Archive for January, 2006

Autobiografia: parte prima

Tuesday, January 31st, 2006

Big BangHo deciso: scriverò la mia autobiografia, un’opera destinata a rappresentare me medesimo al più alto grado possibile di veridicità. Stenderò innanzitutto un piano di lavoro molto dettagliato. Preparerò un indice, una bibliografia e un accurato elenco delle necessarie appendici. Procederò quindi allo studio dei testi di riferimento, redigendo per ciascuno una rigorosa recensione e mantenendo aggiornato uno schedario cronologico e uno tematico. Compilerò quindi per ogni capitolo tracce di stesura ordinate e precise, che andrò infine a sviluppare una per una.

La prima parte dovrà contenere una breve ma significativa genealogia che ponga in adeguata evidenza le mie origini biologiche e spirituali, senza tralasciare una doverosa disamina degli stimoli culturali e ambientali che i miei maggiori assorbirono e che determinarono le loro scelte politiche ed esistenziali, indirizzandole energicamente verso la decisione consapevole di mettermi al mondo. (more…)

Scusi, posso farle una domanda?

Monday, January 30th, 2006

Perec

Perché gli aspirapolvere su scivolanti si vendono così male?
Negli ambienti di modesta estrazione, che cosa si pensa dei surrogati di caffè?
Piace la purea bell’e pronta?
E perché?
Perché è leggera?
Perché è untuosa?
Perché è tanto facile da fare: un gesto e via?
Pensate davvero che le carrozzine per bambini siano care?
Non siete forse sempre pronti a fare un sacrificio per il benessere dei piccoli?
Come voterà la donna francese?
Il formaggio in tubetti ha incontrato il favore del pubblico?
Siete pro o contro i trasporti pubblici?
A che cosa si bada anzitutto quando si mangia lo iogurt: al colore?
Alla consistenza?
Al gusto?
All’aroma naturale?
Legge poco, molto o niente?
Andate al ristorante?
Le piacerebbe, signora, subaffittare la sua camera a un negro?
Che cosa pensate, francamente, della pensione ai vecchi?
Che ne pensano i giovani?
Che ne pensano i dirigenti?
A che cosa pensa la donna di trent’anni?
Che ne pensa, lei, delle vacanze?
Dove passa le sue vacanze?
Le piacciono i cibi surgelati?
Quanto pensa che costi un accendisigari come questo?
Quali sono le qualità che esige dal suo materasso?
Mi può descrivere un uomo che ama la pastasciutta?
Che cosa pensa della sua lavatrice?
Ne è soddisfatta?
Fa forse troppa schiuma?
Lava bene?
Rovina la biancheria?
Serve anche ad asciugare la biancheria?
Lei preferirebbe una lavatrice che servisse anche ad asciugare la biancheria?
La sicurezza nelle miniere è sufficientemente garantita o no, secondo lei?

[Georges Perec, Le cose, Mondadori 1966]

(Formaggio in tubetti? Bleah!)
(Il libro, sia detto parenteticamente, è splendido)
(Questo post somiglia a un’eccolalista. Forse)

Camilla Baresani, renditi conto che gli ebrei italiani sono italiani come te e che hanno tutto il diritto di mangiare un po’ come cozza gli pare

Saturday, January 28th, 2006

Si è appena conclusa la giornata della memoria, dedicata, come dice la parola stessa, a fare memoria per un giorno della più sciagurata tragedia di tutti i tempi: il massacro di sei milioni di ebrei per mano dei nazisti e di chi con i nazisti collaborò con parole, opere e omissioni. Quei sei milioni di ebrei furono sterminati per il solo fatto di essere ebrei, e questo costituisce ancora oggi l’aspetto unico e finora non replicato della Shoah.

