamo cambiare […] Robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro, ndr) sono un lusso che non possiamo permetterci.

Unacopia

August 24th, 2010

Siccome nessuno ne sentiva il bisogno, ieri pomeriggio Giulio Mozzi ha fondato una nuova casa editrice. Si chiama Unacopia. Qui c’è il manifesto della casa e qui il progetto del primo libro.

Coccodrillo

August 18th, 2010

Francesco Cossiga è morto.

Durante il suo mandato al ministero dell’interno morirono due giovani: Francesco Lorusso a Bologna, l’11 marzo 1977, e Giorgiana Masi a Roma, il 12 maggio 1977, entrambi abbattuti da tutori dell’ordine che spararono ad altezza d’uomo durante manifestazioni di piazza. In entrambi i casi Francesco Cossiga si rammaricò dell’accaduto, ma non si dimise. Trent’anni dopo dichiarò di essere fra i pochi a conoscere il nome dell’assassino di Giorgiana Masi: lo conosceva anche allora, ma non fece nulla per incriminarlo. E non si dimise da ministro dell’interno, nel 1977.

Si dimise invece nel 1978, dopo l’uccisione di Aldo Moro da parte delle brigate rosse. Dichiarò di sentirsi responsabile di quella morte e di esserne rimasto tanto turbato che i capelli gli si imbiancarono di colpo e gli venne pure la vitiligine. Tanto turbato da rassegnare le sue irrevocabili dimissioni da ministro dell’interno, salvo ovviamente accettare la presidenza del consiglio l’anno successivo.

Per il resto dei suoi giorni ha detto e fatto tutto e il suo contrario, guardandosi bene dall’esibire le basi documentali delle sue congetture e dal dichiarare apertamente le motivazioni delle sue scelte, tattica indispensabile per celare innanzitutto a sé stesso il baratro della sua incoerenza. Servitore della nazione, ma anche sostenitore di movimenti autonomisti; cattolico, ma anche ammiratore della massoneria; uomo d’ordine, ma anche allergico alle regole; docente di diritto costituzionale, ma anche picconatore di istituzioni: Veltroni, al confronto, è un duro decisionista.

Nel 2008 suggerì al governo di affrontare le manifestazioni studentesche con i metodi che erano stati suoi trent’anni prima: infiltrazione di agenti provocatori per suscitare moti di piazza da reprimere poi a manganellate, e pazienza se ci scappava il morto. A volte diceva la verità, ma sempre come nota a margine di altri discorsi, e sempre con almeno trent’anni di ritardo.

Pur di restare nel solco del suo pendolarismo intellettuale anche post mortem, Francesco Cossiga ha fatto recapitare quattro lettere alle più alte cariche dello stato, in cui ha scritto di sentirsi onorato di aver servito lo stato, ma anche di non volerlo ai suoi funerali. Anche in questo caso, ci mancherebbe, le motivazioni non sono pervenute. Non mi stupirei se fra le disposizioni testamentarie ci fosse una lettera da aprire fra trent’anni, in cui Cossiga ci informerà che un usciere di palazzo Madama e un ex-senatore del partito d’Azione sapevano perfettamente perché non li ha voluti, i funerali di stato.

Riposi in pace, se può.

Al v(u)oto

August 17th, 2010

Non sono sicuro che personaggi della levatura di un Cicchitto, di un La Russa o di un Gasparri siano in buoni rapporti con la logica, e tuttavia sento il dovere morale di dir loro una cosuccia così semplice da essere ovvia.

Se la maggioranza parlamentare decisa nel segreto dell’urna dal popolo sovrano si spacca da sola, si polverizza, si frantuma, si sbriciola, si tira, insomma, da sé medesima una formidabile mazzata in capo, non è molto sensato urlacchiare a destra e a manca che l’unica soluzione all’eventuale crisi di governo è tornare al voto perché altrimenti si tradisce la volontà degli elettori. La volontà degli elettori, o pidiellini belli, l’avete già tradita voi nel momento esatto in cui, per beghe tutte vostre, avete spaccato in due un partito che agli elettori si era presentato unito. Vedervi pestare i piedini e piagnucolare Napolitano-comunista-blutto-cativo-gnègnègnè è uno spettacolo molto imbarazzante. Un po’ di contegno, suvvia.

Poi non dite che nessuno ve l’aveva detto.

La stessa cosa

August 13th, 2010

Paolo Nori sta rileggendo l’Orlando Furioso, un canto al giorno, ad alta voce. La coincidenza è che anch’io in questo periodo sto leggendo l’Orlando Furioso. Ci sono alcune differenze, però: Paolo Nori lo sta rileggendo, mentre per me si tratta della prima lettura integrale; Paolo Nori legge un canto al giorno, mentre io avrò iniziato un paio di mesi fa, più o meno, e sono arrivato al trentesimo canto, con una media di un canto ogni due giorni; a Paolo Nori leggere l’Ariosto ad alta voce fa venire da pensare in rima, mentre io lo leggo mentalmente e di conseguenza i miei pensieri restano prosastici e non rimati.

Considerando queste differenze, ho pensato che a uno sguardo frettoloso o distratto può ben sembrare che due persone stiano facendo la stessa cosa, ma basta poco per accorgersi che in realtà stanno facendo due cose completamente diverse. Trovare due persone che leggono o hanno letto lo stesso libro allo stesso modo, per esempio, sarebbe un’impresa degna di figurare nell’Orlando Furioso medesimo, e questo spiega anche, almeno credo, perché quando si discute di libri prima o poi si finisce per litigare.