Per rendere possibile un abominio come quello della Shoah è necessaria una preparazione scrupolosa e lunga, e quando dico lunga intendo svariate centinaia di anni impiegate a negare al soggetto sterminando qualunque barlume di dignità umana: lo si dipingerà come essere asociale, amorale, nemico della buona creanza e dei sani costumi, amante della crapula e dei vizi più esecrandi, dedito alla magia nera, al cannibalismo e a oscuri complotti per la conquista del potere, nonché seguace stolido e insano di miserande pratiche igieniche e alimentari. (more…)

Alcune ragioni per non firmare gli appelli

Friday, January 27th, 2006

Oratore, tratto da www.vroma.orgNon so perché, ma quando ho letto questo mi è venuto in mente quest’altro (formato pdf, 101 KB), un grazioso sermone di Giorgio Manganelli. Ne propongo qui un ampio stralcio, consigliandone naturalmente la lettura integrale mediante acquisto o prestito bibliotecario del libro sotto indicato o, in caso di indigenza o soverchia pigrizia, mediante clic del mouse sul secondo link del presente post.

Alcune ragioni per non firmare gli appelli.
[G.Manganelli, Lunario dell’orfano sannita, Einaudi 1973]

(…) Considerato come genere letterario, l’appello copre una angusta area di quello che fu il gran regno dell’oratoria. Cicerone lo collocherebbe tra i discorsi «ad animos permovendos», che vogliono dimestichezza con gli ascoltanti, devozione alle loro passioni, ai loro pregiudizi, ai capricci ed agli imperativi locali; ove occorra, vogliono lacrumas, sconvolgente chiome, supplosio pedis, lacerate tuniche a disvelar ferite; anche sventolio di orfani. Non proponendosi di ‘docere’, vale a dire fornire informazioni, ma solo ‘movere’, non ha doveri di veridicità, ma anzi di opportuna manipolazione. Mutolo persuasore, il testo dell’appello deve far supporre gesti impetuosi, tragici pallori, voce rotta o nobilmente asseverativa. Osserveremo che, nella geografia della decaduta oratoria, la repubblica degli appelli è contermine ad altra regione, un poco più monotona e sommaria, ma singolarmente consanguinea: intendo riferirmi al granducato degli epitaffi.

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Diceria su Diceria dell’untore

Wednesday, January 25th, 2006

Gesualdo Bufalino, tratto da www.galrev.comDiceria dell’untore è un libro che fin dal titolo propone un’atmosfera iperletteraria. L’untore è per noi lettori post-manzoniani una figura unicamente finzionale, romanzesca, quasi mitologica, che non può esistere al di fuori di un racconto o di un romanzo: è un concetto, un’astrazione, un simbolo. Nessun lettore s’aspetterebbe mai di trovarsi un untore in carne e ossa sull’uscio di casa o in ufficio o al bar, e se anche ne incontrasse uno non lo riconoscerebbe, perché dell’untore si può dire solo ciò che si dice di Dio nel vangelo: nessuno l’ha mai visto.

L’altro termine del titolo – diceria – rafforza ulteriormente questa impressione di letterarietà mitologica. Nelle istruzioni per l’uso poste in calce al racconto, Gesualdo Bufalino spiega che

«Diceria» vale racconto, dettato, monologo con in più un’insinuazione di scarsa credibilità, come di uno sproloquio mormorato all’orecchio.

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Ctonio Pizzuto

Monday, January 23rd, 2006

Antonio Pizzuto. Tratto da Lezioni del maestro, Scheiwiller 1991Antonio Pizzuto è autore ctonio, infero, sotterraneo, aduso a propagarsi lentamente per rari e inconsapevoli contagi fra sparuti e timidi lettori. Con analoghe modalità, un vecchio post su di lui riceve commenti a più di due mesi di distanza. Riporto in superficie gli ultimi due, e ringrazio il terzultimo – Miku – per il link a un articolo di Andrea Cortellessa.

A Silio Bozzi e Lucio Russo (e altri seguaci eventualmente in ascolto) chiedo, se ne hanno voglia, di segnalarmi iniziative pizzutiane, o di mandarmi commenti, articoli, riflessioni, memorie, letture o quant’altro sul nostro, che pubblicherò volentieri in questo blog periferico, a mo’ di celebrazione clandestina e intima di Antonio Pizzuto, nel trentesimo anniversario della sua provvisoria dipartita.

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Quando i lettori fanno ‘oh’

Saturday, January 21st, 2006

Gioachino Chiesa, Davanti al Terzo Millennio, tratto da /www.uffizi.itLo stupore è quell’atteggiamento verso le cose che l’uomo maturo, istruito e produttivo si ritrova suo malgrado a condividere con i bambini. Situato a metà strada fra l’onesta ingenuità dell’infante e l’irrevocabile tensione alla demenza del geronte, lo stupore è la capacità di considerare nuove tutte le cose, da una gita domenicale sulla luna alla fermata del tram.

Nella vicenda esistenziale del lettore, come è noto, non ha luogo un rapporto diretto con le cose. Il lettore infatti non vive: egli legge. I viventi acquistano conoscenza e saggezza mediante l’esperienza delle cose del mondo: essi nascono, lavorano, viaggiano, pensano, amano, soffrono, muoiono. Qualsivoglia conoscenza del lettore – ammesso che il lettore possa conoscere alcunché – passa invece attraverso il filtro della parola scritta. La nascita del lettore è un incipit; il suo lavoro è un racconto verista; i suoi viaggi sono grand tour settecenteschi; egli pensa i pensieri dei filosofi, ama d’amor romantico o libertino o cortese, soffre le pene degli eroi epici, e la sua morte è prevedibilmente un explicit.

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Lettori lenti antibufala

Wednesday, January 18th, 2006

Bufala, tratto da www.semtech.itDieci giorni fa lo scrittore Giacomo Sartori chiedeva svariate cose ai critici dei critici. Prima fra tutte questa:

Segnalare e/o far circolare testi critici interessanti/innovativi, pubblicati su quotidiani, su riviste di varia natura, o all’interno di opere saggistiche, o anche inediti; ma anche di mettere in relazione testi critici di varia natura, di confrontarli, di ragionarci sopra, criticarli.

Ligio al dovere, segnalo.

Segnalo un articolo critico interessante in cui Luigi Weber dimostra con ampie argomentazioni e puntuali riferimenti testuali che Con le peggiori intenzioni di Alessandro Piperno, Mondadori, è una scopiazzatura di quart’ordine dei romanzi di Philip Roth.

E poi segnalo un altro articolo critico interessante in cui Piero Sorrentino dimostra, con acribia non inferiore a quella di Weber, che l’ultimo libro di Giorgio Bocca – Napoli siamo noi, Feltrinelli – ha svariate caratteristiche degne d’attenzione:

1. Costa una cifra, ovvero 14 euro per meno di 108 pagine stampate.
2. È pieno zeppo di refusi, svarioni e bufale.
3. È un coacervo di luoghi comuni su Napoli scritti da uno che Napoli non l’ha vista manco in cartolina.

Con sentenza inappellabile e irrevocabile, nomino Luigi Weber e Piero Sorrentino lettori lenti antibufala honoris causa, e li ringrazio pubblicamente per avermi fatto risparmiare fior di quattrini.

Intervista a Roberto Parpaglioni

Tuesday, January 17th, 2006

Roberto Parpaglioni[Qui avevo parlato di Quiritta e del suo fondatore Roberto Parpaglioni, dopo aver letto l’intervista a Jacopo Guerriero in cui annunciava la chiusura della casa editrice. Oggi ricevo e pubblico volentieri un’altra intervista rilasciata da Parpaglioni a Silvana Rigobon, pubblicata sul numero 1/2006 di Fernandel, uscito in questi giorni]

Di Silvana Rigobon

La chiusura imminente di Quiritta è ufficiale. Lo ha dichiarato Roberto Parpaglioni, fondatore e direttore editoriale della casa editrice romana, nel corso di un’intervista su Nazione Indiana
La notizia è rimbalzata su Lipperatura e su Vibrisse, provocando, fra i lettori della rete, numerosi commenti di sorpresa e solidarietà nei confronti dell’ «editore gentiluomo».
Nei suoi sei anni di vita, e con l’intento dichiarato di “muovere i lettori verso un rinnovato interesse per la letteratura italiana”, Quiritta si è meritata la stima del pubblico e della critica più esigenti, grazie alla sua riconosciuta vocazione alla qualità. Avvalendosi della consulenza editoriale di Arnaldo Colansanti e di Emanuele Trevi, ha pubblicato venticinque opere, suddivise in due collane, una di classici e una di contemporanei, con autori del calibro di Giorgio Manganelli, Raffaele La Capria, Dario Voltolini, Beppe Sebaste, Enzo Siciliano.

Fernandel ha intervistato Roberto Parpaglioni.

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Il lettore è de coccio

Monday, January 16th, 2006

Il Prater di Vienna, tratto da www.andreas-praefcke.de

Ho molte cose da raccontare che non si possono scrivere bene. (…) Nelle tue lettere c’è spesso qualcosa che io avevo già pensato esattamente allo stesso modo e che tuttavia fino a quel momento non ero ancora riuscito a definire con precisione. [H.Hofmannsthal, Le parole non sono di questo mondo, Quodlibet 2004, pag. 22]

Così scriveva il guardiamarina Edgar Karg von Bebenburg a Hugo von Hofmannsthal il 13 marzo 1893, ventenne il mittente, diciannovenne il destinatario. Per tutta la durata della corrispondenza, Edgar Karg mostra una grande fiducia nelle parole e nei libri: convinto che la cultura e l’erudizione potessero rivelare il senso profondo della vita – quel senso che a lui sfuggiva – chiedeva soccorso all’amico, pregandolo di inviargli libri, di spiegargli i motivi del senso di infelicità e di incompiutezza che provava, di dargli le parole giuste per capire meglio la propria vita e il mondo.

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In morte di Arturo Baldacci

Thursday, January 12th, 2006

R.I.P., tratto da thinksmart.typepad.comQuesto è un racconto DADIsta, costruito in base alle regole seguenti:

1. Estrarre da un generatore di numeri casuali, tipo questo, un elenco di interi positivi compresi fra 1 e 129878. In questo esempio sono stati estratti venti numeri.
2. Aprire il Dizionario della lingua italiana De Mauro Paravia.
3. Digitare URL del tipo http://www.demauroparavia.it/n, dove n è ciascuno dei numeri estratti.
4. Trascrivere su un supporto a piacere (file, bloc notes, lavagna, tavoletta di cera, ecc.) l’elenco delle parole corrispondenti ai numeri.
5. Affisare a lungo il mini-dizionario casuale così ottenuto, fino a convincersi che quella sequenza di parole compare ordinatamente in un racconto ben preciso (questa è la parte più difficile).
6. Una volta individuato il racconto, trascriverlo sul supporto di cui al punto 4, o altro supporto a piacere.

Nota: il meccanismo può funzionare anche con altri dizionari online, purché consentano di individuare un lemma in base alla sua posizione.

Il mini-dizionario casuale di questo racconto è il seguente:

73337 nefrotossico
117186 sura
41410 eufemisticamente
96647 rinòmo
122526 trasricchito
41501 euroconvertitore
71120 monarcato
64008 liquidarsi
108887 sismografo
101902 sbrancicato
26411 consorziare
83245 pirazolone
128676 vorticare
13493 bestemmia
117865 tacco
73570 neomaltusianismo
118724 Tazza
64434 lodo
88066 pròteo
72542 muro

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Un paio di notizie blogghiche

Wednesday, January 11th, 2006

Dal 2 al 5 Febbraio, nell’ambito di In Edita blog, si terrà il primo festival nazionale DADIsta. Gli allievi della scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova declameranno il manifesto DADIsta e leggeranno pubblicamente alcuni componimenti. Dadeus ex-machina della manifestazione sarà il poliedrico Antonio Zoppetti – fondatore del DADIsmo – che per l’occasione cercherà di autolimitarsi a un’opportuna forma esaedrica regolare. Informazioni sempre aggiornate su zop blog e sull’area DADIsta di In Edita.

Logo tratto da www.echolaliste.com/Il perecchiano scultore oulipiano lettore bartezzaghiano pittore enigmofilo pistoiese bibliomane – e qui listòmane – Paolo Beneforti ha aperto la versione italiana del sito francese Echolaliste, specializzato nella raccolta e nella connessione di liste d’ogni tipo. Il sito ha forma provvisoria di blog e nome provvisorio di Ecolaliste. A parziale lenimento di cotanta provvisorietà, propongo di creare una Lista dei possibili nomi alternativi della versione italiana di Echolaliste, e apro ufficialmente la lista proponendo Eccolalista. Ulteriori informazioni, regole di partecipazione e liste aggiornate presso il blog del Beneforti medesimo e naturalmente presso il neoblog Ecolaliste.

La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva [2]

Tuesday, January 10th, 2006

[questo articolo del prof. Letturalenta, qui pubblicato in due puntate, è apparso su Reader’s Disorders, semestrale della Facoltà di Letturopatia dell’Università di Kazan, vol. XV, fasc. 2, luglio-dicembre 2003]

The Mad Reader, tratto da gdl.cdlr.strath.ac.uk4. I rimedi
La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva comporta una progressiva incapacità di distinguere realtà e immaginazione, vita e letteratura, azione e finzione, fino a identificare la letteratura come unica realtà possibile. I rimedi dovranno pertanto mirare a indebolire la dose di letterarietà assunta dal lettore mediante la lettura. Abolire completamente i libri può provocare gravissimi danni collaterali, come dimostrato da un esperimento condotto nel 1997 in Russia: a un gruppo di otto lettori fu negata la possibilità di leggere per trenta giorni. Già al dodicesimo giorno i casi in cui la sindrome era più avanzata manifestavano gravi disturbi della personalità, inclusa una forte propensione al cannibalismo.

Per combattere questa malattia socialmente molto pericolosa, occorre pertanto agire sul contenuto dei libri in circolazione, più che sulla loro accessibilità. Pur non esistendo ancora una classificazione completa dei princìpi testuali che possono favorire una regressione della patologia, è già possibile elencare alcune linee guida a cui gli editori dovrebbero attenersi per contribuire a debellarla:

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La sindrome schizoide da iperlettura compulsiva [1]

Monday, January 9th, 2006

[questo articolo del prof. Letturalenta, qui pubblicato in due puntate, è apparso su Reader’s Disorders, semestrale della Facoltà di Letturopatia dell’Università di Kazan, vol. XV, fasc. 2, luglio-dicembre 2003]

The Mad Reader, tratto da gdl.cdlr.strath.ac.uk1. Il contesto sociale
Come tutti sanno, il lettore è un individuo socialmente inutile, uno che spreca fra le pagine dei libri il tempo che i laboriosi cittadini son soliti dedicare ad attività favorevoli al prodotto interno lordo. Lucidi e acuti sociologi hanno rilevato più di un’analogia tra il comportamento del lettore e quello dei delinquenti comuni, per i quali è difficile stabilire se delinquere sia un’attitudine acquisita per imitazione di comportamenti devianti o per reazione ai meccanismi di emarginazione che la società degli onesti mette in atto contro di loro.

L’ipotesi attualmente più accreditata è che il lettore inizi a leggere per un generico desiderio di trasgressione e che in seguito, quando la società degl’illettori lo relega ai margini, perseveri nel vizio come forma di autodifesa: tagliato fuori dalla logica competitiva dell’economia, respinto da una società votata al dinamismo e alla produttività, snobbato dagli onesti lavoratori, il lettore cerca consolazione e rimedio alla solitudine nell’unico luogo che sembra offrirgli accoglienza e ospitalità – il libro – senza rendersi conto di aggravare così la sua posizione.

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Prendere i critici a calci in culo

Saturday, January 7th, 2006

Calcio, tratto da www.smegalot.comIn un’intervista recente Philip Roth ha lanciato contro la critica letteraria una delle sue tipiche invettive al vetriolo. L’intervistatore dice "forse non dovremmo parlare affatto di letteratura", e Roth prende la palla al balzo:

Ha, ha. Questo è parlare! Starei a meraviglia se ci fosse una moratoria di cento anni sulle chiacchiere letterarie, se si chiudessero tutti i dipartimenti di letteratura e le riviste di libri, e si bandissero i critici. I lettori sarebbero soli coi libri, e chi osasse dire alcunché sui libri sarebbe arrestato o fucilato sul posto. Sì, fucilato. Una moratoria di cento anni sull’insopportabile chiacchiera letteraria. La gente dovrebbe essere lasciata sola a combattere con in libri e riscoprire cosa sono e cosa non sono. Tutto il resto sono chiacchiere. Chiacchiere senza senso. Quando si fanno generalizzazioni si entra in un mondo completamente diverso da quello della letteratura, e non ci sono ponti fra i due.

Sembra quasi che il racconto che mi ha dettato il post Critici simoniaci falsari abbia fatto due chiacchiere anche con Philip Roth. E forse anche con George Steiner, che in Vere presenze – saggio pubblicato nel 1989 – scriveva:

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